È il terzo Natale di guerra in Ucraina, sconvolta da un conflitto – l’invasione russa su larga scala – che va avanti dal febbraio 2022. Eppure, nonostante le difficoltà di un popolo costretto a convivere quotidianamente con gli allarmi anti missile e il rischio incombente di perdere un familiare, in tutto il paese sale l’attesa delle feste per trascorrere almeno qualche giorno di serenità.

Un occhio ai profughi

«Quest’ultimo anno è stato molto duro: il fronte russo avanza e la parola d’ordine rimane speranza». Yurij Lifanse è il responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina, attiva da più di trent’anni e adesso impegnata a incrementare la propria attività a sostegno della popolazione colpita dagli effetti del conflitto.

«Abbiamo registrato l’arrivo di nuovi profughi dall’Est ma anche le comunità locali hanno incominciato ad avere bisogno del nostro aiuto, con tante famiglie che hanno perso i propri cari o che vivono la difficile condizione di avere a casa invalidi di guerra».

In Ucraina le celebrazioni natalizie cominciano il 6 dicembre con la festa di San Nicola, un po’ l’equivalente dell’Epifania in Italia: in quell’occasione i Giovani per la Pace di Sant’Egidio hanno portato cibo, vestiti e regali ai bambini del campo profughi di Leopoli, dove da tre anni la popolazione sfollata vive in container prefabbricati.

Nella regione di Nikopol, sulla riva destra del Dnipro davanti la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la Comunità ha finanziato la distribuzione di legna per oltre duecento famiglie, garantendo così il riscaldamento fino alla primavera: «Il freddo ucraino non è ancora arrivato, siamo intorno ai 4° ma nelle case la luce manca fino a 8 ore, e questo significa niente riscaldamento», sottolinea Lifanse.

Ambizione grande

Ma è in vista del pranzo di Natale che la Comunità sta convogliando tutti gli sforzi per ricreare un’aria di festa che coinvolgerà oltre tremila persone a Leopoli, Ivano-Frankivs’k e Kiev: «Vogliamo organizzarci come fossimo un grande ristorante a cinque stelle, con i camerieri e il cambio di stoviglie», racconta Lifanse. «Allestiremo le tavolate nelle chiese e in altri spazi comunitari, ma purtroppo a Kiev saremo costretti ad attrezzarci in sale sotterranee per via degli allarmi, non possiamo mettere a rischio l’incolumità delle persone».

Cosa prevede il menu natalizio? Si comincerà dall’immancabile kutìa, una specie di porridge preparato con grano, orzo, semi di papavero, miele, noci e uvetta che simboleggia l'abbondanza e la solidarietà. A seguire sarà la volta dei piatti di carne, spezzatino con patate e le tipiche salsicce ucraine, accompagnate da erbette fresche e dall’insalata Olivier, preparata con verdure, patate e maionese (e guai a chiamarla russa!).

Oltre al pranzo del 25, anche in Ucraina il cenone della Vigilia rappresenta un appuntamento ricco di tradizione, soprattutto a tavola: la Sviata Vecheria (Santa Cena) è composta da dodici portate, una per ogni apostolo.

Fra gli altri piatti tipici del Natale, alcuni grandi classici della cucina ucraina come i varenyky (o pierogi), ravioli ripieni di patate, cavoli, funghi e perfino ciliegie, nella loro versione dolce. Come non nominare poi il borscht, la famosa zuppa di barbabietola e carne, e ancora gli holubtsi, involtini di cavolo ripieni di riso e funghi, e infine gli uzvar, panini dolci ripieni di marmellata che fanno impazzire i più piccini.

Parte della vita

Prima di salutarci, la figlioletta di Yurij Lifanse cerca di catturare le attenzioni del papà da dietro la cornetta: «Questo è il terzo Natale per lei, il terzo di guerra: abbiamo lasciato Kiev per venire a Leopoli mentre la aspettavamo», racconta.

Poi il ricordo più drammatico: «Due giorni dopo il parto, con la stanza affacciata sul cimitero militare dove si celebravano i funerali dei soldati caduti al fronte, i medici hanno portato di corsa mamma e figlia nei sotterranei dell’ospedale perché suonavano gli allarmi ed era pericoloso rimanere in struttura».

In tutta l’Ucraina, tra un raviolo e un pezzetto di cioccolata, l’augurio più grande per questo Natale è che sia finalmente l’ultimo da trascorrere sotto le bombe.

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