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Dopo il referendum sulla permanenza nell’Unione europea, noto come referendum sulla “Brexit”, nel 2016, il Regno Unito ha dovuto fare i conti con la prospettiva di una perdita d’influenza nello scenario internazionale.
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In verità, negli ultimi anni, in parte per compensare la perdita d’influenza all’interno dell’Unione europea, si è immerso a capofitto nella Nato.
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Dunque, il Regno Unito resta e promette di rimanere una delle maggiori potenze militari all’interno della Nato. È altresì interessato a garantire il proprio supporto all’Ucraina nonché ai paesi che possono essere minacciati dalla Russia. Il testo fa parte del nuovo numero di Scenari: “Guerra freddissima”, in edicola e in digitale dal 2 settembre.
Dopo il referendum sulla permanenza nell’Unione europea, noto come referendum sulla “Brexit”, nel 2016, il Regno Unito ha dovuto fare i conti con la prospettiva di una perdita d’influenza nello scenario internazionale. Fuori dall’Unione europea, infatti, il paese avrebbe avuto difficoltà a cooperare con i suoi alleati europei e avrebbe perso uno degli strumenti a propria disposizione per potere esercitare il ruolo di grande potenza.
In verità, tanti studiosi, sia dentro il Regno Unito che fuori, si chiedono se il paese sia ancora una grande potenza oppure se, al giorno d’oggi, sia semplicemente l’ombra della grande potenza che fu. Questo dibattito è stato particolarmente acceso dal referendum del 2016 in poi.
Negli ultimi anni, in parte per compensare la perdita d’influenza all’interno dell’Unione europea, il Regno Unito si è immerso a capofitto nella Nato. Così facendo, ha cercato di incrementare la propria posizione di potenza militare di prim’ordine all’interno dell’organizzazione, quanto meno in ambito europeo.
La rilevanza del partner inglese
Londra ha così perseguito diverse iniziative che hanno notevolmente rafforzato il suo ruolo all’interno dell’Alleanza, per complementare le relazioni bilaterali con gli Stati Uniti e con altri stati europei. Tuttavia, la sua posizione di rilievo non può in alcun modo sostituire la posizione dominante degli Stati Uniti all’interno di essa. D’altronde, gli Stati Uniti hanno mantenuto lo status di superpotenza dalla fine della Guerra fredda nel 1991, pur tenendo presente l’ascesa di altre potenze come la Cina e il risveglio di grandi potenze come la Russia, specialmente negli ultimi anni.
Dalla prospettiva europea, però, il Regno Unito rimane uno degli stati più importanti e influenti all’interno della Nato, se non addirittura il più influente. E questo non dopo la Brexit, ma, verosimilmente, da quando la Nato fu fondata nel 1949.
Secondo Ernest Bevin, ministro degli Affari esteri britannico all’epoca, la cooperazione fra gli stati europei era di vitale importanza per due motivi: far fronte alla minaccia proveniente dall’Unione sovietica e contrastare il potenziale diffondersi del comunismo.
Bevin era altresì convinto che gli Stati Uniti non potessero più permettersi di stare a guardare da lontano e di tornare all’isolazionismo che aveva caratterizzato la loro politica estera nel periodo antecedente la Prima guerra mondiale. Per questo motivo, era consapevole che una forte alleanza fra Stati Uniti ed Europa occidentale fosse di vitale importanza per garantire sicurezza e stabilità. Il Regno Unito rimase poi un fedele alleato e difensore di questi principi per l’intera durata della Guerra fredda.
Il paese assegnò le proprie armi nucleari alla Nato sin dalla metà degli anni Cinquanta, e sostanziale rimase il suo contributo militare verso l’Alleanza atlantica, specialmente tramite l’esercito britannico del Reno. Quest’ultimo, di stanza nel settore settentrionale della Repubblica federale di Germania, divenne la formazione primaria con la quale il Regno Unito forniva il proprio contributo.
Dopo la fine della Guerra fredda e la dissoluzione dell’Unione sovietica nel 1991, la Nato si è progressivamente adattata. Ha salvaguardato la propria missione originaria di difesa collettiva e ha acquisito nuove funzioni per far fronte a minacce come, ad esempio, terrore e cyber attacchi. E il Regno Unito ha mantenuto la sua posizione d’influenza.
