Per raggiungere la Silicon Valley da Milwaukee, il centro dove Donald Trump è stato ufficialmente incoronato come candidato presidente alla convention dei Repubblicani, bisogna attraversare gli Stati Uniti, praticamente da un lato all’altro. Ma questa distanza, che è evidente prendendo qualsiasi cartina geografica, dal punto di vista simbolico non sembra più così netta.

Lunedì Trump si è presentato sul palco con l’orecchio vistosamente fasciato ed è stato accolto dall’ovazione dei suoi compagni di partito, mentre Lee Greenwood cantava God bless the Usa, «Dio benedica gli Stati Uniti». Ha scelto come suo candidato vice presidente, e forse come suo erede politico, J.D. Vance, il senatore dell’Ohio autore del best seller Elegia americana, che un tempo lo aveva definito «l’Hitler d’America».

Ma le idee sono fatte per cambiare in fretta, e non è più chiaro se questo sia un segno della forza della democrazia o della sua debolezza.

Le immagini della convention hanno riempito i social in tempo reale, rendendo l’incoronazione ancora più ufficiale. E costruendo un contraltare alle stesse immagini che continuavano ad essere condivise più o meno da 48 ore: il proiettile che saettava a pochi millimetri dal viso dell’ex presidente, il volto insanguinato, il pugno alzato nel cielo che più che ai sostenitori che stavano di fronte a lui, a Butler in Pennsylvania, sembrava già rivolto all’intera nazione.

ANSA

Investire a destra

Questo collage di istantanee fa capire bene quella che è un’ovvietà per ogni elezione, soprattutto negli Stati Uniti: ogni campagna elettorale vive in un contesto diverso e non si può paragonare questo voto a quello che c’è già stato nel 2020, anche se i candidati sono gli stessi. Non si può prevedere il futuro e quello che succederà da qui a novembre, ma questo cambio di atmosfera è facile da descrivere guardando proprio a quelle persone che con il futuro sono abituate a lavorare.

C’è stato un tempo in cui la Silicon Valley era il luogo dove si costruivano le più importanti battaglie progressiste, in cui lo sviluppo tecnologico era il mantra, quasi religioso, per un mondo più equo e meno disuguale, talvolta in un’evidente ipocrisia con le regole dettate dalle ambizioni monopolistiche di certe piattaforme. Tutto questo non è scomparso del tutto e il governatore della California, l’ex sindaco di San Francisco Gavin Newsom, è ancora un democratico.

Ma nel mondo degli affari, così come abbiamo visto succede fra i candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti, è facile cambiare idea. Come ha raccontato il New York Times, alcuni dei principali investitori del mondo tech stanno diventando sempre più conservatori. Fra di loro, David Sacks nel 2021 aveva detto che Trump non si sarebbe più potuto candidare dopo aver promosso l’assalto al Campidoglio. Ora raccoglie fondi in suo sostegno, dicendo pubblicamente che in fondo ha più divergenze con Biden. E così fa anche Chamath Palihapitya di Social Capital, che in passato ha sostenuto i democratici.

Martedì è stata diffusa la notizia che anche Marc Andreessen e Ben Horowitz, che dirigono una delle più importanti società di venture capital della Silicon Valley (e che hanno sostenuto OpenAi e Space X in passato), avrebbero comunicato ai loro dipendenti che intendono fare ingenti donazioni ai comitati che sostengono l’elezione di Trump. Altri, come Shaun Maguire di Sequoia Capital, hanno criticato Biden senza sostenere apertamente Trump.

Altri ancora, come Keith Rabois di Khosla Ventures, stanno concentrando i loro sforzi sul sostegno a singoli repubblicani candidati al Congresso. Anche se molti rimangono ancora fedeli ai democratici, sono in aumento gli investitori che assomigliano più ad Elon Musk che a Steve Jobs. «Gli investitori tecnologici che si stanno orientando a destra sono influenti, con un seguito enorme sui social media e con un sacco di soldi», ha scritto il New York Times. «E stanno diventando sempre più impegnati politicamente».

