- «Mia madre aveva radici ucraine, sicuramente sarebbe stata in prima linea a raccontare il conflitto, dalla parte dei più deboli. Gli avrebbe dato il nome che merita: senz’altro l’avrebbe chiamata guerra», dice Vera Politkovskaja.
- Ai microfoni di Piazzapulita parla in esclusiva la figlia di Anna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata nel 2006.
- «Quel giorno l’ho salutata e sono uscita, me la ricordo sull’uscio. Ci siamo anche parlate al telefono e poi non ha più risposto alle mie telefonate, non abbiamo mai avuto giustizia», ricorda così Vera Politkovskaja il giorno nel quale fu uccisa sua madre.
«Mia madre aveva radici ucraine, sicuramente sarebbe stata in prima linea a raccontare il conflitto, dalla parte dei più deboli. Gli avrebbe dato il nome che merita: senz’altro l’avrebbe chiamata guerra», dice Vera Politkovskaja.
Ai microfoni di Piazzapulita parla in esclusiva la figlia di Anna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata nel 2006.
«Le armi? Sono una pacifista convinta. Ma l’Ucraina è in fiamme, come si poteva lasciare un Paese inerme senza intervenire, senza dargli la possibilità di difendersi?», continua.
La giornalista russa venne uccise nel 2006 all’interno dell’ascensore del suo palazzo, a Mosca, raggiunta da tre proiettili, di cui uno alla alla testa. La cronista lavorava a una inchiesta sui crimini commessi dalle forze di sicurezza cecene da pubblicare sul suo giornale Novaja Gazeta.
«Quel giorno l’ho salutata e sono uscita, me la ricordo sull’uscio. Ci siamo anche parlate al telefono e poi non ha più risposto alle mie telefonate, non abbiamo mai avuto giustizia», ricorda così quel giorno Vera Politkovskaja.
L’intervista integrale, realizzata da Sara Giudice, andrà in questa sera sera a Piazzapulita (21.15, La7).
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