L'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) ha lanciato una iniziativa di pace per il Sudan che apre un minimo segnale di speranza. Nel frattempo, il Dipartimento di Stato americano ha comunicato che il Segretario di Stato Antony Blinken ha discusso con il Presidente della commissione dell’Unione africana (Ua) per trattare una tregua
L'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) – un organismo internazionale politico-commerciale formato dai paesi del Corno d'Africa, ha lanciato una iniziativa di pace per il Sudan che apre un minimo segnale di speranza.
Oltre a proporre di estendere la tregua in corso di altre 72 ore (l’attuale cessate il fuoco, ampiamente violato, dovrebbe in ogni caso concludersi alla mezzanotte di giovedì 27 aprile, ndr) chiede di tenere negoziati di pace tra le parti in conflitto a Juba, capitale del Sud Sudan venerdì 28 aprile.
Ai due contendenti è stato chiesto di esprimersi e, nel caso, di inviare i propri rappresentanti. Il leader delle Forze armate sudanesi (Saf), Abdel Fattah al-Burhan, ha risposto positivamente. In una dichiarazione rilasciata dal portavoce delle forze armate si legge: «Il Comandante in capo ha dato il suo consenso di principio a questa iniziativa e ha ringraziato i rappresentanti dell'organizzazione per i loro sforzi e il loro interesse nella crisi attuale». Si attende ora la risposta delle Forze di supporto rapido (Rsf) e del loro leader Momahed Hamdan Dagalo “Hemedti” che per il momento, serata del 27 aprile, ancora non è arrivata.
L’iniziativa dell’Igad giunge a seguito del primo tentativo di intervento dell’organismo intergovernativo che, a qualche giorno dallo scoppio degli scontri, decise di inviare i propri capi di stato (Sud Sudan, Kenya e Gibuti) a Khartoum per impegnare i due leader a riprendere i colloqui sulle questioni pendenti della sicurezza e della riforma militare. Purtroppo il progetto non è mai andato in porto a causa dell’impossibilità di atterraggio in aeroporti sicuri dei presidenti per l’acuirsi del conflitto.
Secondo il Sudan Tribune, a rappresentare l’esercito regolare a Juba andrebbe il tenente generale Shams al-Din Kabbashi. Questo anche perché al-Burhan non si fida a lasciare il Sudan in questa fase così delicata. Stando a quanto riferisce a Domani una fonte che preferisce restare anonima, «Hamedti accetterà. Lui vuole questa tregua molto più di al Burhan, perché l'esercito sta guadagnando terreno e le forze di supporto rapido sono costrette a ritirarsi».
L’intervento americano
Nel frattempo, il Dipartimento di Stato americano ha comunicato che il Segretario di Stato Antony Blinken ha discusso con il Presidente della commissione dell’Unione africana (Ua) Moussa Faki Mahamat la collaborazione tra gli Stati Uniti e l’Ua per stabilire una cessazione sostenibile delle ostilità e porre fine ai combattimenti.
Secondo il ministero della Sanità del Sudan sarebbero almeno 512 le persone fin qui uccise mentre la situazione dei feriti e dei malati resta drammatica anche perché – come ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo dell’Organizzazione mondiale della sanità in una conferenza stampa – il 61 percento delle strutture sanitarie è chiuso e solo il 16 percento funziona normalmente.
Secondo le stime, 50.000 bambini gravemente malnutriti sono rimasti senza cure perché i programmi nutrizionali sono stati sospesi. Sono tanti, inoltre, i cittadini sudanesi rimasti senza passaporto perché le ambasciate straniere hanno evacuato il loro personale senza restituire i documenti ai richiedenti il visto mentre la solitudine del paese si aggrava anche a seguito della decisione del Programma alimentare mondiale (Pam) di iniziare l'evacuazione del proprio personale dal Sudan.
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