«Sarà una notte imprevedibile», aveva detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. La imprevedibilità dell’esito delle elezioni americane si è rivelata la previsione più azzeccata. 

Il rappresentante della Commissione europea a Berlino, Jörg Wojahn, a ridosso dell’autoproclamazione di vittoria di Trump ha twittato: «A Mosca e Pechino i tappi delle bottiglie di champagne sono pronti a saltare».

Sul fronte sovranista intanto il premier sloveno per primo si è espresso per Trump: «Inutile perdere altro tempo, è chiaro che ha vinto». La Commissione europea lo ha, pur indirettamente, redarguito: «Stiamo aspettando che siano le autorità alle quali compete il conteggio, ad annunciare chi ha vinto, e ciascuno dovrebbe fare così» ha detto  il portavoce Eric Mamer. 

La ministra della difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer si è detta «molto preoccupata» e ha definito la situazione negli Usa «esplosiva» perché può portare a una crisi costituzionale. 

L’Europa attende la fine del conteggio. E attende con trepidazione: da questo voto dipendono partite importanti

Inghilterra

Per dirne una, c’è in ballo la questione Brexit: da mesi ormai, i negoziati tra Bruxelles e Londra per un accordo commerciale post uscita sono in stallo, con Boris Johnson che boicotta le trattative e minaccia di lasciare il tavolo. Solo negli ultimi giorni c’è stato qualche sviluppo, su temi spinosi come gli aiuti di stato. Ma il vero punto di svolta saranno probabilmente proprio le elezioni Usa: il tipo di rapporto che Johnson stabilirà con Bruxelles dipende molto da che tipo di sponda troverà a Washington. «Il premier britannico sta chiaramente aspettando di capire chi vince negli Usa», ha detto a fine ottobre Ivan Rogers, ex rappresentante permanente del Regno Unito in Ue: «Se dovesse averla vinta il suo amico, nonché fan di Brexit, Donald Trump, questo fattore lo farà propendere per un no deal, mentre se dovessero vincere i democratici dovrà essere più cauto». 

L’opposizione interna britannica intanto ha subito condannato le parole di Trump, in cui parla di frode elettorale e si arroga la vittoria. La ministra “ombra” degli Esteri, Lisa Nandy, ha detto che «le parole del repubblicano dimostrano perché la questione democratica, la necessità di elezioni svolte in condizioni di equità, il bisogno della gente di essere tenuta in considerazione, sono tra le poste in gioco di questo voto». Dal canto suo il ministro degli Esteri Dominic Raab, pur con toni più istituzionali, esprime a sua volta la necessità di «aspettare pazientemente che il processo elettorale giunga al termine».

Francia 

Poi c’è una questione di fondo che riguarda l’Europa: è possibile rifondare le relazioni con gli Usa, sfilacciate durante la presidenza Trump, che ha messo in discussione un legame stretto e in generale l’approccio multilaterale? Bruxelles spera di sì, e infatti prima ancora di conoscere il vincitore ha lanciato l’idea di un “new deal” transatlantico. Ma c’è chi non si fa troppe illusioni, ad esempio la Francia. Il ministro agli affari europei Clément Beaune ieri sera ha detto che «non si può tornare al mondo di una volta, cioè a un mondo in cui potevamo contare sulla protezione e la benevolenza sistematiche da parte degli Usa». 

Germania

Berlino è determinata a ristabilire «una alleanza transatlantica che funzioni». Il ministro degli Esteri Heiko Maas ha ammesso di attendere con trepidazione l’esito delle elezioni in Usa perché «questo voto è fondamentale, determinerà anche direzione e ruolo degli Usa nel mondo». La Germania, che al momento in Ue ha la presidenza, dice di volere «un new deal in questa partnership, e siamo pronti a investire nel futuro come partner transatlantico per affrontare insieme queste questioni globali». Respinta al mittente, dal fronte tedesco, la autoproclamazione di vittoria di Trump: il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha detto che «è importante che tutti i voti vengano contati».

La ministra della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer si è spinta a dire che «la situazione è molto esplosiva, secondo gli esperti potrebbe portare a una crisi costituzionale negli Stati Uniti». Certamente «dobbiamo preoccuparci molto». Duri pure i socialdemocratici: Saskia Esken ha detto che «un candidato che chiede di non contare i voti per posta sta agendo in modo antidemocratico». Il tedesco Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo nel Parlamento Ue, mette in guardia: «La polarizzazione che vediamo in America dovrebbe mettere in allarme noi europei». Si tratta di un modello da evitare, insomma, preferendo il dialogo. «Sennò le nostre democrazie saranno in pericolo».

Italia

«Tra Europa e Stati Uniti chiunque sia eletto presidente c'è un'alleanza transatlantica di valori, scritta nel 1949, che non può essere messa in discussione. L'Europa deve continuare con autonomia strategica, e l'autonomia strategica è necessaria in questo mondo che cambia» è il commento del ministro per gli affari europei italiano Enzo Amendola mentre si attende di conoscere il vincitore.  «Qualunque sia l’esito – commenta dalla Difesa il ministro Lorenzo Guerini – tra Italia e Usa c’è una relazione speciale, che prescinde dal presidente. La collaborazione è forte, anche nel mio settore». Sul fronte sovranista, la Lega con Matteo Salvini e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni parlano di «partita apertissima»: puntano sulla vittoria di Trump.

Slovenia 

Il premier sloveno è stato il primo leader dell’Unione europea a prendere posizione a voto finito e conteggi in corso. Janez Jansa, che è espressione della destra sovranista, ha voluto aderire alla dichiarazione di vittoria di Trump.

«Mi pare chiaro che il popolo abbia scelto il candidato repubblicano, aspettare ancora o negare i fatti significa solo dare man forte al trionfo di Trump» ha scritto in un tweet. 

Ungheria

Sul fronte sovranista, altro grande sostenitore della figura di Donald Trump è il premier ungherese Viktor Orbán, pressocché l’unico capo di governo di un paese Ue a sostenerne apertamente la candidatura nel 2016. Ancora pochi giorni fa, Orbán si è detto persuaso che il repubblicano avrebbe di nuovo vinto. «Noi ungheresi siamo fieri di essere allineati con gli Usa nella lotta all’immigrazione, al terrorismo, e nella protezione delle comunità cristiane in tutto il mondo». Eppure questo pomeriggio il capo di gabinetto del premier ungherese, Gergely Gulyás, sollecitato dai cronisti budapestini a intervenire sugli sviluppi elettorali negli Stati Uniti, ha riferito di essere «pessimista» circa la possibilità per Trump di essere rieletto.

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