Una campagna vaccinale spedita e i dati economici che mostrano una leggera ripresa. Per il Regno Unito ci vorrà parecchio per uscire dalla crisi economica più dura degli ultimi trecento anni che ha portato a un crollo del Pil del 9,9 per cento, ma secondo l’analisi del Guardian «c’è luce in fondo al tunnel»
A un anno di distanza dal primo lockdown e con il virus ancora imperante in tutta Europa, il Regno Unito si trova a fare i conti con la crisi economica in un momento in cui la campagna vaccinale è a pieno regime.
«La Gran Bretagna deve ancora affrontare una lunga strada per riprendersi dalla peggiore recessione degli ultimi 300 anni» scrive Richard Partington sul Guardian riportando l’analisi di Andy Haldane, il capo economista della Banca d’Inghilterra. Secondo Haldane, la transizione post Covid-19 non sarà destinata a essere come negli anni Ottanta in cui ci è voluta una intera generazione per riprendersi dalla crisi provocata dal declino industriale. Questa volta sarà più facile per i lavoratori disoccupati passare a nuovi lavori perché le perdite sono state concentrate nel settore dei servizi dove le competenze sono più facilmente trasferibili.
Tuttavia, è necessario un maggiore sostegno per i lavoratori disoccupati per evitare danni di lungo periodo. Proprio per questo, dice Haldane, le misure varate dal governo «dovranno aumentare di scala, ed espandersi nella portata».
I dati della crisi
Dopo aver iniziato il lockdown più tardi di altri paesi europei e aver mantenuto le restrizioni più a lungo la scorsa estate, la Gran Bretagna ha subito un declino del Pil pari al 9,9 per cento nel 2020, i dati peggiori tra gli stati del G7.
Miliardi di sterline hanno mantenuto a galla e garantito la sopravvivenza di interi comparti dell’economia, un po’ come accaduto in Italia e nel resto d’Europa. Ma oggi il vaccino offre la speranza per una ripresa più forte, visto che «il Regno Unito fa progressi più veloci di altre grandi economie» scrivono dal Guardian.
La disoccupazione britannica ha tassi più bassi di quanto si temeva la scorsa estate, grazie anche ai piani statali che hanno cercato di contenere i licenziamenti. Oggi il tasso di disoccupazione è intorno al 5 per cento, ma con la fine dei programmi di sostegno si teme che possa raggiungere un 6,5 per cento.
La vendita di prodotti online ha avuto un boom senza precedenti, così come gli acquisti in tema giardinaggio e ciclismo. Tuttavia, non tutti comparti dell’economia sono riusciti a sopravvivere al Covid-19 e il settore dell’abbigliamento ha avuto una brusca frenata, con 11mila esercenti che hanno abbassato le saracinesche e non le rialzeranno mai più. Invece, le aziende del turismo e gli hotel hanno registrato un’impennata nelle prenotazioni, dando segnali positivi.
Ripresa ma non per tutti
«Ci sono speranze che una ripresa guidata dai consumatori possa prendere piede, alimentata da 180 miliardi di sterline di risparmi familiari in più accumulati». Risparmi che sono aumentati tra i pensionati e chi ha continuato a lavorare, anche in smart working. I cittadini con reddito basso hanno invece risentito maggiormente dal blocco delle attività economiche, aumentando così le disuguaglianze sociali e finanziarie.
La crisi ha colpito i lavoratori più giovani, quelli con meno esperienza e competenza, che vanno sostenuti «attraverso politiche strutturali incentrate sulle competenze» ha concluso Haldane.
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