Assediato dalle critiche, il premier si è prodigato per difendere le sue posizioni intransigenti. Irremovibile sul controllo del corridoio Filadelfia. Gli Usa lavorano per una nuova proposta
Preoccupato dalle feroci critiche internazionali e dalle continue proteste in Israele, il premier Benjamin Netanyahu si è prodigato questa settimana in una serie di dichiarazioni pubbliche a difesa delle sue posizioni intransigenti su un possibile accordo con Hamas, che possa permettere il ritorno degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza.
«Non sono d’accordo su nulla: non col corridoio Filadelfia, non con lo scambio di ostaggi con terroristi ora in prigione, con niente» ha dichiarato Bibi all’emittente statunitense Fox News giovedì, parlando di Hamas. «Ci vogliono solo fuori da Gaza per riprendersela e fare quello che vogliono». Nell’intervista a Fox, il premier ha anche escluso che si sia vicini ad un accordo sul cessate il fuoco. «C’è una storia, una narrazione che circola, che c’è un accordo…ma è solo una narrazione falsa» ha chiosato il premier. Queste dichiarazioni seguono ben due conferenze stampa tenute dal premier questa settimana, una in ebraico per i media israeliani e una in inglese per quelli stranieri.
Qui il premier ha cercato di difendersi dalle accuse di non aver fatto abbastanza per salvare i più di 100 ostaggi ancora imprigionati nella Striscia, confermando la sua irremovibilità sulla questione del corridoio Filadelfia, una striscia di terra a sud di Gaza al confine con l’Egitto, il cui controllo è ritenuto imprescindibile dal premier per impedire il traffico di armi all’interno dell’enclave.
Il ritrovamento dei corpi di sei ostaggi, tra cui uno di cittadinanza americana, ha fatto esplodere la rabbia degli israeliani, che si sono riversati a migliaia nelle strade del Paese e portando al primo sciopero generale dall’inizio della guerra. Giovedì il premier ha anche detto che il controllo del corridoio permetterebbe anche ad Israele di evitare che gli ostaggi ancora vivi possano essere fatti uscire dalla Striscia e trasportati dal Sinai in Iran e Yemen, dove poi sarebbero persi per sempre. Le speranze per un'intesa vengono sempre più riposte negli Stati Uniti, considerando le pressioni interne che il presidente Biden sta ricevendo visto che ci sono ancora alcuni ostaggi di nazionalità statunitense nella Striscia. «Biden, salva gli ostaggi da Netanyahu» recitava un enorme striscione portato dai manifestanti in questi ultimi giorni. Ma secondo fonti diplomatiche, questa irremovibilità sul controllo del Filadelfia sembra essere diventata lo scoglio principale al raggiungimento di un accordo.
Hamas ha fatto sapere che non accetterà una presenza militare israeliana. L’intelligence degli Stati Uniti, come pure parte dell’establishment della sicurezza israeliana, ha fatto presente al premier che si può impedire il traffico di armi in altre maniere, per esempio erigendo un muro affiancato da un sistema di sicurezza che possa rilevare ogni passaggio verso Striscia o la costruzione di tunnel. Netanyahu, almeno in pubblico, sembra continuare dritto per la sua strada.
La posizione Usa
L’Egitto, che oltre a essere coinvolto in prima linea nelle trattative sul cessate il fuoco, lo è anche sulla questione del corridoio visto che le armi di Hamas sarebbero transitate sul proprio territorio, ha respinto al mittente le accuse del premier di aver permesso tale transito, accusandolo di voler distrarre l’opinione pubblica israeliana, mentre impedisce il raggiungimento del cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi.
Per ora, Netanyahu sembra arroccato su questa posizione, spalleggiato da un voto del suo governo sulla decisione di mantenere il controllo del corridoio Filadelfia. L’ambasciatore americano in Israele, Jack Lew, ha cercato di gettare acqua sui roventi scontri di questi giorni, tra Bibi e gli altri Paesi coinvolti nei negoziati. Ad una conferenza a Tel Aviv organizzata dall’Istituto per gli studi di sicurezza nazionale, ha detto che si sta continuando a fare progressi sull’accordo per gli ostaggi, anche su questioni chiave.
«Le trattative si stanno focalizzando sulle questioni più difficili, alcune delle quali non sono al centro della maggior parte delle discussioni pubbliche» ha detto Lew, riferendosi apparentemente al tema del corridoio Filadelfia. «Il dibattito pubblico maschera dove sono le difficoltà reali».
Lew ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno cercando di mettere insieme una proposta che metta d’accordo Israele, l’Egitto e il Qatar, tale che una volta presentata ad Hamas, sarà chiaro che la pressione sarà tutta unicamente sui miliziani palestinesi.
Nella giornata di giovedì sono continuati gli scontri nei Territori occupati della Cisgiordania, dove da più di una settimana l’esercito israeliano (Idf) continua bombardamenti e operazioni di terra con l’obiettivo di prevenire attacchi terroristici da quella zona. L'Idf ha fatto sapere di aver ucciso sei militanti palestinesi nella città di Tubas e in un campo profughi delle vicinanze, in una delle operazioni più grandi in Cisgiordania da mesi, che ha coinvolto centinaia di soldati, poliziotti e ufficiali dell’intelligence israeliani.
I raid in Cisgiordania, ormai al nono giorno, hanno causato l’uccisione di 39 palestinesi, secondo le autorità sanitarie della zona. Nella maggior parte dei casi, erano combattenti armati, ma ci sono state anche uccisioni di civili, incluso quella di una ragazza di sedici anni, Lujain Musleh, colpita in testa da un proiettile mentre guardava fuori dalla finestra di casa sua a Kafr Dan, vicino a Jenin, durante un’operazione dei soldati israeliani.
L’Idf ha riportato giovedì anche vari lanci di missili e di droni dal sud del Libano verso il nord di Israele, alcuni dei quali sono stati intercettati dal sistema di difesa israeliano, altri fatti cadere, senza causare alcun ferito.
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