La nuova leadership ha nominato Maysaa Sabrine, ex vicegovernatrice. Non sembra una nomina di facciata, quanto una scelta di un’economista capace di gestire una drammatica transizione economica e sociale, per gestire il passaggio dei poteri in un paese allo stremo e senza forniture di petrolio. Se la Siria dovesse restare sotto sanzioni economiche, la nuova governatrice avrebbe poche chance di successo
La nuova leadership siriana ha nominato Maysaa Sabrine, ex vicegovernatrice della banca centrale siriana, alla guida dell'istituzione. È la prima donna a ricoprire questo ruolo in quasi 70 anni di storia. Con oltre 15 anni di esperienza nel settore, Sabrine è un tecnico di lunga data, concentrata soprattutto sulla supervisione del settore creditizio.
Molti osservatori si sono chiesti se siamo di fronte a una mossa propagandistica per rassicurare gli Usa e i paesi occidentali sul rispetto dei diritti delle donne e delle minoranze etnico-religiose, per ottenere l’eliminazione delle sanzioni. Non più tardi di un paio di settimane fa, le donne siriane sono scese in piazza per protestare in risposta alle dichiarazioni rilasciate dal portavoce per gli affari politici, Ubaida Arnaout, sulle donne che assumono posizioni nello Stato: «L'esistenza delle donne e la loro natura biologica e psicologica non sono compatibili con tutti i lavori, come ad esempio il Ministero della Difesa».
Perché lei
Sabrine alla Banca Centrale non sembra tuttavia una nomina di facciata, piuttosto la scelta di un’economista capace di gestire una drammatica transizione economica e sociale. L’HTS, la maggiore formazione dei ribelli, ha detto da subito e pragmaticamente che avrebbe tenuto inizialmente nei posti di comando il nocciolo tecnocratico del vecchio regime, così da gestire il passaggio dei poteri in un paese allo stremo e senza forniture di petrolio, dopo che l’Iran, a sua volta colpito da una crisi energetica per le forniture di gas, ha cessato di inviare a Damasco il proprio greggio a prezzi politici.
Sabrine succede a Mohammed Issam Hazime, nominato nell'aprile 2021 dall'allora presidente Bashar al-Assad e rimasto in carica dopo che l'8 dicembre al-Assad è stato rovesciato dall’offensiva guidata da Hayat Tahrir al-Sham (Hts) sostenuto dalla Turchia. Prima di lei, altri 13 governatori hanno ricoperto l’incarico. La banca centrale ha il compito di garantire la stabilità finanziaria attraverso l'emissione della valuta, il mantenimento del suo valore e il monitoraggio delle operazioni bancarie.
In passato era considerata un'istituzione monetaria indipendente. Successivamente l’autonomia si è fortemente ridotta, da quando la famiglia Assad ha preso il potere nel 1970. La posizione del governatore si è trasformata in quella di un tecnico che aveva il solo compito di attuare le decisioni del presidente e allinearsi. Qualcosa di simile a quanto avvenuto in Turchia, dove il presidente Recep Tayyip Erdogan chiedeva e imponeva di ridurre i tassi in un momento di inflazione galoppante.
Dopo una pesante svalutazione della lira che aveva ridotto il potere di acquisto della popolazione più povera, Ankara è dovuta tornata alle politiche ortodosse. Nel frattempo, però, sono stati licenziati numerosi governatori da Erdogan, tra cui la prima donna al comando.
Le riserve di cassa
Ma torniamo alla Siria. Dopo l'arrivo al potere dei ribelli, la Banca centrale ha varato normative per liberalizzare un'economia dirigistica, tra cui l'annullamento della necessità di approvazioni preventive per le importazioni e le esportazioni e controlli rigidi sull'uso della moneta estera.
Ma la Siria resta sotto le pesanti sanzioni decise dagli Stati Uniti e da altre potenze occidentali. Secondo quanto riporta la Reuters, la Banca centrale ha anche fatto un inventario dei beni del Paese dopo la caduta di al-Assad e un breve periodo di saccheggi. Il suo caveau non è stato toccato, alcune stime ritengono che contenga quasi 26 tonnellate d'oro, la stessa quantità che aveva all'inizio della guerra civile nel 2011, mentre le riserve di valuta estera sono scese da 18 miliardi di dollari a circa 200 milioni.
Una situazione drammatica: se la Siria dovesse restare sotto sanzioni economiche e senza forniture di greggio, la nuova governatrice avrebbe poche chance di successo.
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