Negli anni i governi peronisti hanno ottenuto alcune conquiste storiche per i diritti sociali e civili. Ora il governo di destra le mette rischio, nel timore di chi conserva la devozione politica per il movimento
Nel cuore di Palermo, il quartiere più elegante e alla moda di Buenos Aires, c’è un ristorante dedicato a Eva Perón. Ma non è la solita trappola per turisti o un’attività commerciale tematica: è un “ristorante politico”.
Moglie del presidente argentino Juan Domingo Perón, Eva non è stata solo una primera dama (first lady), ma è stata una vera e propria leader politica: senza dubbio, la più amata dai cittadini argentini. Ancora oggi è impossibile scindere l’Argentina dal peronismo, il movimento politico a cui Perón ha dato vita negli anni Quaranta, e, camminando per le strade di Buenos Aires, a ogni angolo si trovano in vendita magliette, quaderni e portachiavi con stampati sopra i volti di Eva e Perón.
Ma non solo: Eva Perón in tutta l’Argentina è considerata al pari di una figura religiosa, per questo il ristorante a lei dedicato si chiama proprio Santa Evita. «Noi facciamo politica col cibo», dice Florencia Barrientos Paz, 55 anni, proprietaria del ristorante, nato nel 2018. «Qui tutto è pensato in un’ottica peronista: dal salario dei dipendenti al tipo di cibo che mettiamo in tavola».
Peronismo è un sentimento
Definire il peronismo è quasi impossibile. È un movimento politico che unisce idee di destra e di sinistra, all’interno stesso del movimento ci sono ali di destra e ali di sinistra, alcune che sono kirchneriste (per Néstor Kirchner, presidente del paese dal 2003 al 2007, sicuramente il politico peronista più popolare della storia recente) e altre che sono assolutamente contrarie al lascito di Néstor e alla figura di sua moglie Cristina, presidente e poi vicepresidente. Il peronismo è sicuramente un movimento progressista, spesso viene definito populista, ed è la forza politica che più a lungo ha governato in Argentina. Storicamente è un partito politico nato dal basso e grazie a cui si è creata una rete capillare di sindacati presenti in tutto il territorio nazionale e che oggi sono ancora la sua vera forza: il principale obiettivo del movimento è stato infatti sin dall’inizio quello di curare gli interessi dei lavoratori e di garantire i diritti della classe lavoratrice del paese.
«Per me essere peronista è un sentimento, vuol dire essere sempre coscienti della disparità sociale e non dimenticarsi mai degli altri», afferma Florencia: «Un movimento politico è molto più del solo partito politico che si presenta alle elezioni. Perón si è incaricato di dare ai lavoratori e alle loro famiglie tutto ciò che in quegli anni non potevano avere, mentre Eva ha rivoluzionato la figura della donna nella società argentina».
Oggi però il peronismo sta affrontando una grossa crisi con la vittoria di Javier Milei, eletto lo scorso novembre come nuovo presidente del paese. Il voto per Milei, outsider della politica dalle idee profondamente neoliberiste e di estrema destra, è stato in buona parte un voto antiperonista, dettato da una crisi economica che sembra non finire mai e che l’ultimo governo peronista (guidato da Alberto Fernández) non ha saputo risolvere.
«La sera delle elezioni il ristorante era pieno, pensavamo che avremmo festeggiato la vittoria di Sergio Massa, il candidato peronista che aveva vinto il primo turno. Quando è iniziato lo spoglio dei voti e abbiamo capito che avrebbe perso, ho iniziato a piangere», ricorda Florencia.
Nel Santa Evita, il volto di Eva Perón è ovunque: dipinto su un enorme murales all’ingresso, stampato sulle tovaglie e sui bicchieri, riprodotto in decine di quadri diversi appesi alle pareti. Quando si chiede il conto, i camerieri regalano un santino su cui è stampato il volto di Eva circondato da un’aureola e su cui sotto si legge: «Eva, Santa del popolo». Mentre dietro è stampata una delle sue frasi più celebri: «Solo il popolo mi chiama Evita, quando ho deciso di essere Evita, ho scelto il cammino del mio popolo».
