- La deterrenza non ha funzionato e il presidente Vladimir Putin ha deciso comunque di invadere l’Ucraina nonostante sanzioni fossero state minacciate.
- Ma le misure decise da Stati Uniti, Unione europea e molti altri hanno reso l’operazione militare molto più costosa e costituiscono un freno decisivo allo sviluppo russo di armamenti moderni nel medio periodo.
- La funzione primaria delle sanzioni è quella di indebolire strutturalmente le capacità militari della Russia anche al costo di colpire duramente la popolazione.
Le sanzioni sono uno degli strumenti principali adottati per affrontare l’invasione Russia dell’Ucraina e sono in molti a chiedersi se stiano funzionando. La risposta breve è: sì.
Mentre la deterrenza non ha funzionato e il presidente Vladimir Putin ha deciso comunque di invadere l’Ucraina nonostante sanzioni fossero state minacciate, le misure decise da Stati Uniti, Unione europea e molti altri hanno reso l’operazione militare molto più costosa e costituiscono un freno decisivo allo sviluppo russo di armamenti moderni nel medio periodo.
Non è facile trovare precedenti analoghi a questa situazione e la nebbia della guerra non rende agevole il compito, ma è possibile rispondere ad alcune domande su come le sanzioni internazionali possano essere considerate utili nel conflitto ucraino.
A cosa servono le sanzioni?
Le sanzioni possono contribuire alla politica estera in vari modi, ma da sole non possono ottenere grandi risultati. Infatti le sanzioni sono sempre utilizzate per integrare una strategia più ampia che include anche altre iniziative.
Nel caso specifico, la vendita di armi e i vari tentativi diplomatici sono da annoverare tra gli aspetti più significativi della strategia adottata da una grande parte della comunità internazionale guidata dall’occidente.
Le sanzioni in questi contesti possono fare due cose. La prima è avere un effetto deterrente per prevenire un’azione, in questo caso l’invasione Russia.
Molti sostengono che la deterrenza abbia fallito, ma una condizione centrale per ottenere dei risultati sarebbe stata quella di annunciare esattamente le sanzioni che avrebbero seguito l’invasione, invece erano stati pochissimi quelli che avrebbero scommesso su una reazione così veemente da parte degli Stati Uniti, ma soprattutto dell’Unione europea.
Quindi la deterrenza non ha funzionato perché la minaccia delle sanzioni non è stata formulata in modo credibile.
La seconda funzione delle sanzioni è quella di contribuire ad obiettivi di politica estera attraverso la coercizione, il contenimento o il signalling..
Le sanzioni possono essere utili per cambiare il comportamento degli stati o degli individui e questa sarà una carta importante durante l’inevitabile negoziato che dovrà avvenire fra le parti.
La funzione primaria delle sanzioni è quella di indebolire strutturalmente le capacità militari della Russia anche al costo di colpire duramente la popolazione che verrà inevitabilmente colpita.
Infine, non bisogna mai dimenticare il ruolo simbolico che le sanzioni hanno in politica estera.
La minaccia e l’imposizione di sanzioni, soprattutto così dure e condivise da un così grande numero di alleati, ha un ruolo fondamentale nello stigmatizzare una violazione seria del sistema internazionale e mandare un segnale chiaro di sostegno al popolo Ucraino.
Che impatto stanno avendo le sanzioni?
Le sanzioni colpiscono tanti settori ed entità e si inseriscono in un contesto di guerra, pertanto è difficile individuare con precisione quale sia l’impatto. Tuttavia si possono dire almeno tre cose.
La prima è che il congelamento delle riserve della Banca Centrale ha creato una forte pressione sul rublo che ha richiesto grandi sforzi per essere gestita.
In molti hanno guardato la tenuta della moneta russa dopo un primo iniziale crollo ed hanno pensato che, quindi, le sanzioni non hanno funzionato. La realtà è invece molto differente.
Da un lato, le risorse derivanti dalla vendita del gas e petrolio sono quasi interamente dirottate all’acquisto di rubli, quindi difficilmente possono essere utilizzate per altre ragioni.
Dall’altro, il tasso di interesse al 20 per cento deciso subito dopo il congelamento delle riserve della Banca centrale costituisce un freno molto importante agli investimenti privati, quindi la tenuta del rublo si deve ad un prestito chiesto al futuro del paese.
Le sanzioni agli istituti finanziari hanno reso qualsiasi scambio commerciale non legato al mercato dell’energia problematico.
