- L’impennata dei prezzi dell’energia e l’annunciato embargo sul petrolio hanno fatto esplodere le entrate per lo stato russo, rendendo possibile il finanziamento dello sforzo bellico
- Al G7 in Germania si è discusso principalmente di imporre un tetto al prezzo del petrolio. Oltre ad essere difficile da imporre, questo sarebbe meno efficace di misure più tradizionali, come le tariffe doganali
- Diverso è il caso del gas, per il quale l’insistenza di Mario Draghi sull’imposizione di un price cap sembra giustificata
Fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, uno degli obiettivi delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale è stato quello di ridurre le entrate dello stato russo e rendere più difficoltoso il finanziamento dello sforzo bellico. Tuttavia, nei primi quattro mesi del 2022, le entrate del bilancio federale russo sono aumentate del 34 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021. Questo aumento è interamente dovuto all’esplosione dei prezzi di petrolio e del gas, e fa temere che le sanzioni stiano sortendo l’effetto opposto a quello sperato. Nel frattempo, l’impennata dei prezzi dell’energia impone dei costi significativi a imprese e consumatori europei, e rischia di far piombare le nostre economie in una seconda recessione. Questo era per molti versi inevitabile, considerata la dipendenza delle economie europee dal petrolio e soprattutto dal gas russi. Il 30 maggio l’Unione europea ha deciso di imporre un embargo sulle importazioni di petrolio e prodotti petroliferi russi. Ma per darsi il tempo di sostituire queste fonti di approvvigionamento, l’embargo avrà effetto solo a partire dalla fine dell’anno.
Ora, non c’è nulla di peggio dell’annuncio di una futura misura restrittiva per scatenare il panico dei mercati e mettere in moto la speculazione. L’annuncio del futuro embargo ha portato a un immediato aumento del prezzo del petrolio, circa il cinque per cento, che ha fatto seguito all’aumento delle settimane precedenti, quando i mercati avevano capito che ci si avviava verso questa misura. La Russia si trova quindi a vendere le stesse quantità di prodotti energetici, ma a prezzi molto più alti. Un regalo insperato.
Come far fronte a questo aumento dei prezzi? E soprattutto, come prepararsi alla chiusura dei rubinetti l’inverno prossimo? I leader del G7 riuniti in Germania all’inizio della settimana scorsa hanno deciso di studiare la possibilità di un “price cap” temporaneo, un prezzo massimo per i prodotti energetici.
Si tratta di una misura estremamente complessa da mettere in atto, soprattutto perché per funzionare ed effettivamente ridurre gli introiti per la Russia, deve vedere l’adesione di un numero importante di paesi. Occorrerà ad esempio convincere l’India, che oggi ha già accesso al petrolio russo a prezzi di favore.
Il prezzo massimo dovrebbe quindi essere fissato a un livello abbastanza basso da ridurre significativamente le entrate della Russia ma superiore ai costi di produzione, in modo da garantire la continuazione delle esportazioni verso i paesi che non hanno aderito all’embargo e che altrimenti non sarebbero disposti seguire il G7.
L’occasione perduta
Su insistenza di Joe Biden, al G7 la discussione si è incentrata sul petrolio. Per mettere in pratica il massimale di prezzo i paesi del G7 riflettono a un sistema di incentivi. Tra le sanzioni che entreranno in vigore nei prossimi mesi ci sarà anche il divieto di assicurare i servizi legati al trasporto e al trattamento del petrolio russo.
Chi accettasse di non comprare oltre il prezzo massimo si vedrebbe accordare un’esenzione dal divieto, e potrebbe quindi continuare ad importare. Siccome il mercato assicurativo è dominato da compagnie dei paesi del G7 (in particolare dell’Unione europea e del Regno Unito), lo schema potrebbe funzionare. Tuttavia, l’applicazione pratica di un sistema del genere potrebbe essere complicata, e troppo facile da aggirare.
Per questo, molti economisti suggeriscono di considerare soluzioni più tradizionali come una tariffa doganale sulle importazioni di petrolio russo, che avrebbe diversi vantaggi: ridurrebbe le importazioni dalla Russia, in quanto gli acquirenti avrebbero tutto l’interesse a rivolgersi ad altre fonti, e probabilmente spingerebbe la Russia ad abbassare i prezzi per gli acquirenti dei paesi che hanno adottato la tariffa al fine di rimanere competitiva con i produttori di paesi terzi.
I proventi della tariffa potrebbero inoltre essere usati per compensare le imprese e i consumatori più colpiti dal rincaro dei prodotti energetici e per altri scopi come, ad esempio, il finanziamento della ricostruzione in Ucraina su cui il G7 si è solennemente impegnato.
Un prezzo massimo per il gas
Le tariffe doganali, tuttavia, non possono essere utilizzate per i mercati del gas, per i quali la norma sono contratti a lungo termine, più rigidi sulle quantità; in questo caso, imprese e consumatori europei non potrebbero rivolgersi ad altri fornitori e l’imposizione di tariffe doganali non farebbe altro che aumentare ulteriormente i prezzi.
È per questo che il G7 è stata un’occasione perduta. Le pressioni degli Stati Uniti hanno messo al centro dell’agenda il petrolio, quando i grandi avrebbero invece dovuto far propria l’insistenza del presidente del Consiglio Mario Draghi sull’imposizione di un prezzo massimo per il gas. In Europa questo potrebbe essere imposto abbastanza facilmente sfruttando le caratteristiche del mercato del gas: i gestori intervengono di continuo per livellare la domanda e l’offerta comprando sui mercati e rivendendo ai fornitori se questi hanno previsto di fornire quantità insufficienti. Se questo avvenisse ad un prezzo predeterminato, non sarebbe conveniente per nessun partecipante al mercato negoziare prezzi più elevati.
In un documento del maggio scorso la Commissione europea, oltre ad approvare (fin tanto che rimangono temporanee) le misure che diversi paesi hanno introdotto per limitare i prezzi del gas al dettaglio, ha esplicitamente previsto la possibilità di introduzione di un limite dei prezzi all’ingrosso. Tuttavia, Bruxelles considera la misura solo come una possibile risposta, volta ad evitare fenomeni speculativi, ad un’eventuale brusca interruzione delle forniture russe. Occorrerebbe invece riflettere al price cap come possibile strumento per ottenere gli obiettivi di limitare i finanziamenti allo sforzo bellico russo e di controllare l’inflazione in Europa.
Stabilizzare i mercati
Altrettanto importante, sia pure non sufficientemente discusso, è l’obiettivo di stabilizzare i mercati, che in queste settimane sono paralizzati dall’incertezza. Oggi che le scorte di gas sono tornate a livelli quasi normali, il livello eccessivo dei prezzi è principalmente dovuto al rischio di perturbazioni future. Imporre un tetto al prezzo ora, senza attendere la prossima crisi, consentirebbe di stabilizzare le aspettative sul futuro e di far scendere i prezzi immediatamente.
La riduzione dell’incertezza e l’aspettativa di prezzi stabili consentirebbe alle imprese di fare piani a medio e lungo termine. In una fase in cui iniziano ad essere effettuati i primi investimenti pubblici dei Pnrr, è fondamentale rimuovere ogni ostacolo all’investimento privato per poter sfruttare al massimo la complementarità fra i due strumenti e massimizzare l’impatto dei piani di rilancio sulla crescita.
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