I timori
L’Argentina chiude il 2023 con l’inflazione più alta al mondo, ben il 211,4 per cento, sorpassando il Venezuela e dopo aver registrato un aumento del 25,5 per cento in un solo mese. I prezzi inoltre, rispetto a un anno prima, sono triplicati. E se è vero che l’aumento dei prezzi e l’inflazione sono un problema che va avanti da molti anni, i dati arrivati dopo il primo mese di governo guidato da Milei, che ha promesso una “terapia shock” per combattere la crisi economica, sono davvero allarmanti. Oggi in tutta l’Argentina cercare di comprendere la logica dei prezzi è un caos: si può cenare in un ristorante molto elegante per 10 euro a persona, ma al contempo il costo dei prodotti nei supermercati è uguale a quello delle grandi capitali europee. Le pareti del Santa Evita sono invase da scritte lasciate dagli avventori del ristorante, che recitano «Per favore, che vinca Massa» o «Torneremo più forti che mai».
Ma non solo ristoranti, poco distante dal Santa Evita, c’è un altro bastione del peronismo nella capitale: il Museo Evita, costruito in un edificio che la primera dama aveva usato come rifugio per donne e famiglie in difficoltà economica. Qui chi ha visitato il museo ha lasciato il proprio pensiero in un grande quaderno all’ingresso su cui si legge: «In Argentina ora c’è più bisogno di Evita che mai», o «Per favore Evita, torna!»
L’eredità peronista
«Non possiamo nemmeno immaginarci come sarebbe stata la storia argentina senza la figura di Eva Perón, ha cambiato per sempre la nostra società», afferma Santiago Regolo, 43 anni, ricercatore del museo. «Oggi per noi continua a essere una bandiera politica, soprattutto per le sue idee sociali».
Il Museo, uno dei tre più visitati della capitale, ripercorre tutto ciò che ha fatto Eva Perón, che – come lei stessa ha affermato – avrebbe potuto vivere nell’agio di essere la moglie del presidente, assistendo a eventi e stringendo mani, e invece ha deciso di essere una politica, guidando la campagna per il voto delle donne e aiutando, con la propria fondazione, oltre 30 paesi in difficoltà dal 1948 al 1955.
Le idee del peronismo hanno plasmato completamente la struttura socio-economica del paese. In Argentina la salute e l’istruzione sono gratuite, ciò ha reso possibile che – al contrario della maggior parte dei paesi del continente latinoamericano – sia presente una classe media molto numerosa.
Con il governo di Néstor Kirchner inoltre si sono avviate una serie di politiche pubbliche per la memoria, verità e giustizia per i desaparecidos che hanno reso l’Argentina un esempio nel mondo per le proprie politiche legate ai diritti umani. Il paese presenta inoltre leggi molte avanzate per i diritti delle donne e della comunità Lgbtq+. Ma ci sono anche eccessi dovuti a queste politiche, che hanno contribuito all’enorme crisi economica che attraversa il paese. Basta pensare che ben il 18 per cento del totale dei lavoratori argentini è di impiegati pubblici, e che il loro numero è continuato a crescere negli anni nonostante la crisi.
Le proteste
Da quando Milei è salito al potere le proteste sono quotidiane nel paese, soprattutto a causa dell’emanazione di un mega decreto che contiene oltre 200 articoli e che cambierebbe completamente la struttura socio-economica argentina, rendendola molto simile a quella ultraliberista imposta nel vicino Cile durante la dittatura di Pinochet.
A organizzare le manifestazioni antigovernative oggi sono soprattutto i militanti peronisti, come Marco, 33 anni e di professione architetto, che dice: «Ho paura perché con questo governo tutto quello che abbiamo ottenuto negli anni – dalle vittorie femministe ai diritti per la comunità Lgbtq+, al riconoscimento dei crimini commessi dalla dittatura – rischia di essere eliminato».
Mentre Luisa, 41 anni, professoressa, aggiunge: «La sensazione di incertezza è costante, sappiamo quello che sta per succedere: in qualsiasi momento potrebbe esserci una rivolta popolare e una repressione brutale delle forze dell’ordine contro chi scenderà in piazza». Ma, conclude Juan, 21 anni, studente, «purtroppo bisogna riconoscere che anche gli ultimi governi peronisti hanno avuto grosse responsabilità nell’elezione di Milei, come militanti credo che in questo momento dovremmo fare una profonda autocritica, perché abbiamo evidentemente sbagliato molto negli ultimi anni».
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