L’accordo sul grano, che oggi doveva essere prorogato, è stato invece interrotto dalla Russia. Vladimir Putin chiede l’allentamento di alcune sanzioni e usa l’accordo come arma di ricatto.
Ritorna l’incertezza sul Black Sea Grain Initiative – l’accordo sul grano siglato il 22 luglio 2022 da Ucraina, Russia, Turchia e Nazioni Unite – che ha permesso fino a oggi che le esportazioni di grano dell’Ucraina arrivassero al resto del mondo. Infatti, nonostante si attendesse il rinnovo, la Federazione Russa ha fatto sapere che non verrà prorogato. «Gli accordi sul patto sul grano sono stati effettivamente terminati e l’accordo è stato interrotto»: ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov.
L’annuncio è arrivato poche ore dopo che l’Ucraina ha colpito il ponte di Crimea, uno snodo logistico fondamentale per l’esercito russo, in un attacco che è stato definito «terroristico» dal Cremlino. Nonostante la coincidenza temporale e le indiscrezioni degli ultimi giorni secondo le quali la Russia avrebbe rinnovato l’accordo sul grano, Peskov ha chiarito che la sospensione dell’accordo non ha nulla a che vedere con l’attacco al ponte.
La notizia del mancato rinnovo ha messo subito in allerta la comunità internazionale per le catastrofiche conseguenze che potrebbe avere sugli approvvigionamenti alimentari di paesi poveri come Egitto e Tunisia. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha mostrato la sua contrarietà alla decisione del presidente russo, Vladimir Putin: «Condanno fermamente la mossa cinica della Russia di porre fine all’Iniziativa per i cereali del Mar Nero, nonostante gli sforzi delle Nazioni Unite e della Turchia. L’Ue sta lavorando per garantire la sicurezza alimentare per le persone vulnerabili del mondo». Parole di biasimo arrivano anche dall’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, Josep Borrell, che ha detto: «Devo incolpare la Russia per tali decisioni del tutto ingiustificate, questo è usare la fame come arma».
Anche i mercati hanno reagito negativamente alla notizia dell’interruzione dell’accordo. Infatti, lunedì i futures sul grano sono saliti del 3,4 per cento e alcuni analisti finanziari credono che il non rinnovo dell’accordo sia un tentativo di Putin di far alzare i prezzi del grano, di cui la Russia è anch’essa esportatrice.
In questa direzione va la dichiarazione del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, che ha detto: «la Russia usa la fame come strumento per ricattare il mondo intero e perseguire i propri interessi. L’anno scorso, quando l'iniziativa per l’export di grano attraverso il mar Nero è stata attuata, i prezzi alimentari a livello globale sono scesi del 20 per cento con il mandato rinnovo torneranno a salire».
Le richieste di Putin
La Russia si è più volte lamentata dei termini e dell’attuazione del Black Sea Grain Initiative. Infatti, anche oggi, in occasione dell’annuncio della sospensione dell’accordo, Dmitrij Peskov ha aggiunto: «Non appena la parte russa sarà soddisfatta tornerà immediatamente l’attuazione di tale accordo. Solo dopo aver ricevuto risultati concreti, e non promesse e assicurazioni, la Russia sarà pronta a considerare il ripristino dell’affare». Infatti, negli scorsi giorni il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha mandato a Putin una lettera contenente delle proposte per trovare un punto di incontro sulla proroga dell’accordo sul grano. Ma, evidentemente, questo tentativo non ha ancora sortito alcun effetto. Vladimir Putin si lamenta da tempo che la parte dell’accordo che riguarda la Russia non sia mai stata attuata, al contrario di quella relativa all’Ucraina. In particolare il presidente russo chiede l’allentamento di alcune sanzioni di Ue e Usa. Tra le richieste russe figura la rimozione dell’export di grano e fertilizzanti dalla lista delle sanzioni e la riconnessione al circuito Swift della banca agricola Rosselkhozbank. I vertici delle Nazioni Unite si stanno, dunque, adoperando per fare alcune concessioni a Putin con l’obiettivo che le esportazioni di grano ricomincino il prima possibile. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, che è il garante e il promotore del Black Sea Grain Initiative, sembra però ottimista: «Nonostante la dichiarazione fatta oggi, credo che il presidente russo Putin voglia che questo ponte umanitario continui». Il presidente Erdogan ha inoltre annunciato un incontro tra i ministri degli esteri turco e l’omologo russo per poter parlare della questione fin da subito, senza aspettare che Erdogan ritorni dal suo viaggio in Arabia Saudita.
In questo scenario il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky ha comunicato la sua volontà di prorogare l’accordo anche senza l’adesione della Russia, una soluzione che al momento sembra poco realizzabile.
L’Accordo del Mar Nero
L’accordo sul grano – anche chiamato Accordo del Mar Nero – ha garantito il passaggio sicuro delle navi da carico dai porti ucraini nonostante la guerra, trasportando un totale di quasi 33 milioni di tonnellate di beni alimentari destinate ai mercati mondiali. L’accordo era stato siglato con lo scopo di scongiurare una crisi alimentare mondiale, infatti l’Ucraina è uno dei maggiori esportatori di grano al mondo e le sue colture sono di vitale importanza per molti paesi in via di sviluppo. Ma dai dati relativi alle esportazioni avvenute a seguito dell’accordo si evince che la maggior parte del grano ucraino non è affatto andato ai paesi più bisognosi, come quelli africani. Infatti, i dati del Black Sea Grain Initiative
Joint Coordination Centre mostrano che, su un totale di 32,9 milioni di tonnellate di prodotti agricoli (in prevalenza mais e grano), la maggior parte è andata a Cina (5,7 milioni), Spagna (3 milioni) e Italia (1,3 milioni). Una situazione molte diversa a quella del 2021 dove i maggiori importatori di grano ucraino erano Egitto, Indonesia, Pakistan, Nigeria e Etiopia. Nonostante questo, però, i dati del Black Sea Grain Initiative
Joint Coordination Centre evidenziano che sul totale delle esportazioni, la maggior parte è andata a paesi in via di sviluppo (circa il 57 per cento).
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