- Il tragitto si legge nel testo del nuovo piano RePowerEu dovrebbe collegare la Catalogna alla Liguria o alla Toscana. Un crescendo da quando Draghi e Sànchez avevano parlato di una «interconnessione».
- La Commissione approva anche il raddoppio del Tap, anche se secondo la società servono almeno cinque anni.
- Per l’Ungheria e i paesi collegati dall’oleodotto Druzhba sono previsti circa 2 miliardi per infrastrutture e modifiche alle raffinerie. Orbàn ne aveva chiesti almeno 15 per non opporsi all’embargo.
Un gasdotto per collegare la Catalogna alla Liguria o alla Toscana: questo il progetto che potrebbe ricevere i finanziamenti europei per gasdotti, oleodotti e rigassificatori stanziati dal RePowerEu. Circa 12 miliardi di euro che dovranno essere spesi per staccarci dalla dipendenza dal metano di Vladimir Putin.
La traccia si trova in una mappa contenuta nel documento pubblicato ieri dalla Commissione. L’Italia, che, come riferito da Palazzo Chigi, potrebbe ottenere nuovo prestiti con i soldi eccedenti dagli altri Piani nazionali di ripresa e resilienza, potrebbe perciò beneficiare anche di parte dei 10 miliardi che l’Europa destinerà nello specifico alle infrastrutture gas.
In primo luogo infatti si legge nei documenti ufficiali della Commissione che l’Europa punta al raddoppio del Tap, il gasdotto che trasporta gas dall’Azerbaigian, ma anche al collegamento con la Spagna che nelle intenzioni europee dovrebbe servire in futuro anche per l’idrogeno.
Tempi e costi
L’Unione europea non ha fatto mistero che staccarsi dal metano di Putin non sarà possibile prima di cinque anni, e così i progetti che sono stati messi sul tavolo hanno tempistiche che non hanno niente a che fare con un eventuale emergenza. Per la messa in opera e l’incremento dall’attuale capacità del Tap da 10 miliardi di metri cubi a 20, spiega la società, servono cinque anni. Un tempo simile servirebbe anche per il lungo gasdotto che dovrebbe unire i due paesi dell’Europa mediterranea.
Mentre il flusso dalla Russia continua «al momento senza interruzioni» ha raccontato il nuovo amministratore delegato della società, Stefano Venier, Snam ha sottoscritto un protocollo d'intesa con la spagnola Enagas per studiare la fattibilità del gasdotto sottomarino tra la Spagna e Italia, con una capacità «tra i 15 e i 30 miliardi di metri cubi».
La Commissione
La Commissione punta in primo luogo allo stoccaggio - «fondamentale per migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento» – , ma «appropriato sostegno, anche finanziario» dovrebbe essere fornito a quei progetti «che mirano a garantire un maggiore livello di preparazione e risposta ai rischi nella sicurezza dell'approvvigionamento di gas».
Per importare una quantità sufficiente di gas naturale liquido e gas tramite gasdotto da altri fornitori, prosegue il RePowerEu, saranno necessari investimenti stimati in 10 miliardi di euro con un termine ancora più in là, ovvero «entro il 2030» e sono previsti terminali di importazione di gnl e gasdotti per far viaggiare il gas sottoutilizzato dei rigassificatori esistenti, di cui la Spagna è particolarmente fornita: ben sei.
Per questo, viene esplicitato, un investimento per collegare i terminali di importazione di gnl nella penisola iberica e la rete dell'Ue «attraverso un'infrastruttura pronta per l'idrogeno» può ulteriormente «contribuire a diversificare l'approvvigionamento di gas nel mercato interno» e «sul lungo termine servire per l'idrogeno rinnovabile».
A marzo il presidente del Consiglio Mario Draghi tuttavia, durante la conferenza stampa con il primo ministro spagnolo Pedro Sànchez aveva introdotto l’argomento: «Abbiamo discusso anche delle interconnessioni, un problema che strutturalmente sarà sempre più importante anche in vista delle interconnessioni dell'idrogeno, non soltanto del gas oggi». Oltre a quello italiano, un altro progetto storicamente esistente è il “Midcat” con 8 miliardi di capacità tra Spagna e Francia.
L’Ungheria
Mentre si parla di gas e idrogeno per il futuro in attesa che vengano definiti ulteriormente i progetti, anche sul fronte petrolifero arrivano nuovi investimenti. Ancora non c’è alcun accordo per l’embargo e non è chiaro come l’Ungheria reagirà alla proposta della Commissione, ma l’Unione europea si prepara a trattare. Secondo la Commissione servirà «un investimento molto limitato» ma «necessario» per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento negli stati membri quasi completamente dipendenti dalla Russia.
Mentre per la maggior parte dei casi il mercato mondiale consente una sostituzione rapida ed efficace del greggio, in altri «la questione è più delicata». Si tratta di quei paesi serviti dall’oleodotto dell’ “Amicizia” Druzhba, che fornisce petrolio in Europa (e nello specifico anche in Ungheria e arriva fino alla Germania) direttamente dalla Russia.
Per arrivare alla sostituzione infatti servirà aumentare la capacità rotte di approvvigionamento alternative, vale a dire i porti (come Danzica, Rostock, Trieste o Omisalj), e ampliare la capacità dell'infrastruttura esistente per superare le strozzature negli oleodotti operativi all’interno dell’Unione europea con investimenti mirati.
A questi, si legge bisognerà aggiungere quelli per la riconfigurazione e il potenziamento delle raffinerie che usano esclusivamente greggio Urals, quello russo. Solo così potranno accogliere tipi di greggio alternativi. L'investimento totale per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento petrolifero, riporta la Commissione, dovrebbe ammontare a 1,5 -2 miliardi di euro. Il ministro degli esteri di Orbàn Peter Szijjarto ha chiarito che a loro dire per compensare le sue perdite l'Ue dovrebbe mettere sul piatto tra «i 15 e i 18 miliardi di euro».
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