Nel paese in cui circolano 400 milioni di armi, le stragi aumentano e la politica non riesce a imporre restrizioni, si aggiunge anche la minaccia delle “ghost guns”, le pistole fatte in casa. Uno dei promotori del fenomeno è un ragazzo texano che ha iniziato solo per affermare la propria indipendenza dallo stato
- Gli ostacoli per restringere l’uso delle armi negli Stati Uniti sono complessi da superare. C’è una cultura delle armi che si tramanda da generazioni e che ha a che fare con l’identità, anche politica, di decine di milioni di americani.
- Anni fa ad Austin, in Texas, un 24enne studente di legge di nome Cody Wilson pensava a come produrre armi aggirando tutta la politica, padri fondatori inclusi.
- Si discute di una nuova proposta di legge, ma non è ancora chiaro che tipo di iniziative conterrà. È improbabile che imponga il divieto di costruire armi in casa, anche perché si tratta di una pratica fino ad ora considerata legale e che ha radici profonde.
Chiunque segua il dibattito sul controllo delle armi negli Stati Uniti ricorda il 2012 come un anno particolarmente intenso, conclusosi tragicamente. Il 14 dicembre, nella scuola elementare Sandy Hook di Newtown, in Connecticut, un ventunenne armato di un fucile semi automatico e due pistole uccise venti bambini e sei adulti. Quel massacro – avvenuto pochi mesi dopo quello altrettanto scioccante in un cinema del Colorado – riportò furiosamente a galla lo scontro politico sull’urgenza di limitare la vendita ed il possesso di armi, soprattutto quelle d’assalto.
La National Rifle Association (Nra), la potente lobby per le armi, ebbe una reazione ancora impressa nella memoria degli americani. Dopo una settimana di pesante silenzio, Wayne LaPierre, al vertice dell’organizzazione da trent’anni, disse che «l’unica cosa che ferma un cattivo ragazzo con una pistola, è un bravo ragazzo con una pistola».
Il tentativo di Obama
Da parte sua l’allora presidente Barack Obama – affiancato dal suo vice e attuale presidente Joe Biden – firmò 23 ordini esecutivi per bypassare il Congresso. L’obiettivo era di limitare le vendite e rendere più efficienti i controlli sugli acquirenti – i cosiddetti background checks – soprattutto nel caso di persone con disturbi psichiatrici.
Una vera riforma avrebbe comunque implicato l’approvazione di Capitol Hill, e di fatto non ci fu una svolta significativa.
Gli ostacoli erano, e sono tuttora, numerosi e complessi da superare. Nelle case statunitensi ci sono 400 milioni di armi, ovvero più armi che persone. C’è una cultura delle armi che si tramanda da generazioni – proprio come i fucili di famiglia – e che ha a che fare con l'identità, anche politica, di decine di milioni di americani.
Ci sono i soldi dell’Nra nelle tasche dei parlamentari, Repubblicani ma non solo. C’è il Secondo emendamento alla Costituzione al quale i difensori del diritto al possesso di armi si appellano in modo ostinatamente letterale e anacronistico per opporsi ad ogni cambiamento.
Tuttavia, la forte presa di posizione di Obama ebbe i suoi effetti. Uno dei più evidenti fu la percezione, da parte dei possessori di armi, che il governo potesse davvero imporre forti limitazioni. In quello stesso anno accadde infatti anche qualcosa di meno noto.
Pistole fai-da-te
Mentre a Washington suonava un disco rotto, in una piccola townhouse ad Austin, in Texas, uno studente di legge pensava a come produrre armi aggirando tutta la politica, padri fondatori inclusi. Cody Wilson aveva allora 24 anni.
Con un paio di conoscenti con i quali condivideva gli stessi interessi – gaming, tecnologia, la fascinazione per una certa idea di anarchia e libertà – decise di provare a costruire armi con una stampante 3D.
