- Le carte dell’indagine per aggiotaggio e insider trading che vede coinvolti l’ex ad di banca Monte dei Paschi di Siena Guido Bastianini e il finanziere Giuseppe Bivona sono piene di sorprese. Sui rapporti telefonici tra i due manager, sulle connessioni tra Bivona e il mondo politico e giudiziario, e i sospetti sulla fughe di notizie di alti dirigenti della banca come la presidente Patrizia Grieco.
- L’11 febbraio di quest’anno i pm decidono di interrogare Alessandro Rivera, il direttore generale del Tesoro all’interno del ministero dell’Economia per sapere da Rivera, come persona informata sui fatti, chi ha avuto accesso, fuori e dentro il Mef, a informazioni riservate su Mps.
- L’inchiesta che vede indagati il finanziere e l’ex ad Bastianini porta anche a una nuova guerra tra pm e gip di Milano.
Le carte dell’indagine per aggiotaggio e insider trading che vede coinvolti l’ex ad di banca Monte dei Paschi di Siena Guido Bastianini e il finanziere Giuseppe Bivona sono piene di sorprese. Sui rapporti telefonici tra i due manager, sulle connessioni tra Bivona e il mondo politico e giudiziario, e i sospetti sulla fughe di notizie di alti dirigenti della banca come la presidente Patrizia Grieco.
Non solo. I documenti in possesso di Domani raccontano lo scontro, sotto traccia ma durissimo, tra la procura di Milano e l’ufficio dei giudici delle indagini preliminari. Che se da un lato si sono mostrati assai severi nei confronti di ex manager di Mps come Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, negando le richieste di archiviazione dei pm e chiedendo supplementi di indagine, sembrano invece assai più cauti sulle indagini che coinvolgono Bivona e Bastianini.
Nell’inchiesta sul presunto aggiotaggio della coppia (nelle carte della Finanza appare, tra i numeri contattati da Bivona, anche quello del gip Guido Salvini, che aveva criticato il lavoro della procura nel filone su Profumo) il gip Sofia Luigia Fioretta ha negato ai pm non solo le intercettazioni, ma anche l’acquisizione dei tabulati telefonici. Con motivazioni che vanno da una presunta assenza di «sufficienti indizi di reato» (nonostante le dieci informative della Finanza, evidentemente giudicate carenti) e la circostanza che le fughe di notizie non sempre avrebbero danneggiato l’andamento dei titoli della banca. «Il rialzo di quasi il 20 per cento del titolo» segnala Fioretta «è circostanza incompatibile con una volontà di aggressione e di scalata alla banca».
I reati di aggiotaggio e insider trading, a leggere il codice, sembrano però svincolati dalla contingenza che le azioni in borsa scendano o salgano.
Sia come sia, le tensioni tra i due uffici sulle varie vicende giudiziarie legate a Mps sembrano arrivate a un punto di non ritorno, e il rischio è che le polemiche tra giudici investano anche l’inchiesta delicatissima sui crediti deteriorati, che vede indagati di nuovo gli ex manager Profumo e Viola: i termini delle investigazioni sono agli sgoccioli e dopo le richieste di archiviazione respinte da Salvini è possibile che la procura, stavolta, chieda il processo. Che potrebbe compromettere una riconferma di Profumo (già condannato in primo grado a sei anni per aggiotaggio e falso in bilancio) alla guida di Leonardo. Torniamo alle carte su Bivona e Bastianini.
L’11 febbraio di quest’anno i pm decidono di interrogare Alessandro Rivera, il direttore generale del Tesoro all’interno del ministero dell’Economia che, con oltre il 60 per cento, controlla il capitale della banca toscana.
I pm che indagano sulla fuga di notizie in merito ad alcune informazioni price sensitive finite sui giornali (la procura ha indagato due cronisti di Repubblica e del Messaggero, che però sembrano aver fatto solo il loro lavoro) vogliono sapere da Rivera, come persona informata sui fatti, chi ha avuto accesso, fuori e dentro il Mef, a informazioni riservate su Mps.
La versione di Rivera
Il dirigente prima spiega che, a parte le risorse interne, per la questione della «dismissione della partecipazioni del Mef nel capitale della banca sono stati stipulati accordi consulenziali con alcuni advisor legali e finanziari, che per il ministero sono lo studio legale Orrick e l’istituto Bank of America». Poi nega che ci fosse mai stato «motivo di pensare che ci fossero state fughe di notizie all’interno del Mef». Infine aggiunge che «durante le mie interlocuzioni con il presidente di Mps (Patrizia Grieco, ndr) ho avuto modo di apprendere lamentele sulla fuga di notizie, i cui sospetti ricadevano sull’ad dell’epoca, Bastianini. Non ricordo episodi specifici oggetto di lamentela».
