I collaboratori del dissidente russo dicono che il Cremlino sta nascondendo le prove dell’omicidio. Nel frattempo, a Kiev di Navalny si ricordano soprattutto le passate dichiarazioni nazionalistiche e della sua svolta moderata che aveva avuto negli ultimi anni
Secondo i collaboratori di Aleksej Navalny, la cui morte è stata annunciata venerdì, le autorità russe stanno nascondendo il corpo dell’oppositore politico russo per impedire che vengano rivelate le cause della sua morte.
Ieri, l’avvocato di Navalny, accompagnato dalla madre dell’oppositore, è arrivato a Salekhard, la cittadina oltre il circolo polare artico dove era imprigionato, ma all’obitorio gli sarebbe stato comunicato che del corpo del dissidente non c’è ancora traccia.
Navalny, che aveva 47 anni e si trovava in carcere dal 2021, era apparso giovedì in un collegamento video con il tribunale e nelle immagini appariva sorridente e in salute.
Nel frattempo, proseguono in tutte le principali città della Russia le commemorazioni in onore di Navalny. Attivisti e persone comuni hanno deposto migliaia di fiori in vari luoghi simbolici.
La polizia è intervenuta quasi ovunque si sono verificate queste cerimonie informali. Secondo la rete Ovd, una delle principali organizzazioni per i diritti umani in Russia, circa trecento persone sono state arrestate a Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk e in una dozzina di altri centri.
Intanto in Ucraina
Non ci sono state commemorazioni, invece, in Ucraina, dove l’attenzione è tutta concentrata sull’annuncio della ritirata delle truppe di Kiev dalla strategica città di Avdiivka. Nel paese, la memoria del più famoso oppositore politico del presidente Vladimir Putin è controversa.
Ieri, le principali autorità ucraine hanno ricordato la morte dell’oppositore, ma senza dilungarsi. «Navalny è stato assassinato», ha detto il presidente Volodymyr Zelensky, in visita alla conferenza sulla sicurezza di Monaco. «Putin deve rispondere questo crimine come di tutte le altre migliaia di assassinii che ha causato». Stesse parole dal sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko, anche lui in visita a Monaco.
Ma per il resto, gli ucraini hanno espresso poca solidarietà e sui social è molto più facile trovare messaggi che ricordano le passate controversie che lo hanno coinvolto. Dopo il 24 febbraio, Navalny aveva denunciato l’invasione dell’Ucraina, chiedendo che la Russia riconoscesse il paese nei suoi confini stabiliti nel 1991 e parlando delle «decine di migliaia di ucraini innocenti che sono stati assassinati».
Ma per molti, si è trattato di una svolta tardiva e non gli perdonano le dichiarazioni di tono diverso che in passato aveva fatto sulla questione. L’episodio che più spesso gli viene rimproverato risale a un’intervista del 2014, quando aveva dichiarato che la Crimea, annessa dalla Russia poco tempo prima, non sarebbe stata restituita all’Ucraina in breve tempo. «Non si tratta di un panino che può semplicemente passare di mano». Se fosse stato eletto presidente, Navalny aveva detto che avrebbe risolto la questione con un vero referendum.
La retorica ambigua
«La Crimea non è un panino» è stata a lungo una frase che per molti ucraini ha riassunto l’ambiguità di Navalny sulla loro questione nazionale. Più in generale, l’oppositore è accusato di aver rappresentato una variazione del nazionalismo russo non così diversa da quella incarnata da Putin.
Per molto tempo, Navalny ha condiviso con lui l’idea che la Russia avesse il diritto di interferire negli affari dei suoi vicini.
Nel 2008, ad esempio, aveva appoggiato l’invasione della Georgia. Nel 2012, aveva detto che Russia, Ucraina e Bielorussia costituivano «una sola nazione», una frase che per molti ucraini significa repressione della loro lingua e della loro cultura. I commenti che negli anni ha fatto sulle minoranze che vivono in Russia e sugli immigrati provenienti dall’Asia centrale sono stati accusati di razzismo.
Con l’aumento della sua visibilità internazionale, Navalny ha moderato la sua retorica e abbandonato i toni più chauvinisti, adottando, anche nei confronti dell’Ucraina, toni più accettabili e in linea con l’opinione pubblica progressista dei paesi occidentali – ad esempio, appoggiando la protesta di Black lives matter negli Stati Uniti.
Per i suoi sostenitori, si trattava di segnali della sua crescita come leader politico e intellettuale. Ma per i suoi detrattori, si trattava solo di opportunismo. Un modo per ottenere favori in Europa e Stati Uniti mano a mano che le sue possibilità di arrivare al potere in Russia si facevano sempre più esigue.
Per molti degli ucraini che seguono gli avvenimenti internazionali, con la sua morte è definitivamente scomparsa una delle poche alternative al putinismo. Ma un’alternativa non necessariamente gradita.
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