Il sì al negoziato di adesione è stato accolto con entusiasmo e nemmeno la notizia del blocco dei fondi europei ha abbattuto il morale. Con le sue riserve, il governo può resistere ancora un paio di mesi senza aiuti, spiega l’economista ucraino
L’inviata a Bruxelles non nasconde il suo entusiasmo. «Sono felice di dirvi che pochi minuti fa il Consiglio europeo ha dato il via libera al negoziato di adesione dell’Ucraina all’Unione europea», annuncia in collegamento con il telegiornale del consorzio dei sei principali canali televisivi ucraini pubblici e privati che dal 24 febbraio 2022 trasmettono notizie a reti unificate.
In sospeso fino all’ultima a causa dell’opposizione del primo ministro ungherese Viktor Orbàn, l’annuncio è stato accolto con un sospiro di sollievo a Kiev e nelle altre grandi città ucraine, un’interruzione provvidenziale nel flusso di cattive notizie sul fronte militare e su quello politico interno che si sussegue da mesi. Nemmeno il veto di Orbàn sugli aiuti economici, arrivato poche ore dopo, è riuscito a scalfire l’entusiasmo. Per gli ucraini, il vertice di Bruxelles rimane un bicchiere mezzo pieno.
Simboli e soldi
Il sì al negoziato di adesione arriva in un momento simbolico per il paese, a quasi dieci anni esatti dall’inizio della rivoluzione di Maidan, nell’inverno del 2013, quando milioni di ucraini sono scesi in piazza per protestare contro l’interruzione delle trattative con l’Unione voluta dall’allora presidente Viktor Yanukovich. «Questa è una vittoria per l’Ucraina, una vittoria per l’Europa, una vittoria che ci rafforza e ci motiva tutti», ha celebrato il momento il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
I più prudenti si limitano a sottolineare che il voto di giovedì è per il momento simbolico e poco altro. Si tratta dell’inizio di un percorso che si annuncia lungo e pieno di ostacoli. Già il prossimo marzo, il Consiglio europeo dovrà riunirsi per una prima verifica dei progressi compiuti dal paese. Anche nella migliore delle ipotesi, gli effetti concreti di questa decisione si vedranno, forse, tra anni.
Nel frattempo, sul fronte più concreto, l’Europa ha mostrato ancora una volta le sue divisioni interne. I 50 miliardi di euro che avrebbero dovuto sostenere il governo ucraino fino al 2027 sono stati bloccati dal veto ungherese. Se ne riparlerà a metà gennaio.
Il vertice di ieri era cruciale per il finanziamento dell’Ucraina, spiega Yuri Gaidai, economista del Centro per le strategie economiche, un think tank di Kiev: « l’Unione europea è il più grande donatore e sostenitore dell’Ucraina» e se l’Europa fosse riuscita ad accordarsi, anche una riduzione o persino un blocco degli aiuti americani, al momento ostaggio dello scontro tra democratici e repubblicani al Congresso, non sarebbe stato un grosso problema. «Il ministero delle Finanze ucraino sarebbe in grado di coprire quanto manca se dovesse ammontare a meno di una decina di miliardi di dollari», dice Gaidai.
Per ora a Kiev continua a restare un buco da oltre 30 miliardi di euro da riempire nel bilancio del 2024. Nella peggiore delle ipotesi, il governo potrebbe essere costretto a tagliare la spesa pubblica di quasi un terzo e scegliere se continuare ad acquistare armi o pagare pensioni e stipendi. Ma, per fortuna, questa scelta non si presenterà subito. Anche se gli aiuti americani ed europei termineranno a gennaio, con l’arrivo del nuovo anno, il ministero delle Finanze ucraino ha riserve di valuta estera e fondi accantonati sufficienti a soppravvivere senza dover fare tagli per almeno un paio di mesi, spiega Gaidai.
Difficile che in ogni caso si arrivi a tanto, stimano diplomatici ed analisti. Ai margini del Consiglio europeo e nelle settimane precedenti, gli sherpa degli stati membri hanno già inziato a studiare la possibilità di finanziare l’Ucraina tramite accordi bilaterali, aggirando così il rischio di veti in sede di Consiglio. Sarebbe un fallimento per le istituzioni europe e un pericoloso precedente, ma eviterebbe a Kiev scelte difficili.
La questione delle armi
Per il momento non c’è molta preoccupazione nemmeno sul fronte degli aiuti militari. Mentre in diversi momenti critici degli ultimi due anni le forze armate ucraine non hanno esitato a rendere pubbliche le loro difficoltà e a chiedere maggiori contributi da parte degli alleati, al momento i vertici militari appaiono silenziosi, nonostante il blocco degli aiuti, in particolare di quelli americani, rischia di diminuire considerevolmente il flusso di equipaggiamenti diretti nel paese.
Una delle ragioni principali è una sorta di trucco contabile che il dipartimento della Difesa sta utilizzando senza tanto clamore. Secondo il Pentagono, il valore degli equipaggimenti spediti in Ucraina fino all’autunno era stato sopravvalutato di circa 6 miliardi di dollari. Questi fondi “avanzati” non si possono usare per acquistare nuove armi, ma possono essere impiegati per inviare in Ucraina armi e munizioni già presenti nel paese, ed è quello che sta succedendo da mesi.
Nel frattempo, gli alleati europei hanno accresciuto i loro contributi militari per sopperire alle mancanze americane. Secondo i dati del Kiel Institute, la Germania è arrivata a donare all’Ucraina oltre 17 miliardi di euro in equipaggiamenti militari, oltre un terzo di quanto speso dagli Usa. Anche se guardando alla prossima primavera ed estate la situazione resta incerta, per il momento le forze armate ucraine non rischiano di restare senza armi.
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