Gli Stati Uniti sono «fiduciosi» che non ci sarà un’escalation nel conflitto tra Israele ed Hezbollah, ha detto il portavoce della sicurezza nazionale americana, John Kirby, sottolineando che «c’è ancora spazio per una soluzione diplomatica».

In generale la diplomazia occidentale e dei paesi arabi moderati è al lavoro per evitare l’escalation militare lungo il confine nord di Israele, dopo che un razzo partito dal Libano 12 tra bambini e adolescenti nella cittadina druso-israeliana di Majdal Shams.

Il premier Benjamin Netanyahu ha visitato l’area e, secondo quando riferito dal quotidiano Haaretz, è stato contestato da circa 200 abitanti che gli hanno gridato «vattene» e «assassino». È «il nemico di tutti noi» e «ora si ricorda del Golan» le accuse rivolte al primo ministro israeliani.

Gli abitanti sono furibondi perché i rifugi antiaerei erano vicini al campetto dove i ragazzi stavano giocando, ma le sirene hanno suonato troppo tardi.

Netanyahu ha assicurato che «la risposta ci sarà e sarà dura» ma i drusi di Majdal Shams non sembrano credere alle sue promesse. Certo una prima rappresaglia c’è stata, nella notte tra sabato e domenica. Ma i timori sono tutti per ciò che potrà accadere d’ora in avanti. Non a caso diverse compagnie aeree hanno cancellato i voli per Beirut.

Il ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bou Habib, ha detto che gli Stati Uniti, la Francia e altri paesi stanno cercando di contenere l’escalation. E ha detto di aver ricevuto assicurazioni che la risposta di Israele sarà «limitata». Ma ciò che preoccupa è proprio questo rincorrersi di attacchi e contrattacchi, fino a quando potranno essere “limitati”?

Nel frattempo, comunque, Hezbollah ha evacuato il suo comando nel sud del Libano perché ritiene possa diventare obiettivo della controffensiva israeliana. Ieri, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa statale libanese, droni israeliani hanno attaccato alcune città vicino al confine uccidendo due persone.

Tensioni Ankara-Tel Aviv

A soffiare sul fuoco ci ha pensato, nel frattempo, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che, durante un discorso trasmesso dalla tv di stato domenica, non ha escluso un possibile intervento militare turco nella Striscia di Gaza.

«Come è finito il genocida Hitler, allo stesso modo finirà il genocida Netanyahu», si legge in un messaggio del ministero degli Esteri turco, pubblicato su X. Una risposta a un messaggio del ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, che poche ore prima, sempre su X aveva tracciato un parallelo tra Erdoğan e Saddam Hussein: «Erdogan segue le orme di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Vorrei ricordagli cosa è successo lì e come è finita»

Polemiche su Idf

Sul fronte interno nove soldati dell’esercito israeliano, sospettati di abusi su un detenuto palestinese, sono stati arrestati dagli ufficiali della polizia militare presso il centro di detenzione di Sde Teiman, una base militare situata nel deserto del Negev.

A renderlo noto l’Idf, aggiungendo che i militari sono stati portati via per essere interrogati. Secondo una fonte della sicurezza, il detenuto è stato portato in ospedale con gravi ferite a una parte intima del corpo, ferite che lo hanno lasciato senza la capacità di camminare.

Haaretz scrive che ci sarebbe stato uno scontro tra il personale della polizia militare e alcuni dei soldati, che si erano rifiutati di seguire gli agenti e si erano barricati nella struttura. Un altro soldato ha detto: «Ogni israeliano dovrebbe scendere in strada per noi. Ho dato la mia vita per il mio paese».

Secondo le testimonianze ottenute dal quotidiano, membri dell’unità a cui appartengono i soldati arrestati sono stati coinvolti in diversi incidenti violenti negli ultimi mesi. Un soldato che ha prestato servizio a Sde Teiman ha detto che l’unità ha usato violenza nei confronti dei detenuti, raccontando che «in un’occasione hanno detto a tutti di sdraiarsi sul pavimento e hanno lanciato una granata stordente al centro della cella, poi li hanno presi violentemente a calci».

Altri testimoni hanno riferito al quotidiano israeliano che i soldati occasionalmente prendevano da parte i detenuti e «li maltrattavano, picchiandoli con mazze» e rompendo loro denti e costole. Quando la polizia militare è arrivata al campo, un certo numero di manifestanti civili, tra cui membri del parlamento di estrema destra, si sono radunati fuori, denunciando le indagini sui soldati che, secondo loro, stavano facendo il loro dovere.

Alcuni hanno tentato di entrare nella base. Il primo ministro Netanyahu e il ministro della Difesa, Yoav Gallant, hanno denunciato il tentativo di ingresso nella base. Il ministro della Sicurezza nazionale israeliano – e leader di destra radicale – Itamar Ben Gvir ha difeso i manifestanti che, secondo il Jerusalem Post, hanno fatto qualcosa di simile all’attacco di Capitol Hill a Washington il 6 gennaio 2021.

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