Gli europeisti di tutto il continente hanno tirato un sospiro di sollievo quando per poche migliaia di voti il referendum per inserire nella costituzione Moldava l’obbligo di cercare l’ingresso nell’Unione europea è passato per un soffio. Fino a notte inoltrata, il fronte dei sì sembrava destinato a una netta sconfitta, tanto che la presidente, Maia Sandu, aveva accusato gruppi criminali in combutta con potenze straniere (leggi: la Russia) di interferenze senza precedenti e aveva promesso una durissima reazione.

Ma nelle ore successive, hanno iniziato a essere conteggiati i voti della vasta diaspora moldava in Europa e punto percentuale dopo punto percentuale, il divario si è accorciato fino a che, lunedì mattina, i “Sì” sono stati dichiarati vincitori per poche migliaia di voti.

Difficilmente però quella di Sandu si può considerare una vittoria. Alle elezioni presidenziali che si tenevano lo stesso giorno, Sandu non è riuscita a superare la soglia del 50 per cento e dovrà affrontare il candidato socialista ed euroscettico al ballottaggio del prossimo novembre. Anche se ha migliorato il risultato rispetto a quanto ottenuto al primo turno di cinque anni fa, la sfida questa volta rischia di essere molto più difficile. Sandu, inoltre, rischia di trovarsi senza una maggioranza parlamentare visto che il suo partito, Pas, per ora è molto distante dalla maggioranza, con i sondaggi in vista delle prossime elezioni parlamentari, fissate per il 2025, che lo danno intorno al 40 per cento.

Brogli e furbizie

A tenere banco nel frattempo sono le accuse di brogli e interferenze, lanciate lunedì notte da Sandu e dalle forze di sicurezza moldave nelle settimane precedenti. Giornalisti e osservatori hanno confermato diversi episodi di voto di scambio, ma per il momento mancano le prove di frodi con dimensioni pari a quelle denunciate dalla presidente.

Anche il governo è stato accusato di aver interferito con le elezioni. Nel loro rapporto sul voto, gli osservatori dell’Osce hanno sottolineato la sostanziale correttezza delle operazioni di voto, ma hanno anche notato «una copertura mediatica che ha favorito l'attuale governo e ha mancato di fornire eque opportunità», mentre è stato registrato «l’utilizzo scorretto di fondi pubblici nella campagna». Diversi partiti di opposizione, tra cui figurano gli eredi del partito Shor, messo fuori legge circa un anno fa, hanno denunciato episodi di «persecuzione e molestie» da parte del governo.

La domanda più grande sui possibili esiti delle elezioni, però, non riguarda tanto le interferenze, quanto le possibilità di votare. La diaspora moldava nell’Ue, probabilmente più di 600mila persone, ha garantito a Sandu la vittoria al referendum per poche migliaia di voti. Ma cosa sarebbe accaduto se alle centinaia di migliaia di moldavi in Russia (mezzo milione secondo alcune stime) fosse stata data un’identica possibilità di voto? In tutta la Russia, il governo di Chisinau ha aperto solo due seggi, contro i 50 aperti in Italia e altre decine nel resto d’Europa.

La scommessa

Eletta a sorpresa nel 2020 con un programma pro-europeo e anti-corruzione, Sandu rimane la politica più popolare del paese. Ma da diversi anni la sua stella si è fatta più opaca. Da un massimo superiore al 60 per cento raggiunto subito dopo la sua elezione, la fiducia nella presidente è calata fino al 40-45 per cento, a causa dei problemi economici, dell’impennata nei prezzi dell'energia, della guerra in Ucraina e della diffusa sensazione che il governo non abbia fatto abbastanza nella lotta contro la corruzione.

Per combattere questo trend, Sandu e la sua squadra hanno provato ad accorpare le presidenziali con il referendum sull’Europa, un tema che ritenevano popolare e che speravano avrebbe fatto da traino al voto per la presidente e il suo partito. La scommessa, però, è fallita. I moldavi residenti nel paese hanno chiaramente mostrato la loro freddezza, resta ora da capire quanto sia davvero scetticismo nei confronti dell’Unione europea e quanto un modo per “punire” la presidente e quelle che ritengono le sue promesse tradite.

La lezione

Il voto in Moldavia segna un campanello d’allarme per l’Ue e i suoi progetti di allargamento a est. Dall’elezione di Sandu, l'Ue ha investito un significativo capitale politico e finanziario nel paese, oltre 1,5 miliardi di euro nel paese. Gli stati membri dell’Unione sono il principale partner commerciale del paese e l’accesso all’Ue è sostenuto da una larghissima parte della classe media istruita del paese. Ma tutto questo non è stato sufficiente a garantire una netta vittoria alle presidenziali e al referendum.
Ora tutti gli occhi sono puntati sulla Georgia, un altro paese candidato all'ingresso nell’Unione che sabato andrà al voto. Le elezioni georgiane sono considerate un altro referendum sull'adesione all’Ue. Il patito di governo, Sogno Georgiano, che dieci anni fa aveva inserito in Costituzione l’obbligo di cercare l’ingresso nell’Unione e nella Nato, ha raffreddato considerevolmente il suo entusiasmo dopo l’invasione dell’Ucraina e oggi cerca di mantenere una posizione neutrale tra Russia e occidente. 

Secondo i sondaggi, la stragrande maggioranza dei georgiani è favorevole all’adesione all’Ue. Ma nonostante la minaccia delle autorità europee di interrompere le procedure di accesso se Sogno georgiano dovesse essere confermato al governo, il voto è considerato apertissimo, con il partito di governo dato intorno al 40 per cento, potenzialmente abbastanza da ottenere una nuova maggioranza.

Qualcosa sembra essersi inceppato nei meccanismi di allargamento dell’Unione. Qualcosa che forse richiede una riflessione più profonda delle accuse di interferenze del Cremlino.

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