Rivera si sofferma su un audit straordinario – e tutt’ora segreto – fatto da Mps proprio per tentare di scoprire eventuali talpe interne. Un audit condotto tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 dalla società esterna Deloitte, che si è concluso «senza una specifica attribuzione di responsabilità, ma con una conferma sull’effettiva fuga di notizie» dice Rivera.
«Inoltre dalle verifiche interne è emerso che Bastianini faceva uso di una casella di posta elettronica provata per veicolare o ricevere informazioni riservate di Mps… Ripeto che le lamentele di Grieco erano maturate da continue pubblicazioni di articoli stampa contenenti notizie riservate di Mps. Non so spiegare perché Grieco ipotizzava una responsabilità di Bastianini dietro alle fughe di notizie».
È un fatto che il cda della banca controllata dal Mef lo scorso febbraio ha deciso di silurare l’ex manager di banca Carige voluto nel 2020 dai Cinque stelle, in particolare dall’allora sottosegretario Riccardo Fraccaro e dal suo consigliere economico Antonio Rizzo, ex blogger del Fatto Quotidiano con il nome di “Superbonus” e superteste in uno dei tanti filoni giudiziari di Mps. La scelta al tempo è stata contestata aspramente da Bivona, fondatore di Bluebell con in tasca appena 25 azioni della banca, ma pure advisor di fondi stranieri che hanno fatto causa a Siena per oltre mezzo miliardo di euro.
«Senza una motivazione adeguata», disse, la sostituzione dell’ad sarebbe un atto «in danno delle minoranze e all’interesse dei contribuenti». Un intervento difensivo non banale, visto la storica idiosincrasia del finanziere per gran parte dei manager precedenti della banca, spesso denunciati da Bivona per nefandezze contabili assortite. Come raccontato, nell’inchiesta per aggiotaggio (su cui i pm hanno chiesto l’archiviazione perché sarebbero stati preclusi dal gip «ulteriori approfondimenti investigativi») Bivona e Bastianini hanno avuto in pochi mesi 91 contatti telefonici, terminati il giorno stesso in cui il secondo è diventato numero uno di Mps.
Morelli e la transazione
I motivi della sfiducia del cda non sono mai stati davvero chiariti. Qualcuno adesso sospetta che il Mef conoscesse l’esistenza dell’inchiesta per aggiotaggio sulla coppia e abbia voluto giocare d’anticipo, mentre fonti interne alla banca spiegano che già nell’audit alcuni testimoni dichiararono come Bastianini parlasse troppo con alcuni giornalisti del Messaggero. Rivera, tra i fan del cambio al vertice che a febbraio ha incoronato il nuovo ad Luigi Lovaglio, davanti ai magistrati milanesi dice: «Non dispongo del verbale del cda, quindi non so se tra le motivazioni poste a base del ritiro delle deleghe a Bastianini rientri anche il suo approccio con la stampa. Approccio, come detto, sospettato di parzialità e soprattutto di contrastare con le policy aziendali per come più volte riferitomi da Grieco».
Il direttore generale del Tesoro, infine, rispondendo a una domanda dei pm sui rapporti tra Mef e Bivona, e su che «tipo di richieste riceveva il Mef» da parte del finanziere, spiega che «dalla documentazione a me nota si desume l’esistenza di un interesse economico sulle vicende di Mps. Ricordo che Marco Morelli, predecessore di Bastianini, mi informò che Bivona aveva fatto intenzione di chiedere una transazione per chiudere le sue controversie contro Mps, instaurate in qualità di consulente dei fondi Alken e York. L’istanza di transazione non ebbe seguito. Ricordo che dopo l’avvicendamento del 2020, ebbi modo di avvisare Bastianini dell’esistenza di queste iniziative da parte di Bivona. Nell’occasione, Bastianini mi disse di conoscere Bivona da tempo».
Qualche settimana fa, in effetti, abbiamo pubblicato un verbale del cda di Mps del giugno 2018, nel quale Morelli raccontava ai membri del consiglio che aveva incontrato il finanziere romano, e che oltre alle querele incrociate per diffamazione i due avevano parlato anche d’altro. «Durante il colloquio» si legge «l’ingegner Bivona ha ricordato che, in un eventuale accordo transattivo, potrebbe essere compresa anche una disponibilità di Bluebell a evitare aggressioni nei confronti della banca anche in occasione di altri procedimenti penali nel cui contesto Bluebell si è già costituita parte civile».
Bivona ha però smentito categoricamente qualsiasi ipotesi di scambio. Sentito di nuovo per un commento sui suoi rapporti con Bastianini e i media, ha detto: «Con te non ho alcuna ragione di parlare. Aspetto di leggere con interesse dal tuo articolo qual è la fonte che ti passa i verbali riservati del cda di Mps, che tu poi usi per scrivere il falso su di me».
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