In Siria è l’ora di fare i conti con il passato. Man mano che passano i giorni emergono gli orrori del regime. L’ultimo giovedì, dove a Qutayfa a nord-est di Damasco, è stata trovata una fossa comune con migliaia di arti e resti di persone uccise dagli apparati repressivi siriani. Impossibile, al momento, risalire alle identità delle ossa ritrovate. Ogni giorno dalla Siria vengono diffusi video e foto che testimoniano la brutalità della famiglia Assad, dimenticata in occidente negli ultimi anni.

A settanta chilometri di distanza dalla fossa comune scoperta giovedì, i vertici dei servizi segreti di Turchia e Qatar, accompagnati dal ministro degli Esteri di Ankara Hakan Fidan, hanno incontrato il nuovo premier Mohammed al Bashir a capo del processo di transizione politica che rimarrà al potere fino al 1° marzo, come ha ribadito più volte. Solo i posteri saranno in grado di giudicare la verità delle sue parole.

Nel mentre, per portare a termine il loro piano, i ribelli jihadisti filo turchi di Hts hanno sospeso il parlamento e la costituzione per i prossimi tre mesi. «Sarà formato un comitato legale e per i diritti umani per esaminare la Costituzione e poi apportare emendamenti», ha spiegato il portavoce degli affari politici del nuovo governo, Obaida Arnaout.

«Questo periodo transitorio durerà tre mesi. La nostra priorità è preservare le istituzioni e proteggerle», ha aggiunto.

Ankara e Doha

A Damasco le delegazioni di Turchia e Qatar hanno incontrato Abu Mohammed al Jolani leader dei jihadisti. Sta nascendo un nuovo asse della fratellanza musulmana, un’occasione che Doha non può sprecare per cercare di controbilanciare il potere delle altre monarchie del Golfo Persico che fino a non tanti anni fa avevano messo il Qatar sotto embargo economico, con l’accusa di finanziare il terrorismo. «L’incontro mira a sviluppare visioni future della realtà siriana e a spingere la nuova leadership a impegnarsi nel contesto arabo, regionale e internazionale.

Si lavorerà anche per spingere un dialogo politico interno tra tutti i partiti di opposizione e contribuire al processo di rinascita politica ed economica del paese», ha fatto sapere il ministero degli Esteri turco. Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti restano per il momento a guardare ma continuano a tenere aperte le proprie ambasciate, come l’Italia, unico paese occidentale a farlo.

Ma all’interno dell’Ue il dibattito su come muoversi in questa fase è stato aperto da giorni. Giovedì si è tenuto un confronto tra alcuni ministri degli Esteri a Berlino, in cui si è convenuto di inserirsi nei negoziati politici siriani per seguire il nuovo processo.

La Russia, intanto, è vicina a un nuovo accordo per le concessioni delle basi militari siriane. Secondo Bloomberg le parti sono vicine per rinnovare l’intesa firmata nel 2017 che consegnava a Mosca, per 49 anni, le basi di Khmeimim e Tartus.

La visita di Blinken

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è stato in missione in Giordania in mattinata dove ha spiegato le motivazioni dietro agli ultimi attacchi israeliani in Siria. «Lo scopo dichiarato di queste azioni da parte degli israeliani è quello di cercare di assicurarsi che l’equipaggiamento militare abbandonato dall’esercito siriano non cada nelle mani sbagliate - terroristi, estremisti», ha detto, non esponendosi però sull’occupazione delle alture del Golan da parte dei carri armati dello stato ebraico.

In serata Blinken è atterrato in Turchia e senza perdere tempo si è intrattenuto privatamente nella sala vip dell’aeroporto di Ankara con il presidente Recep Tayyip Erdogan. La fretta di parlare dei due ruota attorno a un punto chiave: la questione curda. Per Washington devono essere tutelati, sono l’unico argine contro la rinascita dello Stato islamico. Per Ankara è il momento di chiudere i conti in sospeso.

Israele

L’aeronautica militare israeliana ha annunciato di aver raggiunto «la superiorità aerea totale sulla Siria» e di aver distrutto – grazie ai centinaia di bombardamenti dell’ultima settimana – l’86 per cento dei sistemi di difesa aerea ora in mano ai ribelli di Hts. Alti funzionari israeliani hanno confermato comunque di essere pronti per attaccare eventuali impianti nucleari iraniani, dato che Teheran non ha ancora abbandonato il suo programma nucleare nonostante i colpi subiti nell’ultimo anno.

Ma ora a Tel Aviv la priorità è raggiungere l’accordo per la liberazione degli ostaggi a Gaza. Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha detto che Netanyahu «è pronto a fare un accordo». Con Hamas i contatti sono in stato avanzato e c’è ottimismo anche da parte di Washington.

Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, è a Roma dove ha avuto un colloquio di mezz’ora con il papa e oggi incontrerà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Meloni. Abu Mazen chiederà di rafforzare la presenza dell’Anp nella Striscia, di aumentare gli aiuti umanitari e soprattutto di fermare i bombardamenti contro i civili. Tutto però dipenderà dalla liberazione degli ostaggi in mano a Hamas.

L’intesa sui dettagli dell’accordo potrebbe avvenire nei prossimi giorni, d’altronde nell’ultimo anno e mezzo il Medio Oriente è stato contraddistinto da cambi repentini e a sorpresa che hanno portato a un cambiamento storico epocale.

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