Il bagno di folla ricevuto dal presidente russo in Cecenia, la sua visita nell’Ossezia del nord, ma è soprattutto la visita del premier cinese a porre il Cremlino nella condizione di dimostrare al mondo occidentale la «compattezza» dei suoi «nuovi e vecchi» alleati e partner economici, alla luce dell’offensiva ucraina a Kursk
L’offensiva ucraina nella regione di Kursk non cambia l’agenda politica degli incontri e dei viaggi del presidente Vladimir Putin. Dal bagno di folla che Putin ha ricevuto a Vladikavkaz alla sua visita in Cecenia, dove non si recava dal 2011, per diventare “cittadino onorario” e abbracciare il leader Ramzan Kadyrov sulla tomba del padre Akhmat, ucciso in un attentato nel 2004.
In quest’occasione Putin ha anche compiuto un gesto inaspettato, – il bacio simbolico del Corano – che ha colpito gran parte degli analisti post-sovietici, ma che cela, evidentemente un mero interesse strategico: attirare e consolidare il sostegno politico degli alleati musulmani, soprattutto nel caso in cui la vittoria di Donald Trump comporterebbe l’applicazione del suo “Muslim Ban” che predispone il divieto d’ingresso per 90/120 giorni ai cittadini di sette paesi musulmani per questioni di “sicurezza nazionale”.
Inoltre, il presidente russo ha visitato, per la prima volta dopo il 2008, il memoriale della scuola n.1 di Beslan nell’Ossezia del Nord dove morirono nel 2004 circa 190 bambini in seguito ad un attacco terroristico, composto da fondamentalisti islamici e separatisti ceceni.
Ma è l’incontro con il premier cinese, Li Qiang, che suscita un particolare interesse per la tempistica e i contenuti del colloquio, che prevedono, tra l’altro, la consegna dell’invito di Putin al presidente Xi Jinping a partecipare al prossimo vertice dei paesi Brics in programma a Kazan ad ottobre.
Sul tavolo vi sono alcune questioni di natura commerciale tra i due paesi che devono essere ulteriormente affrontate, come la costruzione del gasdotto Siberia su cui la Cina sembra tergiversare e tenere in stand by il Cremlino, e, nelle parole di Putin, lo sviluppo di «piani congiunti su larga scala, progetti in ambito economico e umanitario (…) per molti anni a venire». Il premier cinese ha già anticipato la volontà «di lavorare con la Russia per rafforzare la cooperazione concreta e a tutto campo».
Russia-Cina
Dal comunicato congiunto diffuso pubblicato dall’agenzia di Stato cinese, Xinhua, Cina e Russia hanno concordato di «ottimizzare la struttura del commercio», aumentare il volume degli scambi bilaterali e «promuovere lo sviluppo del commercio elettronico», impegnandosi «a espandere la cooperazione reciprocamente vantaggiosa nell'Artico», nonché il commercio agricolo bilaterale.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha anche affermato che il ventinovesimo incontro tra i capi di governo cinese (Li Qiang ) e russo (Michail Mišustin) avviene «sotto la guida dei due capi di Stato» in un contesto internazionale il cui «le relazioni Cina-Russia hanno eliminato le interferenze esterne e mantenuto uno sviluppo sano e stabile».
Come interpretare queste dichiarazioni e questa visita del premier cinese a Mosca nelle attuali dinamiche internazionali?
Se si guarda alla Cina, ormai è da alcuni mesi che Xi Jinping cerca di rafforzare la propria posizione di mediatore nei conflitti («facilitatore decisivo», secondo fonti Nato), ma anche di rinsaldare economicamente e in chiave geostrategica il blocco euroasiatico, partendo dall’Asia centrale. A luglio il presidente cinese ha, infatti, incontrato quello kazako, Kassym-Jomart Tokayev ad Astana per rimarcare quell’amicizia tra i due paesi che «affonda le sue radici nell’antica Via della Seta, che si è protratta per migliaia di anni, e nei 32 anni di cooperazione iniziata con l’allacciamento delle relazioni diplomatiche bilaterali».
Spostandosi verso l’Europa, il premier cinese è stato invitato in questi giorni anche dal presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, che ha visitato la Cina due volte nel 2023, rassicurando Pechino sulla sua «affidabile partnership». A tal riguardo, la Bielorussia è entrata ufficialmente nell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai (Sco), diventando il decimo Paese del blocco intergovernativo che la Cina intende potenziare come contrappeso all’Alleanza atlantica, guidata dagli Stati Uniti.
Sul fronte russo, sebbene gli incontri e la visita del premier cinese fossero già stati inseriti da tempo nell’agenda politica, pongono il Cremlino nella condizione di dimostrare al mondo occidentale la «compattezza» dei suoi «nuovi e vecchi» alleati e partner economici alla luce dell’offensiva ucraina a Kursk: una compattezza che la guerra in Ucraina sembra aver consolidato in un patto d’acciaio.
Sia che si tratti di chiedere un aiuto di risorse umane a Kadyrov, da utilizzare nel fronte di Kursk per evitare una nuova mobilitazione di soldati russi, sia che l’obiettivo principale consista in un’ulteriore spinta propulsiva nella cooperazione economica, per Putin, la visita del premier cinese assume un significato da sfruttare, ancora una volta, sia in chiave domestica nei confronti dell’opinione pubblica russa (la Cina è nostra amica, l’Occidente è il vero nemico) sia a livello internazionale nella sfida alle democrazie occidentali.
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