- Le misure imposte dall’occidente contro la Russia rischiano di danneggiare i rapporti militari tra Mosca e i paesi africani maggiormente dipendenti dall’export bellico russo.
- La vendita di armi serve a Mosca per rafforzare i legami politici con i paesi africani e per ottenere il sostegno di almeno una parte dell’Unione africana in ambito internazionale, come si è visto di recente in sede Onu.
- L’eventuale vuoto lasciato dalla Russia in ambito militare potrebbe essere riempito da Cina e Turchia, già presenti nel continente e desiderose di espandere la propria influenza.
Le sanzioni imposte dall’occidente alla Russia rischiano di compromettere le relazioni tra la Federazione e l’Africa, in particolare per quanto riguarda il settore militare.
Mosca è il maggior esportatore di armi nel continente, ma l’esclusione delle banche russe dal sistema di pagamento internazionale Swift sta mettendo a dura prova le capacità delle aziende della difesa di tener fede ai contratti stipulati con i paesi africani.
I problemi però non riguardano solo le spedizioni di nuovi armamenti. A causa delle sanzioni, per la Russia sarà difficile anche fornire assistenza per le operazioni di ammodernamento e manutenzione, con conseguenze negative sulle capacità militari di quei paesi che fanno da tempo affidamento sui prodotti della Federazione.
La Russia in Africa
A oggi, le relazioni tra la Russia e i paesi africani nel settore della difesa sono particolarmente forti. Il 49 per cento dell’import di armi nel continente viene dalla Federazione, sia per quanto riguarda le armi di piccolo calibro sia quelle pesanti come carri armati, navi, elicotteri da combattimento e caccia.
I maggiori importatori di armamenti russi sono l’Algeria, l’Egitto, il Sudan, l’Angola, ma in totale sono 21 i paesi che comprano armi dalla Federazione. La Russia, secondo i dati dello Stockholm international peace research institute (Sipri), è stata inoltre la maggior fornitrice di armi per la regione sub-sahariana tra il 2016 e il 2020.
Un export che ha registrato una crescita del 5 per cento rispetto al quinquennio precedente, passando dal 25 al 30 per cento dell’export totale della regione.
Mosca vantava già in epoca sovietica il primato nell’esportazione di armi in Africa, ma il commercio bellico si è drasticamente ridotto dalla caduta dell’Urss fino ai primi anni Duemila.
L’inizio del nuovo millennio è invece coinciso con una ritrovata centralità della Russia nell’export di armi verso il continente africano, soprattutto grazie ai contratti stipulati con l’Algeria, principale importatore dei prodotti militari russi.
Nel periodo 2016-2020, le esportazioni della Federazione verso il paese nordafricano hanno raggiunto il valore di 4,2 miliardi di dollari grazie all’acquisto da parte di Algeri di elicotteri da combattimento, caccia, missili e carri armati. Secondo per livelli di import è invece l’Egitto, a cui la Russia ha fornito materiale bellico per oltre 3 miliardi.
I rapporti commerciali tra i due paesi si sono intensificati a partire dal 2013, anno del colpo di stato che ha portato al potere il generale Abdel Fattah al Sisi. Mosca ha approfittato della riduzione degli aiuti militari degli Stati Uniti per inserirsi nel mercato egiziano, arrivando a coprire il 31 per cento dell’import totale di armi del paese.
Un risultato che è stato possibile raggiungere anche grazie al disinteresse della Russia verso i livelli di democrazia dei paesi con i quali fa affari, tenuti generalmente in considerazione dagli stati occidentali. Il terzo paese per livelli di import militare russo in Africa è infatti l’Angola, che nel periodo 2016-2020 ha acquistato dalla Russia materiale militare per un valore di mezzo miliardo di dollari.
Non solo armi
Ma alla base delle relazioni tra la Russia e l’Africa non vi sono unicamente interessi economici. Nell’attuale sistema internazionale multipolare, Mosca vede i paesi africani come utili alleati in chiave anti-occidentale e ha saputo sfruttare la loro sfiducia verso gli ex colonizzatori e gli storici legami instaurati ai tempi dell’Urss per inserirsi nel continente.
Non a caso, in occasione del primo forum Russia-Africa tenutosi a Sochi nel 2019, il presidente russo Vladimir Putin ha definito una priorità della sua politica estera il rafforzamento delle relazioni con i paesi africani. Ottenendo già i primi vantaggi in ambito internazionale, come si è visto di recente in sede Onu.
Durante l’assemblea della Nazioni unite del 2 marzo in cui si chiedeva alla Federazione di interrompere l’offensiva contro Kiev, 25 dei 55 paesi dell’Unione africana si sono astenuti, non si sono presentati o hanno votato contro la risoluzione. Un segnale che ha reso evidente la vicinanza di alcuni stati del sud del mondo alla Russia.
Cina e Turchia
In mancanza dei prodotti della Federazione, i paesi africani maggiormente dipendenti dall’export della Russia dovranno rivolgersi ad altri acquirenti. Ad approfittare di questo vuoto di potere potrebbero essere Cina e Turchia, due potenze già presenti nel continente e ben liete di sottrarre terreno alla Russia.
Secondo i dati del Sipri, Pechino copre attualmente solo il 13 per cento dell’export di armi in Africa e la sua fetta di mercato non ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni.
Inoltre, a acquistare i prodotti cinesi sono per lo più paesi sub-sahariani, meno ricchi rispetto a quelli del nord Africa, saldamente nelle mani della Russia. Più del 50 per cento del mercato delle armi è concentrato in Egitto, Algeria e Marocco, paesi con cui la Cina non ha stipulato accordi di tipo militare.
Tra il 2000 e il 2018, il 90 per cento dell’import bellico di Zimbabwe, Mozambico, Namibia, Seychelles, Tanzania e Zambia e il 50 per cento di Burundi, Ghana e Kenya era di produzione cinese, ma si tratta trasferimenti che coprono solo il 2.5 per cento del mercato militare del continente.
Diverso il caso della Turchia, che negli ultimi anni ha continuato a espandere la propria influenza in Africa anche grazie al settore militare. L’export di armamenti è passato dai 41 milioni del 2020 ai 328 del 2021, secondo i dati dell’Assemblea generale degli esportatori, e il presidente Recep Tayyip Erdogan punta a un ulteriore incremento negli anni a venire.
La Turchia ha siglato accordi di cooperazione militare con 16 paesi africani e mira a diventare il terzo importatore di armi del continente. Ankara è anche riuscita a installare due basi militari in Somalia e Marocco e ha saputo sfruttare il successo dei suoi droni per rafforzare in poco tempo la sua presenza anche nel nord Africa.
Inoltre, il governo nelle ultime settimane ha velocizzato le procedure di approvazione dei memorandum firmati con diversi paesi africani, passaggio indispensabile per dare il via al trasferimento del materiale bellico.
La Turchia quindi, ancor più della Cina, potrebbe riuscire a espandersi ai danni della Russia nel continente africano, facendo anche leva sul successo dei suoi droni Bayraktar, dimostratisi particolarmente utili nel conflitto in Ucraina.
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