È «un passo grave e sbagliato» ha detto il vice cancelliere tedesco, Robert Habeck. Mentre in Russia il gruppo di opposizione Vesna ha convocato porteste in piazza
L’annuncio del richiamo di 300mila riservisti russi che andranno a combattere in Ucraina ha scatenato l’immediata reazione dei leader politici internazionali. È «un passo grave e sbagliato» ha detto il vice cancelliere tedesco, Robert Habeck.
«I referendum farsa e la mobilitazione sono segni di debolezza, di fallimento russo. Gli Stati Uniti non riconosceranno mai la pretesa della Russia di annettere il territorio ucraino e continueremo a stare a fianco dell'Ucraina per tutto il tempo necessario», ha detto invece l’ambasciatrice americana in Ucraina Bridget A. Brink.
Dello stesso parare è il ministro della Difesa britannico Ben Wallace: «La violazione da parte del presidente Putin delle sue stesse promesse di non mobilitare parte della popolazione e l’annessione illegale di parti dell'Ucraina sono un'ammissione del fallimento della sua invasione. Lui e il suo ministro della Difesa hanno mandato a morire decine di migliaia di loro cittadini, mal equipaggiati e mal guidati».
Il ministero degli Esteri cinese ha esortato tutte le parti a impegnarsi nel dialogo e nelle trattative per evitare un’escalation militare dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato di usare le testate nucleari.
«Il Kazakhstan ha fatto scelte molto positive, come quella di dire 'no' alle armi nucleari e quella di buone politiche energetiche e ambientali. Questo è stato coraggioso. In un momento di questa tragica guerra dove alcuni pensano alle armi nucleari - una pazzia - questo paese già dall’inizio dice 'no' alle armi nucleari», ha detto invece papa Bergoglio.
Il portavoce della Commissione europea Peter Stano ha detto ai giornalisti che «Putin sta facendo una scommessa nucleare» e «sta usando l’elemento nucleare come parte del suo arsenale di terrore, è inaccettabile».
Le reazioni in Russia
La misura approvata da Vladimir Putin ha scatenato diverse proteste anche in Russia. Il movimento d’opposizione Vesna ha convocato proteste a livello nazionale contro la mobilitazione e ha chiesto ai cittadini di raccogliersi alle 19 ora locale nel centro delle loro città. «Migliaia di uomini russi - i nostri padri, fratelli e mariti - saranno gettati nel tritacarne della guerra. Per cosa moriranno? Per cosa piangeranno madri e bambini?», ha detto il gruppo. Non è ancora chiaro il numero dei partecipanti alle proteste e se queste si svolgeranno in maniera pacifica dato che negli ultimi mesi la polizia ha arrestato migliaia di cittadini che hanno provato a manifestare contro la guerra in Ucraina.
Meloni e Salvini
In Italia una delle prime reazioni è stata quella di Giorgia Meloni secondo cui il discorso di Putin «dimostra da parte della Russia una grandissima difficoltà in Ucraina, è un discorso che tradisce debolezza».
In un’intervista a Rtl 102.5 la leader di Fratelli d’Italia ha detto che le decisioni del presidente russo «precedono due azioni collegate: i referendum farsa per annettere i territori ucraini occupati, in modo da poter utilizzare secondo la dottrina militare russa qualsiasi mezzo per difendere i propri confini e fermare l'avanzata ucraina che la Russia non aveva previsto, e la mobilitazione parziale per sopperire alla carenza di uomini al fronte».
«Quello che doveva essere il secondo esercito più potente al mondo si è ritrovato senza truppe in grado di combattere in Ucraina – ha aggiunto Meloni –, cercherà di trovare un modo per continuare a mandare a morire i disperati, con i ricchi al sicuro a Mosca e San Pietroburgo».
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha invece detto: «Spero solo che la guerra finisca il prima possibile e a questo lavoreremo la settimana prossima al governo, continuando a tenere ben salda la posizione dell'Italia nella coalizione occidentale». Salvini spinge per tornare al tavolo delle trattative e raggiungere la pace. «Prima o poi ci sarà una trattativa di pace dove dovranno decidere gli ucraini in quali modi e in quali tempi, visto che c'è un aggressore e un aggredito al quale va il sostegno compatto dell’Occidente».
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