L’ultimo essere umano, ultimo in ordine e di tempo, che ha aperto il fuoco contro persone inermi negli Stati Uniti ha ucciso otto persone in un centro commerciale in Texas. La strage è avvenuta alla periferia di Dallas e tra le vittime tre erano bambini.

Un tipo di notizia al quale stiamo rischiando di assuefarci. Poche settimane prima, le bandiere di tutti gli edifici pubblici degli Stati Uniti sono state a mezz’asta fino al 31 marzo, inclusa la Casa Bianca, per onorare le vittime della strage della Covenant School di Nashville, Tennesse.

Dove il 27 marzo 6 persone, tra cui 3 bambini, erano rimaste vittime dell’ennesima stage senza ragione. Il Washington Post dal 1999 a oggi ha pubblicato un macabro conteggio di più di 380 attacchi con arma da fuoco avvenuti nelle scuole degli Stati Uniti, 46 dei quali nel solo 2022. A questo bilancio, si aggiungono due massacri avvenuti in Serbia nelle ultime settimane.

Il più efferato dei quali è stato compiuto da un ragazzo di 13 anni che, facendo irruzione in una scuola elementare di Belgrado, ha ferito 7 persone, uccidendone altre 9 tra scolari e operatori scolastici. Le dichiarazioni del ministro dell’Educazione della Serbia Branko Ruzic, rilasciate alla Bbc, puntano il dito sui «western values» (i valori della civiltà occidentale) come possibili cause di tali avvenimenti nel loro territorio.

Nei giorni precedenti, il governatore del Texas, Greg Abbott, parlando a Fox news ha posto l’accento sulla crescente crisi di disturbi mentali presente gli Usa. Entrambi portano degli elementi di riflessione per quella che possiamo definire un’epidemia di violenza nelle scuole.

Senza contare il dato su cui più di altri ci si concentra e che si sente ripetere a ogni massacro: l’elevata diffusione delle armi da fuoco negli Stati Uniti. Il dipartimento dell’Educazione e il Secret service degli Usa ha stimano in oltre 4 milioni e mezzo i minori che hanno almeno un’arma in casa. Dati simili, anche se per ragioni storiche diverse, valgono per la Serbia.

Columbine

Facciamo un passo indietro, la prima strage in una scuola è avvenuta nel 1999 negli Stati Uniti. Quello che è tristemente ricordato come il massacro della Columbine High School. Rimasero uccisi 12 studenti e un insegnante, e il numero dei feriti arrivò a 24. In quel giorno di aprile, due studenti entrarono nella loro scuola armi in pugno, fecero un massacro e si suicidarono. In tanti hanno provato a dare una spiegazione a quanto avvenne in quel giorno di primavera nel Colorado.

E in tanti hanno provato e dare un senso ai troppi altri attacchi avvenuti negli anni nelle scuole degli Stati Uniti. Da allora cosa è avvenuto? Nel 2002 un film documentario ispirato alla strage della Columbine ha vinto un premio Oscar come miglior documentario.

Diverse serie tv hanno preso spunto dal tema del massacro. Nel 2005 un videogioco: “Super Columbine Massacre RPG!”, pare si sia ispirato al massacro. Questi solo per citare alcuni utilizzi della strage nella cultura di massa.

Proviamo a porci un’altra domanda. Cosa abbiamo imparato da allora? La più importante rivista scientifica in ambito medico, The New England Journal of Medicine, ci fornisce un dato allarmante: dal 2017 la più frequente causa di morte per bambini, adolescenti e giovani adulti negli Stati Uniti d’America è l’essere vittima di colpi di arma da fuoco.

Aggiungiamo, senza addentrarci troppo nei dati statistici, che il dipartimento dell’Educazione e il Secret service riportano che il 93 per cento degli attacchi con arma da fuoco nelle scuole sono pianificati in anticipo. Il quadro che ci si apre davanti è molto più che sconfortante. Proviamo a porci un ulteriore interrogativo: cosa porta giovani vite a sopprimere altre giovani vite.

Cosa sta cambiando

Il National Council for Mental Wellbeing ci dice che la maggioranza dei soggetti con disagio mentale non mette in atto atti violenti contro gli altri. Di conseguenza, dove dobbiamo guardare per provare a trovare un senso a tanta violenza. Di certo i massacratori della Colombine High School sono divenuti celebri. I loro nomi sono presenti in tutti gli articoli che parlano di massacri scolastici. Sono presenti nella più grande enciclopedia virtuale che utilizziamo ogni giorno, con le loro foto in vista.

Mentre scrivo mi torna alla mente la natura dell’uomo e dei suoi istinti. Per cosa si può arrivare a uccidere oggi come 1.000 anni fa? Per istinto di sopravvivenza, per potere, per soldi o per vendetta. Ebbene, in questa epidemia di massacri scolastici non c’è nulla di tutto questo. Ad armare quelle mani troviamo esclusione o frustrazione. Il profilo psicologico più comune diagnosticato nei carnefici è quello di giovani solitari ed emarginati dal gruppo dei pari.

Crediamo davvero che questo possa bastare a giustificare la rabbia cieca verso tante giovani vite? Mi chiedo se qualcosa sia cambiato con il crescente potere dei social e dei media. Può una giovane mente programmare di uccidere per aver come solo bottino un momento di notorietà?

Con il solo dubbio che così possa essere, oltre alla battaglia per la limitazione nel possesso delle armi, credo che si debbano ricordare le povere vittime ma, mai e poi mai nominare i carnefici. Credo si debba riprendere una campagna lanciata dai gruppi dei familiari delle vittime che hanno chiesto “no notoriety” per gli assassini. Credo sia già troppo definirli essere umani.

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