- Tra carcasse di macchine bruciate e vetrine distrutte, è una Parigi per l’ennesima volta messa a ferro e fuoco quella che accoglie Emmanuel Macron al suo ritorno anticipato da Bruxelles.
- Per la terza notte consecutiva, tra giovedì e venerdì, le periferie della capitale francese, così come alcune zone del centro e molte altre città in tutto il paese, sono state scenario di gravi disordini.
- Lo stato di emergenza, che permetterebbe alle autorità di imporre misure eccezionali come il coprifuoco e la chiusura di luoghi pubblici, è già stato dichiarato dal governo francese in risposta a situazioni analoghe a quella attuale.
Tra carcasse di macchine bruciate e vetrine distrutte, è una Parigi per l’ennesima volta messa a ferro e fuoco quella che accoglie Emmanuel Macron al suo ritorno anticipato da Bruxelles. Per la terza notte consecutiva, tra giovedì e venerdì, le periferie della capitale francese, così come alcune zone del centro e molte altre città in tutto il paese, sono state scenario di gravi disordini. La causa scatenante: l’omicidio del diciassettenne di origine algerina Nahel da parte di un poliziotto, avvenuto martedì a Nanterre, nella periferia parigina.
La rivolta
Nonostante il poliziotto che ha aperto il fuoco su Nahel sia stato arrestato preventivamente giovedì con l’accusa di omicidio volontario, la rabbia delle periferie non si è placata. Nella notte di giovedì si sono moltiplicate le violenze e gli scontri tra i manifestanti e i 40mila agenti dispiegati in tutto il paese: negozi e supermercati sono stati distrutti e saccheggiati, macchine e autobus sono stati incendiati ed edifici pubblici vandalizzati.
Gli scontri hanno interessato Parigi e le periferie, ma anche Marsiglia, Lione, Tolosa, Lille e altre città francesi.
Nanterre, cittadina della periferia nord-occidentale di Parigi, e teatro dell’uccisione del giovane Nahel, è stata prevedibilmente il centro dei disordini: i manifestanti si sono scontrati per ore con le forze dell’ordine, lasciando fermate dell’autobus distrutte e strade vandalizzate.
Questa notte di fuoco ha portato a 875 nuovi fermi in tutto il paese, di cui 408 nella capitale e nelle sue banlieue.
Il rientro
Una situazione talmente tesa da aver portato Macron ad anticipare il suo rientro da Bruxelles, dove si trovava per partecipare al Consiglio europeo. Rientrato a Parigi, Macron ha presieduto una riunione d’emergenza, nella quale ha definito le violenze come «una strumentalizzazione inaccettabile della morte di un adolescente», condannando «chi usa questa situazione per creare disordine e attaccare le nostre istituzioni». Il presidente francese ha inoltre annunciato il dispiegamento di risorse aggiuntive da parte del ministero degli Interni per far fronte alle violenze.
In questo clima di tensione crescente, la destra e l’estrema destra sollecitano il governo a instaurare lo stato di emergenza. «Serve una repressione feroce contro i rivoltosi delle banlieue», «il governo non può più rimanere sottomesso, deve dichiarare senza indugio lo stato di emergenza», ha scritto venerdì su Twitter il politico di estrema destra Eric Zemmour.
Anche Marine Le Pen si è dichiarata favorevole all’instaurazione di uno stato di emergenza nel paese, se la situazione attuale dovesse perdurare.
L’emergenza
Lo stato di emergenza, che permetterebbe alle autorità di imporre misure eccezionali come il coprifuoco e la chiusura di luoghi pubblici, è già stato dichiarato dal governo francese in risposta a situazioni analoghe a quella attuale.
In particolare, nel 2005, il governo di Chirac aveva implementato lo stato di emergenza per rispondere ai gravi disordini scoppiati proprio nelle banlieue dopo la morte di due giovani, Zyed Benna e Bouna Traoré, folgorati all’interno di una cabina elettrica mentre cercavano di sfuggire a un posto di blocco della polizia.
Il parallelismo con le rivolte del 2005 nelle banlieue francesi riporta al centro del discorso pubblico la situazione delle periferie del paese, dove una popolazione molto giovane e spesso di origine straniera vive quotidianamente discriminazioni, violenze e marginalizzazione.
L’uccisione del giovane Nahel, secondo alcuni giornali, sarebbe quindi la scintilla che ha riattivato il fuoco delle periferie, dove i servizi pubblici sono carenti, le opportunità mancanti, e dove le istituzioni - tra cui le forze dell’ordine - sono percepite come ostili e razziste.
Al di là delle dichiarazioni tempestive delle più alte cariche dello stato, che hanno condannato duramente la violenza del poliziotto, e del repentino arresto preventivo di questi, resta lo sfondo di una Francia molto divisa, e della mai risolta questione dell’integrazione degli immigrati - ormai in molti casi giunti alla terza generazione. Una divisione che le dichiarazioni profondamente razziste dei politici di estrema destra non fanno che fomentare.
© Riproduzione riservata