Il documento firmato dal prefetto Maximino Caballero Ledo è già arrivato a qualche capo dicastero e a tre illustri cardinali, ed è affisso in bella mostra nel cortile di san Damaso, vicino il palazzo apostolico. Ma, promettono dalla segreteria dell’Economia, presto verrà consegnato brevi manu a tutti coloro che vivono nelle case di proprietà del Vaticano o di un ente che fa riferimento diretto alla Santa sede.

Il rescriptum arrivato nella mattina del 28 febbraio a Domani, contiene un messaggio semplice, che arriva direttamente da papa Francesco: tutti gli inquilini devono cominciare a pagare affitti adeguati. In caso contrario, dovranno lasciare gli appartamenti alla scadenza del contratto.

Il match “papa Francesco vs curia romana”, cominciato nei primi giorni del pontificato, si arricchisce dunque di un nuovo round. Che va a toccare un argomento assai sensibile all’opinione pubblica: quello dell’immenso patrimonio immobiliare del Vaticano, e dell’uso scandaloso che ne viene fatto da lustri da parte di principi della chiesa, di prelati potenti e laici ammanicati. Centinaia e centinaia di persone che vivono in case da sogno (soprattutto Oltretevere e nel centro storico di Roma) senza pagare un euro di affitto, o a canoni ridicoli se paragonati a quelli a cui i comuni fedeli sono costretti dal mercato.

Abusi e storie (come quella dell’attico di Tarcisio Bertone) raccontate per la prima volta nel 2015 dai libri Avarizia (firmato da chi scrive) e Via Crucis di Gianluigi Nuzzi, che dimostravano come la chiesa non era affatto diventata «povera e per i poveri» come nei desiderata del pontefice argentino, ma che era ancora gestita da una casta che usa i beni dell’ecclesia per interessi personali.

Privilegi

In dieci anni di pontificato, nonostante le inchieste e le denunce, poco o nulla è cambiato dell’andazzo. Ora, l’apparente svolta. Il neo prefetto della Spe (il ministero dell’Economia vaticano) ha infatti firmato un rescriptum ex audientia, in cui segnala come «nell’udienza concessa al sottoscritto Caballero Ledo, in data 13 febbraio 2023, il santo padre per far fronte agli impegni crescenti che l’adempimento al servizio della chiesa universale e ai bisognosi richiede in un contesto economico quale quello attuale, di particolare gravità, mi ha manifestato che tutti facciano un sacrificio straordinario per destinare maggiori risorse alla missione della Santa sede. Anche incrementando i ricavi della gestione del patrimonio immobiliare».

Per farlo, il prefetto spiega che tutti i privilegi finora accordati dai predecessori di Bergoglio o dai vertici degli enti (come l’Apsa o la congregazione Propaganda fide, i massimi gestori del mattone vaticano) ai fortunati inquilini che vivono gratis in case da 400 o 500 metri quadri sono da oggi carta straccia.

«Il santo padre ha disposto l’abrogazione di tutte le disposizioni, da chiunque e in qualunque tempo emanate, che consentano o dispongano il godimento ai cardinali, capi dicastero, presidenti, segretari, sotto segretari, dirigenti, uditori del tribunale della Rota Romana, degli immobili di proprietà di istituzioni curiali, e degli enti che fanno riferimento alla Santa sede, comprese le domus, gratuitamente o a condizioni di particolare favore», si legge nel rescriptum.

Non solo. Visto che è tradizione antica che coloro che vengono convocati in Vaticano a svolgere mansioni curiali paghino per l’alloggio di servizio cifre irrisorie o addirittura il becco di un quattrino, il papa fa «divieto a tutti gli enti di erogare ai medesimi soggetti il cosiddetto “contributo alloggio” o contributi aventi la medesima finalità».

Per essere ancora più chiaro, il prefetto chiarisce che saranno vietati «contributi di qualunque entità o forma aventi finalità di compartecipazione dell’ente al canone di locazione o, in generale, alle spese per l’alloggio».

Dunque, i cardinali e i preti – anche se chiamati nella città santa a svolgere il loro incarico – dovranno pagare l’affitto di tasca loro. Il “quantum” è ancora difficile commisurarlo.