Il ruolo di vice-comandante supremo delle forze armate in Europa, stabilito nel 1951, è sempre stato occupato da ufficiali britannici o tedeschi. Dal 2004 in poi, tuttavia, l’incarico è stato ricoperto soltanto da ufficiali britannici. Attualmente, il vice comandante supremo alleato in Europa è il generale Sir Tim Radford. Dopo la Brexit, il Regno Unito ha pure ottenuto la posizione di presidente del comitato militare della Nato. Dal 2021, la posizione è ricoperta dall’ammiraglio olandese Rob Bauer. Ciononostante, il fatto che l’inglese Stuart Peach ottenne la posizione nel 2018, nel bel mezzo dei negoziati per la Brexit, rappresentò un’inequivocabile segno di fiducia nel Regno Unito all’interno dell’organizzazione.
Contributo e spese militari
Il Regno Unito è anche la sede di importanti strutture militari utilizzate dalla Nato. È il caso del comando marittimo alleato, noto come “Allied Maritime Command” (Marcom), che ha sede a Northwood. A Molesworth, nella contea del Cambridgeshire, ha sede un importante centro di intelligence, noto come il “Nato Intelligence Fusion Centre”.
Occorre sottolineare che la presenza di importanti strutture utilizzate dalla Nato non è un privilegio riservato solo al Regno Unito. Paesi come Belgio, Italia, Germania e Turchia, tanto per citarne alcuni, ospitano anch’essi importanti strutture utilizzate dall’Alleanza.
Ma ciò che rende il ruolo del Regno Unito all’interno della Nato particolarmente importante è il suo contributo ad essa: il paese è stato molto impegnato in ciascuna delle più importanti missioni militari condotte dalla Nato dalla fine della Guerra fredda, in particolar modo in Bosnia, Kosovo, Afghanistan e Libia.
Tutto questo sta a significare che la Nato è una priorità costante per il Regno Unito, e questo non è cambiato con la Brexit. Semmai, la Brexit ha reso la Nato la piattaforma ideale per il Regno Unito per esercitare la propria influenza.
Dopo gli Stati Uniti, il paese inglese registra la spesa militare più alta fra quelli appartenenti all’organizzazione. È il paese che ha costantemente raggiunto il tetto per la spesa militare del 2 per cento del prodotto interno lordo. Tale impegno fu ribadito durante il vertice di capi di Stato e di governo nel 2014 a Newport, in Galles, in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia.
L’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19 e le difficoltà dovute all’inflazione, specialmente nel periodo di ripresa dalla pandemia, hanno poi portato a un incremento della spesa militare in tanti paesi. Ma il Regno Unito, volendo continuare a essere un valido alleato militare per gli Stati Uniti, ha indicato la via. Londra ha infatti promesso di rilanciare le spese militari oltre il 2 per cento del proprio prodotto interno lordo per la spesa militare entro il 2028.
Il coinvolgimento nella guerra
I recenti sviluppi, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, sono serviti a ricordare l’importanza del Regno Unito all’interno della Nato. Il paese si è adoperato molto per giocare un ruolo da protagonista durante i difficili mesi della guerra. Ha firmato patti militari con Svezia e Finlandia a dimostrazione del proprio supporto prima dell’annuncio della loro decisione di adesione all’alleanza. Ha aumentato il contingente di truppe Nato sotto il suo comando in Estonia a 2mila unità nel marzo 2022. Forze militari britanniche hanno preso parte a esercitazioni militari in Finlandia e sono state rese disponibili per esercitazioni militari degli Stati Uniti in Europa. Il Regno Unito è anche stato il primo paese occidentale a fornire armi letali all’Ucraina.
Dunque, il Regno Unito resta e promette di rimanere una delle maggiori potenze militari all’interno della Nato. È altresi interessato a garantire il proprio supporto all’Ucraina nonché ai paesi che possono essere minacciati dalla Russia.
«Nulla permane tranne il cambiamento», sosteneva Eraclito. La storia del legame fra Regno Unito e Nato rende difficile pensare, tuttavia, che il prossimo leader a Downing Street avrà, come priorità, quella di minare la credibilità del Regno Unito all’interno della Nato.
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