- Gli eventi degli ultimi giorni hanno relegato a un ruolo marginale la missione di pace del Vaticano in Russia.
- Secondo le fonti ufficiali russe Zuppi non vedrà né Putin né il ministro degli Esteri Lavrov ma incontrerà solo il consigliere del Cremlino Ushakov.
- Resta aperto invece il canale con il patriarcato di Mosca che ha riannodato i fili del dialogo col Vaticano. Il pessimismo realista del cardinale Parolin.
La missione del cardinale Matteo Zuppi a Mosca prosegue, anche se appare sempre più condizionata dai recenti avvenimenti che hanno aperto una crisi interna al regime e i cui sviluppi, per altro, sono ancora in corso. Per tale ragione il tradizionale riserbo che accompagna iniziative di questo tipo è accresciuto dall’incertezza politica che circonda il Cremlino in questi giorni.
Di certo l’inviato di papa Francesco è dovuto partire alla volta della capitale russa in un momento particolarmente delicato, d’altro canto era necessario dare seguito, dal punto di vista del Vaticano, alla prima parte della missione, quella svoltasi a Kiev all’inizio de mese di giugno. Ma a Mosca il presidente della Cei non avrà – a meno di sorprese dell’ultim’ora – incontri al massimo livello sotto il profilo politico.
Il portavoce del Cremlino, Dmtri Peskov, ha fatto sapere nella giornata di mercoledì 28 giugno, che «su incarico di Vladimir Putin il consigliere presidenziale Yuri Ushakov terrà oggi con Zuppi un colloquio per discutere la situazione riguardante il conflitto in Ucraina e naturalmente le possibili vie per una soluzione politica e diplomatica». Stranamente nel comunicato non si fa riferimento a quei «gesti di umanità, che possano contribuire a favorire una soluzione alla tragica situazione attuale» evocati dalla Santa sede come uno dei motivi della visita del cardinale italiano nella capitale russa.
Al contrario, per tragica ironia della sorte, mentre Zuppi volava alla volta di Mosca venivano diffuse le notizie circa il bombardamento della città ucraina di Kramatorsk, nel quale trovavano la morte almeno 10 persone fra cui diversi bambini. Ushakov, in ogni caso, è certamente un politico con esperienza diplomatica significativa, ma si tratta pur sempre di una seconda linea.
Il nodo dei bambini rapiti
«Abbiamo ripetutamente affermato – ha affermato poi seguito Peskov – di avere un alto apprezzamento degli sforzi, delle iniziative del Vaticano nella ricerca di una soluzione pacifica alla crisi ucraina e accogliamo gli sforzi del papa nel contribuire alla cessazione del conflitto armato». Parole che sembrano avere però più che altro un contenuto formale. Fra l’altro, almeno stando alle notizie ufficiali, non sembra che Zuppi avrà un incontro nemmeno col ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
Se tutto questo sarà confermato, se cioè l’inviato del papa non avrà modo di parlare né col presidente né col capo della diplomazia di Mosca, sarà evidente che al Cremlino, al di là delle espressioni di facciata, almeno in questo frangente, non danno grande importanza agli sforzi di pace promossi dalla Santa sede.
Si tenga anche presente che quando Zuppi si è recato a Kiev il 5 e 6 giugno scorsi, si è confrontato col presidente Volodymyr Zelensky, e con la vicepremier Iryna Vereshchuk, in qualità di responsabile delle questioni umanitarie con riferimento al problema dei bambini rapiti durante il conflitto e deportati in Russia.
In questo contesto vale la pena ricordare che la Corte penale internazionale, ha spiccato un mandato d’arresto con l’accusa di aver commesso crimini di guerra, contro il presidente Putin e nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino, proprio in relazione al rapimento dei bambini ucraini. Tuttavia, nelle comunicazioni ufficiali non c’è traccia di un incontro del cardinale con quest’ultima.
Il patriarcato di Mosca
D’altro canto, la missione del cardinale Zuppi avrà comunque un momento chiave nel colloquio che dovrebbe avenire giovedì con il patriarca ortodosso Kirill. È anzi probabile che pure gli aspetti politico-umanitari saranno trattati con cura in questa occasione. Non va dimenticato, infatti, che nelle settimane scorse il responsabile delle relazioni esterne del patriarcato, il metropolita Antonij, era stato a Roma e in Vaticano dove aveva avuto una serie di faccia a faccia estremamente importanti.
Si era infatti incontrato con il segretario di Stato vaticano, cardinale Piero Parolin, con il responsabile per i rapporti con gli stati, monsignor Paul Gallagher, e aveva avuto anche modo di salutare il papa appena rientrato a Santa Marta dal ricovero al Gemelli. Inoltre aveva avuto uno scambio di opinioni pure con Andrea Riccardi, figura storica della Comunità di Sant’Egidio, organizzazione alla quale è molto legato lo stesso cardinale Zuppi.
Dunque c’è da credere che la tappa moscovita della missione dell’arcivescovo di Bologna sia stata preparata a dovere soprattutto guardando al dialogo fra le due chiese. Che da questo canale possa poi prendere forma un’iniziativa diplomatica più ampia è però cosa tutta da verificare. D’altro canto, pesano in questo contesto, le parole del cardinale Parolin pronunciate lo scorso 21 giugno a Udine: «Per la pace in Ucraina nutro una speranza realista. Nel senso che dobbiamo continuare a offrire canali di pace con la mediazione e i buoni uffici, ma non mi pare che attualmente ci siano grandi prospettive che queste offerte siano accettate».
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