Mentre i vertici del Mossad incontrano i rappresentanti di Cia, Qatar ed Egitto, il New York Times rivela i dettagli sul cessate il fuoco. Intanto l’Unrwa è in difficoltà per il blocco dei fondi
- I negoziatori guidati dagli americani si starebbero avvicinando a un accordo in base al quale Israele sospenderebbe la guerra a Gaza per circa due mesi in cambio del rilascio di oltre 100 ostaggi ancora detenuti da Hamas.
- Diversi paesi, tra cui l’Italia, Stati Uniti e Germania, hanno sospeso tutti gli aiuti aggiuntivi all'Unrwa dopo l'annuncio di venerdì che dodici dei suoi dipendenti erano sospettati di aver partecipato al sanguinoso attacco contro Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre.
- Israele avrebbe avvisato l'Egitto dell'intenzione di entrare con l'esercito a Rafah, nel sud della Striscia, a ridosso con il Sinai egiziano.
I colloqui si svolgono a Parigi e i negoziatori guidati dagli americani si starebbero avvicinando a un accordo in base al quale Israele sospenderebbe la guerra a Gaza per circa due mesi, in cambio del rilascio di oltre 100 ostaggi, ancora detenuti da Hamas. Lo ha riportato il New York Times, riferendo che l’accordo potrebbe essere siglato nelle prossime due settimane. I negoziatori hanno sviluppato una bozza scritta che fonde le proposte avanzate da Israele e Hamas negli ultimi 10 giorni.
Nonostante ci siano ancora punti controversi, i negoziatori si dicono “cautamente ottimisti” sul fatto che un accordo finale sia possibile, riferiscono funzionari statunitensi. Anche se l’accordo non prevederebbe il cessate il fuoco permanente chiesto da Hamas in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi, le stesse fonti ritengono che se Israele accettasse il cessate il fuoco per due mesi, la tregua fornirebbe una finestra utile a mettere in campo un ulteriore sforzo diplomatico.
Nella bozza si prevederebbe una prima fase con un cessate il fuoco di 30 giorni, durante la quale Hamas rilascerebbe prima le donne, gli anziani e i feriti. Nel frattempo, le parti dovrebbero concordare una seconda tregua, sempre di 30 giorni, per consentire anche il rilascio degli uomini e dei militari israeliani.
Le parti starebbero ancora negoziando il numero di palestinesi, attualmente detenuti nelle prigioni israeliane, che verrebbero rilasciati. Un cessate il fuoco di due mesi consentirebbe un maggiore sforzo diplomatico per porre fine definitivamente al conflitto. Questa domenica a Parigi c’è stato un ulteriore incontro tra gli esponenti della Cia, del Mossad, del Qatar e dell’Egitto.
I problemi dell’Unrwa
Il segretario delle Nazioni unite, Antonio Guterres, ha chiesto di garantire la continuità delle operazioni dell’agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa), al centro di una polemica legata all’attacco del 7 ottobre.
Guterres ha invitato i paesi donatori che hanno sospeso i finanziamenti all’Unrwa a “garantire almeno” la continuità delle sue operazioni, essenziali nel territorio palestinese. «Due milioni di civili a Gaza dipendono dagli aiuti fondamentali dell’Unrwa per la loro sopravvivenza quotidiana, ma gli attuali finanziamenti dell’Unrwa non consentiranno di soddisfare tutte le esigenze di febbraio», ha insistito Guterres. Il ministro degli Esteri turco ha detto che le accuse contro «un piccolo numero» dei membri dell’agenzia «danneggerà principalmente il popolo palestinese».
Le accuse a cui si riferisce sono quelle di venerdì scorso, secondo le quali 12 dipendenti dell’Unrwa sono sospettati di aver partecipato al sanguinoso attacco di Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre. Questa domenica anche la Francia si è unita alle nazioni che hanno sospeso i finanziamenti. Lo avevano già fatto, fra gli altri, l’Italia, gli Stati Uniti e Germania, i due maggiori contribuenti.
I palestinesi rigettano le accuse e parlano di un attacco premeditato all’agenzia Onu, ricordando che già il 4 gennaio, durante una discussione al parlamento israeliano, Noga Arbell, un ex funzionario israeliano, aveva chiesto la distruzione dell’Unrwa.
Le accuse di Abu Mazen
Abu Mazen ha ricordato che «il ritorno dei profughi è il nocciolo della questione palestinese», sulla quale sono state adottate decine di risoluzioni Onu e che costituisce una parte fondamentale della soluzione del decennale conflitto con i “due stati” (anche se Israele in realtà si oppone al ritorno di tutti i rifugiati in un futuro stato palestinese).
Il governo di Benjamin Netanyahu al contrario ha ringraziato i paesi che hanno sospeso i fondi all’Unrwa e ha chiesto che altri si uniscano a questa misura contro l’agenzia, che accusa di essere un «rifugio sicuro per i terroristi». Hamas nega che il personale umanitario dell’agenzia Onu, pari a 30mila in totale, collabori con le azioni militari dei suoi miliziani.
Israele verso Rafah
Israele avrebbe avvisato l’Egitto dell’intenzione di entrare con l’esercito a Rafah, nel sud della Striscia, a ridosso con il Sinai egiziano. Lo ha riferito il quotidiano israeliano Maariv che cita Sky News in arabo.
Secondo la stessa fonte, l’esercito è intenzionato a presidiare il “corridoio Filadelfia” che si snoda lungo il confine, nel timore che i leader di Hamas possano usare i numerosi tunnel nella zona per fuggire in Egitto, anche con gli ostaggi israeliani.
La questione – ha aggiunto il giornale – è fonte di tensione tra Israele e il Cairo.
Questa domenica Netanyahu ha tuttavia smentito problemi diplomatici con l’Egitto con il quale è in vigore un trattato di pace. In caso contrario sarebbe l’escalation del conflitto.
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