L’Unione europea annuncia l’introduzione di 11 nuove sanzioni nei confronti degli esponenti del regime militare coinvolti nella repressione delle manifestazioni. Secondo le associazioni, i morti da inizio febbraio sarebbero 250, mentre 2600 i manifestanti arrestati
Il reporter birmano della Bbc Aung Thura è stato rilasciato dalle forze di sicurezza birmane. A riferire la notizia è la stessa Bbc in un articolo. Aung Thura è stato prelevato all’alba del 19 marzo insieme a un reporter di una testata locale e caricato su un furgone mentre faceva un servizio fuori da un tribunale della capitale, Nay Pyi Taw.
Il golpe militare
Dall’inizio del golpe militare del 1° febbraio che ha rovesciato il governo eletto lo scorso novembre, sono quaranta i giornalisti che sono stati fermati e arrestati dalle forze di sicurezza. Inoltre, i militari golpisti hanno anche revocato le licenze di cinque compagnie di media.
La repressione della polizia ha colpito i manifestanti con estrema violenza. Secondo le Nazioni Unite, almeno 149 persone sono morte durante le manifestazioni, le ong e le associazioni locali affermano invece che sarebbero almeno 250 i manifestanti uccisi dalla polizia. Il 14 marzo è stata la giornata più sanguinosa, in cui sono morte ben 38 persone.
La giunta ha istituito uno stato di emergenza in tutto il paese fino alle prossime elezioni. I militari hanno preso il potere con l’accusa di brogli elettorali nei confronti del partito di governo Lnd (Lega nazionale democratica), i cui esponenti sono stati arrestati e incarcerati. Durante il colpo di stato, i militari hanno arrestato anche la leader democratica Aun Sang Suu Kyi che si trova in custodia cautelare e ora dovrà affrontare diversi capi d’accusa: importazione illegale di walkie talkie, corruzione, istigazione a disordini, violazione della normativa anti Covid-19.
Le proteste
Fin da inizio febbraio i cittadini birmani hanno organizzato manifestazioni nelle più importanti città del paese, chiedendo la scarcerazione di Suu Kyi e la fine del regime militare. Yangon, Nay Pyi Taw, Mandalay sono le città in cui le manifestazioni sono state più partecipate. Le proteste sono sempre state pacifiche nonostante la reazione della polizia è stata violenta con spari di proiettili (non solo di gomma) e manganellate. Sono 2600 le persone arrestate, di cui si sa poco o nulla. In piazza sono scesi infermieri, insegnanti e lavoratori. Le forze militari hanno chiuso l’accesso a internet e a Facebook in alcune aree del paese, mentre Youtube ha bloccato gli account degli ufficiali militari.
Le reazioni internazionali
Nel frattempo, una dichiarazione congiunta delle ambasciate dell’Unione europea e di quelle degli Stati Uniti e del Regno Unito ha condannato «la brutale violenza contro i civili disarmati da parte delle forze di sicurezza». La dichiarazione ha chiesto ai militari di revocare la legge marziale, rilasciare i detenuti, porre fine allo stato di emergenza e ripristinare la democrazia. L'Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, ha invece annunciato sanzioni per 11 esponenti del regime coinvolti nella repressione.
Il primo ministro malese Muhyiddin Yassin ha criticato l’uso della forza letale da parte dei militari e ha chiesto «un percorso verso soluzioni pacifiche», mentre il presidente indonesiano, Joko Widodo, ha chiesto che l’Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico (Asean) tenga un summit sulla situazione in Myanmar.
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