Secondo The Information, il giornale americano che è ritenuto fra i più affidabili per racontare gli umori della Silicon Valley, se questo atteggiamento poteva ancora essere messo in dubbio fino a qualche settimana fa, è diventato sempre più evidente dopo il disastroso dibattito in cui Biden è sembrato particolarmente inaffidabile a causa dell’età avanzata.

La rivincita di Elon Musk

Come siano cambiate le cose, rispetto a quattro anni fa, è diventato poi ancora più evidente dopo che il ventenne Thomas Matthew Crooks ha premuto più volte il grilletto, uccidendo un ex vigile del fuoco e sfiorando per pochi millimetri un ex presidente degli Stati Uniti. A distanza di quasi mezz’ora, uno degli uomini più ricchi al mondo, Elon Musk, si è collegato ad X, il social network di cui è diventato il proprietario, e ha scritto: «Appoggio pienamente il presidente Trump e spero in una sua rapida guarigione». Lo stesso concetto è stato poi ribadito in numerosi altri tweet, compreso quello in cui si è congratulato per la scelta di Vance come candidato vice presidente.

Praticamente in contemporanea, il Wall Street Journal ha rivelato l’esistenza di un nuovo comitato d’azione che sosterrà la candidatura di Trump. Ad alimentarlo con ricche donazioni ci sono alcuni facoltosi imprenditori tecnologici che sono vicini ad Elon Musk. Lui stesso avrebbe già promesso uno stanziamento di 45 milioni di dollari al mese.

A guidare il comitato c’è Joe Lonsdale, co-fondatore di Palantir, una società di software specializzata nell’analisi dei big data (il cui nome è rubato dall’universo fantasy di Tolkien). Fra gli altri, lo sostengono anche Antonio Gracias, membro del cda di SpaceX, Ken Howery, che era stato dirigente di PayPal e che Trump aveva nominato ambasciatore americano in Svezia, e Shaun Maguire, investitore di Sequoia Capital.

Nel 2020 Twitter era un baluardo progressista, Trump era sottoposto ad un furioso fact checking, prima di essere messo al bando, e le idee più complottiste sul Covid-19 o sull’esito delle elezioni venivano censurate. Ora il social network è di proprietà di uno dei più influenti sostenitori di Trump, che rilancia talvolta sospetti e complotti, mentre altri vengono fomentati dai democratici (come quella teoria che vorrebbe che l’attentato a Trump sia stato solo una messinscena). Le cose sono decisamente cambiate.

Le regole del gioco

Ma i cambiamenti che riguardano la Silicon Valley sono ben più strutturali e hanno a che fare anche con l’impianto stesso della tecnologia su cui si basano gran parte degli affari. L’avvento dell’intelligenza artificiale si accompagna al dibattito sulle eventuali regole da applicare. Da questo punto di vista, i quattro anni di Biden hanno visto una presenza molto invadente del governo e delle autorità di controllo rispetto alla cieca libertà d’impresa. È difficile pensare che una eventuale rielezione possa far cambiare atteggiamento all’attuale presidente. Il paradosso è che le prime grandi iniziative dell’Antitrust contro i colossi tecnologici si devono alla prima presidenza di Trump.

Ma è stato con Biden che questo atteggiamento è diventato via via più severo, soprattutto con la decisione di affidare la presidenza della Federal Trade Commission a Lina Khan, la giurista che aveva basato tutta la sua carriera sulla lotta ai grossi monopoli tecnologici.

Le criptovalute

C’è poi un altro settore che spera particolarmente nella vittoria di Trump: quello delle criptovalute. Anche in questo caso Biden è stato preso come simbolo di una svolta restrittiva, mentre il suo avversario ha detto pubblicamente, in un incontro elettorale di inizio giugno, di voler porre fine a una «insensata guerra alle criptovalute».

Jesse Powell, uno dei fondatori di Kraken, fra le principali piattaforme di cripto-trading, ha donato un milione di euro alla campagna di Trump. La sensazione è che un mondo che soffre particolarmente le regole non abbia difficoltà a scegliere il suo candidato ideale.

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