Dopo i disastri al fronte e l’attacco al ponte di Crimea, domani Putin presiederà una sessione del consiglio di sicurezza: potrebbe essere l’occasione per far cadere le teste del ministro della Difesa Shoigu e del capo di stato maggiore Gerasimov, o per annunciare una nuova escalation in Ucraina
Lunedì, il presidente russo Vladimir Putin presiederà una sessione del consiglio di sicurezza della Federazione russa. Secondo molti sarà l’occasione per una resa dei conti nelle alte gerarchie del regime dopo i disastri subiti al fronte e l’attacco al ponte di Crimea. Putin potrebbe utilizzare l’occasione per annunciare le misure che intende intraprendere in risposta alle recenti sconfitte e a quella che il Cremlino considera un’escalation degli attacchi da parte degli ucraini.
La riunione
Il Cremlino non ha dato indizi su quali saranno gli argomenti trattati nella riunione, ma gli analisti occidentali hanno diversi sospetti. Il consiglio di sicurezza è un organo consultivo che Putin ha usato in passato per coreografare le decisioni prese da solo o a porte chiuse con i suoi più stretti consiglieri. È stato durante una riunione di questo consiglio che Putin ha annunciato l’intenzione di riconoscere le cosiddette repubbliche separatiste del Donbass, la decisione che ha preceduto l’invasione dell’Ucraina.
Il consiglio è presieduto da Nikolai Patrushev, il più importante tra i falchi della cerchia ristretta di Putin, un cospirazionista e sostiene la necessità di una mobilitazione generale della società russa contro gli “anglosassoni” che sarebbero i veri manovratori dell’Ucraina. Negli ultimi anni è considerato sempre più influente sulla visione del mondo di Putin.
Convocata a sorpresa due giorni dopo l’attacco allo strategico ponte di Crimea, sembra inevitabile che la riunione questa volta tratterà della risposta che Putin intende dare a questa azione altamente simbolica e dannosa per il suo prestigio. Ma con chi se la prenderà: con i suoi gerarchi o con gli ucraini?
Lo scontro interno
Da alcune settimane la situazione nelle alte gerarchie del regime russo è caotica. L’offensiva di Kharkiv, quella di Kherson, gli errori nella mobilitazione e infine l’attacco al ponte, hanno causato un’ondata di critiche senza precedenti al modo in cui viene condottaa la guerra. Partite dai cosiddetti milblogger, commentatori di affari militari che utilizzano canali Telegram spesso con centinaia di migliaia di follower, le accuse sono sbarcate nei talk show di prima serata. E se qualche analista è finito arrestato o denunciato per aver esagerato, il Cremlino fino ad ora sta lasciando campo abbastanza libero ai superpatrioti.
Con Putin intoccabile per definizione, le critiche si concentrano sul ministro della Difesa Sergej Shoigu e sul capo di stato maggiore Valerij Gerasimov. A guidare l’attacco contro di loro ci sono il leader ceceno Ramzan Kadyrov e il miliardario russo finanziatore del gruppo paramilitare Wagner Evgenij Prigozin. Molti dei canali Telegram che attaccano Shoigu sono affiliati al gruppo Wagner e lo stesso Prigozin ha iniziato a mostrarsi sempre più spesso ultimamente, come nel video circolato poche settimane fa in cui lo si vede arringare un gruppo di detenuti in procinto di arruolarsi nella sua milizia. Secondo gli analisti occidentali, Prigozin punta a ottenere il posto di ministro della Difesa o comunque di vedere sostituito Shoigu con un ufficiale proveniente dai servizi di sicurezza, che considera a lui più vicini.
Se Putin non affronterà questo scontro, il rischio è che la comunità ultranazionalista, che sostiene attivamente la guerra e la mobilitazione, inizi a prendersela con lui, ha scritto nel suo ultimo bollettino l’Institute for the study of war. Per il momento, Putin si è limitato a nominare il generale Sergey Surovikin comandante in capo delle operazioni in Ucraina, una mossa apprezzata dai nazionalisti e dallo stesso Prigozin, ma che potrebbe non essere sufficiente.
La rappresaglia
Durante la riunione, Putin potrebbe anche annunciare una nuova escalation del conflitto e una rappresaglia contro l’Ucraina per l’attacco al ponte di Crimea, un infrastruttura strategica e altamente simbolica. Fino ad ora, il ministero della Difesa non ha commentato l’attacco e, secondo il sito dell’opposizione russa Meduza, nelle linee guida diffuse dal Cremlino ai media veniva specificato di minimizzare le conseguenze dell’attacco.
Questa assenza di risposta è un altro dei tasti dolenti per gli ultranazionalisti. Sabato, critiche per la mancanza di reazione sono arrivate anche da Vladimir Soloviev, conduttore Tv e uno dei più noti propagandisti del regime. Nel suo show e sul suo canale Telegram, Soloviev si è chiesto cosa aspetta l’esercito russo a colpire ponti, centrali elettriche e altre infrastrutture civili ucraine.
Ma le opzioni di Putin per arrivare a una nuova escalation sono limitate. Poco più di due settimane ha ordinato una mobilitazione “parziale” che sta procedendo tra mille difficoltà e che non mostrerà effetti concreti prima di settimane. Gli esperti, compresi quelli russi, hanno dubbi anche sul fatto che il Cremlino possa ordinare una campagna di attacchi contro le infrastrutture chiave ucraine, come i quartieri amministrativi di Kiev o le centrali elettriche, vista la crescente scarsità di munizioni di precisione a lungo raggio. Tra le poche opzioni che rimangono sul tavolo rimane quindi la più improbabile e pericolosa per lo stesso regime: quella delle armi atomiche.
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