L’intenzione era di elaborare i file necessari per la produzione e poi distribuirli gratuitamente attraverso Internet, negli Stati Uniti e non solo. Il progetto si chiamava Wiki-Weapon – un omaggio ai WikiLeaks di Julian Assange – e per realizzarlo Wilson e soci fondarono l’organizzazione Defense Distributed, attiva ancora oggi.
Sono loro, grazie ad un discreto successo mediatico, ad aver dato la spinta decisiva alla popolarità delle cosiddette ghost guns, ovvero armi autocostruite in casa (non necessariamente con stampante 3D) e senza numero di serie, ma non per questo illegali.
La diffusione delle ghost guns è per ovvie ragioni difficile da misurare, ma negli ultimi dieci anni è aumentata sensibilmente. Tanto che se n’è accorta pure la Casa Bianca. Lo scorso 8 aprile, parlando dal Giardino delle Rose, Biden ha presentato il suo programma per affrontare l’epidemia di violenza provocata dall’uso delle armi.
È «un imbarazzo internazionale» ha detto, mentre negli Stati Uniti il numero dei mass shooting ad intensificarsi (per mass shooting, letteralmente sparatoria di massa, si intende una sparatoria in cui perdono la vita o vengono ferite almeno quattro persone, escluso il responsabile). Negli ultimi 30 giorni se ne sono verificati più di 45.
Dopo aver salutato alcuni dei presenti – primi tra tutti i genitori di uno dei bambini uccisi nella scuola Sandy Hook – Biden ha detto di essere determinato a fermare la proliferazione delle ghost guns. «Queste sono armi fatte in casa, costruite a partire da un kit che include le istruzioni per completarle», ha spiegato.
«Non hanno numero di serie, così quando fanno la loro apparizione sulla scena del crimine non possono essere tracciate». Inoltre, ha detto, «agli acquirenti non è richiesto di passare il background check per comprare il kit e costruire l’arma».
Di conseguenza – ha aggiunto – può farlo chiunque, criminali e terroristi inclusi. Il presidente ha così dato al dipartimento di Giustizia trenta giorni per fare una proposta su come limitarne o quantomeno regolamentarne la diffusione.
Non è ancora chiaro che tipo di iniziative conterrà la proposta, ma è improbabile che imponga il divieto di costruire armi in casa, anche perché si tratta di una pratica fino ad ora considerata legale e che ha radici profonde.
È infatti solamente dal 1968, con il Gun Control Act, che i produttori di armi devono ottenere una licenza dal governo federale e marcare le armi con un numero di serie. E la legge non riguarda chi assembla armi per uso personale, cosa che appunto si presuppone siano le ghost guns.
Solo che negli anni sessanta – e neppure nel 1993 quando il Brady Gun Violence Prevention Act ha fondato il sistema federale di background checks facendo di nuovo un’eccezione per le armi fatte in casa – non si poteva ancora immaginare il potere di Internet. Le possibilità concesse dalla rete hanno infatti dato una nuova chiave di interpretazione all'associazione tra armi e libertà.
Per Wilson – che si definisce un “crypto anarchist” e dice di essere cresciuto in una famiglia senza armi – produrre armi in soggiorno è un gesto politico, un modo di affermare la propria libertà alla faccia di un governo sempre più controllante, non importa se a destra o sinistra.
Non a caso la prima pistola interamente realizzata con una stampante 3D da Defense Distributed si chiamava Liberator, come quella prodotta in massa dal governo americano nel 1942 con l’intenzione di armare gruppi della resistenza in Europa.
L’idea, poi non portata a termine, era di sganciarne migliaia dal cielo nella speranza che finissero nelle mani giuste, ma con la consapevolezza che potevano anche essere intercettate dai nazisti. Come si vede in un esemplare conservato al Museum of Jewish Heritage di New York, erano confezionate in scatolette di cartone contenenti anche le istruzioni per azionarle.
