- A tre mesi dalla morte di Mahsa Amini e dall’inizio delle proteste in Iran contro il regime della Repubblica islamica, lo scorso 3 dicembre il procuratore generale iraniano, Mohammad Jafar Montazeri, ha annunciato l’abolizione della polizia morale.
- Ma perché le autorità iraniane hanno deciso di abolire la polizia morale?
- Diversi attivisti iraniani hanno sollevato dubbi sulla reale abolizione del corpo poliziesco. C’è chi accusa il regime di ridistribuire gli agenti in altri servizi di sicurezza e chi invece afferma che sia ancora in vigore accusando il governo di diffondere fake news all’occidente.
Sono passati tre mesi dalla morte di Mahsa Amini e dall’inizio delle proteste in Iran contro il regime della Repubblica islamica. Lo scorso 3 dicembre il procuratore generale iraniano, Mohammad Jafar Montazeri, ha annunciato l’abolizione della polizia morale. Una notizia senza precedenti, in un paese governato da un regime teocratico, con un’interpretazione estremamente conservatrice dell’Islam fin dal 1979.
Ma sui social diversi attivisti hanno espresso dubbi sulla veridicità della notizia e preoccupazioni su un possibile calo dell’attenzione da parte della comunità internazionale, mentre la repressione delle proteste continua, anche con l’uso delle armi. Le ultime notizie, con la prima esecuzione di una condanna a morte, sembrano solo confermare che le autorità iraniane non hanno fatto alcun passo indietro.
Un passo indietro?
E allora da dove deriva la decisione di abolire la polizia morale? Il corpo poliziesco è sempre stato percepito come repressivo da parte della popolazione che più volte ha organizzato manifestazioni chiedendone l’abolizione. Tuttavia, la scintilla che ha scatenato le proteste risale al 16 settembre scorso, quando Mahsa Amini, una giovane ragazza di 22 anni, è morta dopo essere stata fermata per strada da alcuni agenti della polizia morale perché non indossava correttamente il velo islamico, come invece previsto dalla legge nazionale fin dal 1983. Dopo essere stata fermata, Amini è stata portata in una stazione di polizia dove è stata picchiata dagli agenti. È morta dopo tre giorni di ricovero in ospedale.
La notizia è circolata in tutto il paese e ha scatenato le proteste di massa che durano fino a questi giorni. Con l’annuncio dell’abolizione della polizia morale Teheran spera di sedare i moti di protesta. Tuttavia, i manifestanti non chiedono solo l’abolizione del corpo di polizia teocratico, ma anche un cambio di governo e un nuovo apparato statale non basato su un’interpretazione restrittiva della legge islamica che garantisca i diritti umani e civili dei suoi cittadini.
Non è un caso se, durante le proteste, uno degli slogan più diffusi chiede la morte dell’Ayatollah Khamenei, la guida religiosa suprema del paese. La sorella, Badri Hossein Khamenei, ha critto in una lettera pubblicata dalla Stampa che «il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per realizzare i suoi diritti».
Cos'è la polizia morale
La Gasht-e-Ershad, conosciuta come polizia della moralità, è un’unità delle forze di polizia iraniane – composta sia da uomini sia da donne – istituita dall’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2005. Il suo compito è quello di far rispettare il codice di abbigliamento islamico in pubblico e di punire chi trasgredisce le regole in vigore. Tuttavia le norme non sono molto dettagliate. Si limitano a chiedere ai cittadini di vestirsi con abiti larghi, alle donne di indossare il velo una volta raggiunta l’età della pubertà e lasciano ampio spazio alla discrezionalità interpretativa degli agenti.
Chi trasgredisce la sharia islamica riceve, nel migliore dei casi, un avviso e una lezione su come indossare correttamente il velo o su quali siano le regole da seguire. Ma sono migliaia le donne che sono state invece detenute per aver violato la legge.
Fin dall’entrata in vigore dell’obbligatorietà del velo islamico, si sono susseguite una serie di proteste che non sono riuscite ad abolire la polizia morale. Negli ultimi anni ha avuto anzi un ruolo sempre più pervasivo e i pattugliamenti nelle grandi città sono aumentati, anche attraverso il dispiegamento di agenti in abiti civili. La situazione è diventata ancora più critica da quando, nell’estate del 2021, è stato eletto come presidente l’ultra conservatore Ebrahim Raisi.
I dubbi sulla sua abolizione
Diversi attivisti iraniani hanno sollevato dubbi sulla reale abolizione della polizia morale. Il procuratore generale iraniano, Mohammad Jafar Montazeri, si è limitato a dire che «non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l’ha creata», ma non ha specificato che fine faranno le migliaia di agenti sparsi su tutto il territorio.
C’è chi infatti accusa il regime di aver soppresso il corpo ma di aver ridistribuito gli agenti in altri servizi di sicurezza e chi invece afferma che sia ancora in vigore, accusando il governo di diffondere fake news all’occidente.
Il 5 dicembre l’alto funzionario iraniano Ali Khan Mohammadi, portavoce del comitato che sovrintende all’applicazione dei valori morali, ha confermato che la polizia morale è stata abolita e il governo deciderà se il corpo assumerà un’altra forma. Ma anche se l’abolizione della polizia morale è effettiva ed entrerà in vigore nell’immediato, l’obbligatorietà di indossare l’hijab persiste e dalle donne iraniane viene vista come una negazione della loro libertà personale.
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