L’uccisione di oltre cento giornalisti, i cronisti diventati bersaglio, il black out mediatico, detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate e torture, il tutto accompagnato da note come «unprecedented», «record-high», «growing number»: senza precedenti, a livelli mai visti, sempre di più. Questo resoconto è stato stilato e sottoscritto dalla European Federation of Journalists (Efj) assieme a una sfilza di associazioni per la libertà di stampa (come la fondazione Daphne Caruana Galizia, Committee to Protect Journalists, Ecpmf, International Press Institute, FPU, Reporters Without Borders), a varie organizzazioni (come Human Rights Watch) e federazioni nazionali dei giornalisti (compresa quella italiana, la Fnsi).

Tutte insieme hanno deciso di scrivere «per chiedere all’Unione europea di fare qualcosa per fermare l’uccisione senza precedenti di giornalisti e altre violazioni della libertà dei media in corso da parte delle autorità israeliane». La lettera – che Domani ha visto in anteprima – viene spedita oggi. C’è posta per Josep Borrell.

«Take action, fate qualcosa»

Il testo è inoltrato a tutti i ministri degli Esteri – arriverà quindi anche ad Antonio Tajani – e si rivolge a Borrell in quanto alto rappresentante in carica – dunque punto di riferimento per la politica estera dell’Ue – ma viene spedita anche a un altro vicepresidente di Commissione, Valdis Dombrovskis, perché ha la delega a economia e commercio. Si capisce la ragione da questo passaggio: «Invochiamo la sospensione dell’accordo di associazione tra Ue e Israele».

La Commissione europea ha competenza esclusiva in fatto di trattati commerciali, e proprio Dombrovskis ha la delega apposita. Dunque le organizzazioni si rivolgono a lui quando sollecitano la sospensione dell’accordo che tuttora stabilisce condizioni favorevoli per gli scambi con Israele, della quale l’Ue è il principale partner commerciale. Pur in mancanza di consenso tra i governi, alcuni – spagnolo e irlandese – hanno già sollecitato una revisione dell’accordo; ora le organizzazioni per la libertà di stampa ne invocano la sospensione «sulla base del fatto che Israele abbia violato la legge e i diritti umani».

Un’ulteriore iniziativa sollecitata nella lettera è quella di «adottare sanzioni mirate contro chi, nelle forze armate israeliane e non solo, è responsabile» dei fatti elencati. Sul punto Borrell è un interlocutore sensibile: a metà agosto lui stesso aveva minacciato sanzioni dopo gli attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania.

Misfatti «senza precedenti»

«Le nostre organizzazioni chiedono che l’Ue faccia qualcosa davanti a uccisioni senza precedenti di cronisti da parte delle autorità israeliane e ad altre violazioni della libertà dei media, che contravvengono agli impegni imposti a Israele dal diritto internazionale umanitario e che si inseriscono in un contesto di abusi diffusi e sistematici».

La lettera è una fondamentale raccolta di fatti. «Mentre alcune restrizioni sull’attivita di cronaca sono comuni durante le guerre, il divieto totale di ingresso a Gaza imposto di fatto ai giornalisti – siano essi israeliani, palestinesi o di altra nazionalità – è senza precedenti nei tempi moderni». le organizzazioni per la libertà di stampa tengono il conto dell’uccisione di più di cento giornalisti e operatori dei media; «la decimazione e lo sfollamento della stampa a Gaza implica che sempre meno cronisti possano documentare il conflitto». Ci sono poi i targeted killings, le uccisioni mirate: «Il Committee to Protect Journalists ha riscontrato che l’esercito israeliano ha preso di mira e ucciso almeno 5 cronisti, ci sono ricerche su altri dieci e le organizzazioni ritengono che il numero effettivo sia più alto».

La lista dei misfatti continua, è lunga – arresti, torture, censure, blocco di internet, limitazioni della libertà dei media, la possibilità di vietare la trasmissione agli outlet internazionali, gli interventi contro Al Jazeera e Associated Press – e comprende anche «il rifiuto, da parte di Israele, di investigarli». Le organizzazioni esigono la protezione dei giornalisti, l’accesso a Gaza, il ripristino delle condizioni di libertà per i media, e soprattutto chiedono a Bruxelles di non restare a guardare senza far nulla.

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