Questo riguarda soprattutto i beni sanzionati, come le armi, le tecnologie a duplice uso e i semiconduttori, ma gli effetti vanno ben oltre questi settori.
Sono infatti le banche che devono valutare se bloccare o autorizzare qualsiasi transazione finanziaria, ma visto il numero di individui, aziende e settori inclusi nelle liste nere dei vari paesi, la decisione più semplice nel breve periodo è quella di rigettare quasi tutte le transazioni.
Infine vanno menzionati gli effetti di medio e lungo periodo che per la Russia sono cruciali. Praticamente tutte le importazioni russe sono beni ad alto valore tecnologico senza i quali qualsiasi settore, anche quelli cruciali per l’estrazione delle risorse naturali che costituiscono il cuore delle esportazioni, verranno seriamente danneggiate.
Le economie nel 21esimo secolo non possono fare a meno della conoscenza e del sapere per essere competitive e le sanzioni renderanno più scarsi e più costosi semiconduttori, macchinari ed altri prodotti per i quali lo sviluppo di una produzione interna in grado di sostituire le importazioni correnti sarà virtualmente impossibile per decenni.
Quanto costano le sanzioni?
Le sanzioni dalla fine della Guerra fredda non avevano colpito così duramente un’economia vasta come quella russa, quindi è inevitabile che ci siano dei costi. Spesso sentiamo dire che la Russia ha un Pil come quello della Spagna, facendo intendere come sia piccolo rispetto all’economia mondiale. Ma significa, al contrario, che la Russia ha un’economia molto grande.
Nel 2020, la Russia ha esportato beni per un valore di 330 miliardi di dollari ed importato circa 220. Solo con l’Unione Europea, gli scambi sono arrivati a 250 miliardi di euro nel 2021. Fatta eccezione per il petrolio ed il gas, rimangono molti settori che sono stati duramente colpiti dalle sanzioni in maniera diretta o indiretta.
L’aumento dei costi per l’energia e la centralità di alcune materie prime esportate dalla Russia, come il palladio, il nichel ed il cromo, stanno avendo effetti seri di aumento di prezzi di moltissimi beni. Questo risultato è diretta conseguenza della centralità della Russia nelle catene del valore globali sui quali si è costruita la spina dorsale della globalizzazione negli ultimi decenni.
Alcune di queste conseguenze si sarebbero avute lo stesso perché la guerra avrebbe comunque avuto effetti economici importanti.
Per l’Italia i costi sono importanti più a causa dell’innalzamento dei prezzi che per la perdita di scambi commerciali. Nel 2021 il totale delle esportazioni è stato di 224 miliardi verso i paesi fuori dall’Unione europea, e solo 7.7 miliardi sono andati verso la Russia.
Su 190 miliardi di importazioni, solo 13 sono arrivate dalla Russia. Queste variazioni si inseriscono in un trend negativo di lungo periodo iniziato ancora prima dell’annessione della Crimea e non sono rilevanti in termini assoluti, ma la dipendenza da certe materie prime (il gas), l’aumento dei prezzi dell’energia unite all’esposizione di certi settori verso il mercato russo (alcune banche, export di lusso e macchinari) sono i problemi principali che l’Italia dovrà affrontare.
Il prezzo di un bene è uno dei fattori determinanti per capire se vale la pena acquistarlo, ma è altrettanto importante sapere cosa potremmo comprare con la stessa cifra in alternativa a quel bene. Lo stesso principio si applica alle sanzioni internazionali. Cosa potremmo fare in alternativa alle sanzioni per ottenere gli stessi risultati? Molto poco.
La diplomazia non sarebbe in grado di rendere costosa la decisione di invadere l’Ucraina nel breve periodo e di indebolire le capacità militari della Russia nel medio e lungo periodo.
Lo strumento militare sarebbe in grado di riequilibrare le sorti del conflitto, ma i rischi di questa operazione sono altissimi.
Al contrario, non imporre le sanzioni assicurerebbe un potere negoziale importante alla Russia e sarebbe un segnale lanciato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea di indifferenza verso la violazione di un principio di sovranità che da alcuni secoli permette di godere del benessere al quale ci siamo abituati.
Le sanzioni non sono uno strumento perfetto, ma permettono di raggiungere obiettivi importanti a un costo ancora accettabile. Per parafrasi, si potrebbe dire che le sanzioni sono uno strumento pessimo di politica internazionale, ad eccezione di tutti altri.
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