Si tratta di un diritto coniugale stabilito dalla Legge islamica imposta nel paese a partire dal 1979
La commissaria tecnica della squadra femminile di sci iraniana, Samira Zargari, non potrà partecipare ai Mondiali di Cortina a causa del rifiuto del marito a consentire il suo viaggio in Italia. A riportare la notizia è stato il quotidiano Shargh. Si tratta di un diritto coniugale stabilito dalla Legge islamica imposta nel paese a partire dal 1979 anno della rivoluzione che ha portato l’Iran a diventare un paese in cui gli alti rappresentanti del clero sciita, gli ayatollah, hanno assunto un forte ruolo politico.
La Federazione sciistica italiana ha fatto sapere di avere «cercato fino all’ultimo una soluzione» al divieto del marito di Zargari senza però riuscire a trovarla. Ad accompagnare le sciatrici è stata quindi un’altra tecnica della Federazione. La notizia sta creando reazioni in tutto il mondo sportivo. Il sindaco di Cortina si è detto «dispiaciuto» per quanto accaduto mentre l’ex campionessa di scii, Isolde Kostner ha chiesto alle donne che gareggeranno a Cortina«di indossare qualcosa, un nastro, un fiocco» per manifestare la propria solidarietà a Zargari.
Gli altri casi
Non è la prima volta che politica, religione e sport si intersecano nella storia iraniana danneggiando i diritti delle donne. In base alla legge della Repubblica islamica, per ottenere il passaporto una donna ha bisogno del permesso del marito, ma quando anche sia in possesso del documento di espatrio lo stesso marito può impedirle di lasciare il Paese di volta in volta. Nel 2015, Niloufar Ardalan, capitana della nazionale di calcio a cinque, aveva subìto un divieto simile da parte del marito, un giornalista sportivo, che le aveva vietato di partire per partecipare ai Mondiali in Guatemala dopo una lite.
Solo dopo la dura reazione della comunità sportiva internazionale, le autorità riuscirono a far rilasciare da un giudice il permesso per la calciatrice di lasciare il paese. La commistione tra lotta di genere e sport è testimoniata anche dalla tragica vicenda di Sahar Khodayari, la trentenne che nel 2019 si suicidò con il fuoco per protestare contro il divieto alle donne di entrare allo stadio.
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