Con Biden l’economia americana ha raggiunto ottimi risultati su Pil e occupazione, ma forse non basterà a farlo rieleggere in una nazione che insieme al benessere ha bisogno di una visione di sé stessa.
Persuasa dallo slogan trumpiano «Make America Great Again», una larga fetta dell’elettorato Usa sembra non essersi accorta di quanto, nei fatti, sia stato Joe Biden ad aver reso gli Stati Uniti nuovamente grandi… almeno nelle finanze.
In poco più di tre anni, la “Bidenomics” ha capitalizzato gli investimenti in infrastrutture, transizione ecologica e componenti strategici, traducendoli in un incremento del 7,3 per cento del Pil e in cinque milioni di nuovi posti di lavoro, mentre la diminuzione dell’inflazione rendeva solidi e diffusi gli aumenti salariali. Di fronte a cifre simili, parrebbe logico scolpire il suo volto sulle pendici del monte Rushmore. E invece, il presidente in carica si trova ad inseguire Trump in tutti i sondaggi.
Questione di vibes
Gli analisti spiegano il fenomeno parlando di “vibecession”: uno scollamento tra le “vibes”, gli umori dei cittadini, e la realtà. È vero che gli indicatori economici non sempre trovano riscontro nella vita quotidiana, ma che si tratti anche di una questione di percezione è certificato da un dato su tutti: oggi solo il 28 per cento degli Americani giudica buone le condizioni economiche; nel 2020, in piena amministrazione Trump, erano il 57 per cento, nonostante la crescita reale fosse molto meno marcata.
Un divario nel giudizio che non si spiega solo con la propaganda elettorale, quanto piuttosto con un meccanismo insito nella stessa democrazia: chi vota, non fa bilanci, ma guarda al futuro. Per poter coltivare sogni e progetti, conta poco se oggi splende il sole: è essenziale poter confidare nel bel tempo di domani. Ed è probabile che gli Americani andranno alle urne timorosi delle nubi che si avvistano all’orizzonte: tra le più nere, la Fed che potrebbe alzare ancora il costo del denaro e le tensioni crescenti con Cina e Russia.
Alla luce di ciò, è chiaro come un maggior benessere individuale non sia sufficiente a rendere gli elettori soddisfatti. Platone ci aveva già messo in guardia sul fatto che l’eudaimonìa, una vita priva di preoccupazioni materiali, è solo una parte di un’esistenza piena. Per sentirci davvero appagati, abbiamo altrettanto bisogno di una direzione verso la quale poter orientare le energie di una vita attiva.
Una politica che si limita a creare reddito e posti di lavoro — senza, al contempo, offrire prospettive verso le quali i cittadini possano volgere sforzi e speranze — è una politica sterile di fronte al futuro di una nazione. Il suo compito dovrebbe piuttosto essere quello di stimolare la partecipazione all’azione verso la ricerca di un traguardo comune.
Il deficit
Dal sogno pionieristico allo sbarco sulla Luna, gli Stati Uniti non hanno mai mancato di porsi mete ambiziose. Ma per questa America che attende la tempesta, quale orizzonte si prospetta? In che direzione sta andando? Quale sarà il suo ruolo nel mondo?
Gli anni della presidenza Biden non sembrano aver saputo offrire risposte adeguate. Un deficit, per la verità, oramai cronico da tempo, indipendentemente dal colore politico dell’amministrazione in carica.
L’America di oggi appare piuttosto come una nave all’àncora con la cambusa piena: sapere che non si morirà di fame può anche stimolare ad issare le vele, ma non sarà sufficiente a dare all’equipaggio una rotta chiara e una motivazione forte per navigare insieme.
Senza direzione, allora, basterà uno slogan ben congegnato perché ognuno lo riempia dei propri desideri… che siano un’economia iper-liberista, o l’occupazione di Capitol Hill.
Gli americani possono consolarsi osservando un’Europa decisamente più alla deriva. Per l’ormai imminente tornata elettorale di Bruxelles, nessuno sembra porsi problemi di realtà o percezione. Sulla nostra nave siamo per lo più ignari di ciò che contenga la stiva, ma soprattutto siamo privi di una rotta ben delineata e di stimoli per una ciurma già stanca in partenza.
Di fronte alle nuvole minacciose che si profilano in lontananza, la strategia scelta dai leader del nostro continente è, al momento, quella di ignorarle: si preferisce voltarsi a contemplare la tratta eroica che ci ha portati in mezzo al mare prima che qualcuno gettasse la bussola fuoribordo.
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