Qualche berretta rossa teme che si debba pagare una retta pari ai prezzi del mercato romano, ma Caballero Ledo per ora scrive solo che «gli enti proprietari degli immobili dovranno praticare ai soggetti di cui sopra i prezzi normalmente applicati nei confronti di quanti siano privi di incarichi di qualsiasi tipo nella Santa sede e nello stato della Città del Vaticano».

Il problema è che i cinquemila appartamenti dell’Apsa disseminati nella capitale, e le centinaia di case e attici delle varie congregazioni talvolta vengono affittati a tariffe assai più basse rispetto al loro valore reale.

Non solo a prelati, ma anche a politici, giornalisti, agenti dei servizi segreti, lobbisti e raccomandati assortiti. «Anche le domus (cioè le strutture che ospitano ecclesiastici in servizio, il personale diplomatico, i presbiteri in visita al papa, come la domus Sanctae Martae o la Romana Sacerdotalis, ndr) dovranno applicare ai medesimi soggetti le ordinarie tariffe stabilite dal proprio organo amministrativo», aggiunge il prefetto.

I polemici

Il rescritto dice pure che le nuove regole valgono per i nuovi contratti, ma che i vecchi potranno essere «prorogati o rinnovati» solo nel rispetto delle nuove norme. Solo in casi particolarissimi chi vive gratis nelle case vaticane potrà mantenere il privilegio: «Il santo padre ha infine disposto che qualsiasi eccezione alla presente normativa dovrà essere da Egli direttamente autorizzata».

Sarà Francesco, dunque, a decidere se ci saranno cardinali che continueranno a non pagare l’affitto per motivi particolari: tutti gli altri, se vogliono rimanere nei loro appartamenti giganteschi a via dalla Conciliazione o in zona Borgo Pio, dovranno investire parte del piatto cardinalizio (lo stipendio dei cardinali, di circa 5mila euro al mese, è stato già tagliato due anni fa del dieci per cento).

Il rescriptum di Caballero Ledo ha già creato scompiglio nelle alte sfere curiali. Se i sostenitori di Bergoglio segnalano come il papa «mette finalmente mano a agevolazioni inaccettabili», altri pensano che la scelta sia dovuta «principalmente alle disastrate casse del Vaticano: il papa cerca innanzitutto di raccattare, su consiglio della Spe, ogni soldo disponibile per migliorare il bilancio in rosso».

I nemici dell’argentino, invece, credono che la mossa sia «solo un dispetto a una curia che Bergoglio disprezza da quando è a Roma», dice a Domani un importante berretta. «In Vaticano noi viviamo dentro case che sicuramente non possono essere riaffittate a soggetti esterni, essendo dentro la città santa. Spesso poi abitiamo insieme a due o tre suore. Si rischia dunque che noi e loro si debba andare via, ma che poi gli appartamenti restino inutilizzati. Scriva che noi comunque le spese le paghiamo da sempre».

Fuori il Vaticano, però, prezzi di mercato consentirebbero obiettivamente di incassare qualche milione di euro l’anno in più. Che potrebbero essere destinati ai più poveri. «Può darsi. Ma non sempre i soldi vanno davvero a chi ha bisogno, nemmeno durante questo pontificato. Poi non convince il fatto che il papa abbia tenuto per se l’ultima parola su chi pagherà l’affitto e chi no.

Uno potrebbe sospettare che presto i suoi critici, come il cardinale conservatore Gerhard Muller (vive in 300 metri quadri, ndr) o l’odiato Leo Burke (per lui ben 417 metri quadri, ndr) siano costretti a sborsare di più o a traslocare, mentre i cardinali della sua cerchia potrebbero mantenersi i vecchi privilegi. Speriamo almeno ci sia trasparenza».

Elucubrazioni che ai fedeli anticuriali, comunque, interesseranno poco. Soprattutto se il rescriptum non dovesse rimanere lettera morta, e se i soliti protégé, sia laici sia ecclesiastici, non riusciranno a scampare al caro-affitti benedetto da Francesco.

 

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