Esattamente come i kit per produrre le ghost guns. Le armi prodotte con stampanti 3D sono infatti solo una piccola parte. Come ha accennato Biden nel suo discorso, si tratta più in generale di armi costruite a partire da kit acquistabili online da diverse aziende specializzate, per poche centinaia di dollari.
L’acquirente riceve a casa un cosiddetto “80% receiver”, ovvero un corpo inferiore di un’arma completo all’80 percento e le istruzioni per terminarlo. Il corpo inferiore è infatti il pezzo fondamentale, quello che include anche grilletto e cane, a cui è associato numero di serie e licenza. Anche le armi prodotte con la stampante 3D spesso hanno solo la parte del corpo inferiore realizzata con questa tecnologia, poiché il resto dei pezzi sono reperibili sul mercato senza controlli.
Dal sito di Defense Distributed al momento si possono acquistare i corpi inferiori di diversi modelli, dalla pistola semiautomatica M1911 usata già dai primi del 1900 dalle forze armate degli Stati Uniti, al fucile semiautomatico AR-15. Il costo varia dagli 80 ai 150 dollari. Inoltre, con un minimo di 2.000 dollari, è possibile acquistare una macchina a controllo numerico che, collegata ad un computer e tramite uno specifico software, permette di produrre in casa componenti in metallo di vari modelli di armi.
Gli scopi criminali
Sebbene non sia possibile fare una stima del numero di ghost guns che circolano negli Stati Uniti, né ovviamente verificare chi le possiede, alcuni dati confermano che vengono utilizzate anche per scopi criminali.
Nel 2019 gli agenti del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (Atf), ne hanno sequestrate circa 10mila nel corso di arresti e perquisizioni. Secondo un'inchiesta pubblicata nello stesso anno dal sito The Trace, specializzato in violenza causata dall'uso delle armi, il 30 per cento delle armi sequestrate dalla polizia del Atf in California erano senza numero di serie.
In molti casi erano state utilizzate per rapine o omicidi. In almeno due dei più recenti mass shooting avvenuti in California, nel 2013 in un college di Santa Monica e nel 2017 in varie zone del Tehama County, gli assalitori hanno usato ghost guns dopo che era stata loro negata la licenza.
Inoltre, come ha raccontato alla radio pubblica americana il giornalista Ioan Grillo, autore del libro Blood Gun Money: How America Arms Gangs and Cartels, il mercato delle componenti di armi da assemblare sta contribuendo a potenziare l’arsenale dei cartelli della droga in Messico e altri paesi del Centro America.
Negli ultimi anni i tentativi di fermare la proliferazione delle ghost guns non sono mancati ma è difficile stabilire se abbiano o meno avuto effetto. Diversi stati hanno tentato di regolamentarne il possesso o la vendita – come la California che dal 2016 richiede che le armi costruite in casa vengano registrate, o il New Jersey che proibisce del tutto il commercio di kit e componenti.
Tuttavia nella maggior parte degli stati continuano ad essere legali e non regolamentate. L’azione di Biden in questo senso potrebbe segnare una svolta, quantomeno in termini di sensibilizzazione sul tema. A seguito del suo annuncio, grandi piattaforme di acquisti online come Facebook Marketplace, Etsy e Google si sono impegnate a stringere i controlli dopo essere stati accusati di facilitare il commercio di parti di armi, in particolare stabilizzatori che permettono di utilizzare l’arma con una sola mano e con maggiore precisione.
Tuttavia le aziende del settore come Defense Distributed non si scoraggiano. Sui loro siti sono comparsi banner che rassicurano la clientela sul fatto che – vista l’opposizione che una legge sul controllo per le armi potrebbe trovare in Congresso – per almeno altri 90 giorni non dovrebbero entrare in vigore nuove leggi.
Il pericolo, come avvenne nel 2012 e come avviene ogni volta in cui si mette in discussione la libertà degli americani di possedere armi, è l’effetto boomerang: l’incremento delle vendite di kit e parti da assemblare proprio in questo periodo.
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