Un team di Medici senza frontiere ha denunciato un attacco sui civili da parte della polizia etiope. La sparatoria è avvenuta in strada: le persone sono fatte scendere da un autobus e poi giustiziate. Gli operatori hanno detto di aver visto quattro morti
Un team di tre persone di Medici senza frontiere in azione nel Tigray, in Etiopia, ha assistito ieri all'uccisione da parte di soldati etiopi di quattro uomini, costretti a scendere da autobus pubblici su cui viaggiavano per poi essere giustiziati in strada. «Siamo inorriditi da questa continua violenza», ha commentato Karline Kleijer, responsabile Msf per l'emergenza nel Tigray.
Come raccontato dai testimoni, l'attacco è avvenuto sulla strada che porta da Mekele ad Adigrat, sulla quale si trovava anche la vettura degli operatori. Durante il tragitto si sono imbattuti in ciò che sembrava essere l'esito di un'imboscata a un convoglio militare etiope da parte di un gruppo armato. C'erano soldati feriti e uccisi e i mezzi militari erano ancora in fiamme. Poi, «i soldati etiopi hanno fermato il mezzo di Msf e due minibus pubblici. Hanno costretto i passeggeri a scendere, gli uomini sono stati separati dalle donne, a cui è stato permesso di andarsene e poco dopo, gli uomini sono stati uccisi», racconta Kleijer.
Gli operatori Msf, invece, sono stati autorizzati a lasciare il posto, ma hanno visto i corpi delle persone uccise sul ciglio della strada. Lo stesso mezzo di Msf è stato poi nuovamente fermato dai soldati che hanno costretto a scendere l'autista, per poi picchiarlo con il retro di una pistola e minacciarlo di morte. Alla fine, al conducente è stato permesso di rientrare nel veicolo e il team è potuto tornare a Mekele.
«Questo orribile evento - conclude Kleijer – sottolinea ulteriormente la necessità che i civili siano protetti e che i gruppi armati rispettino gli attori che forniscono assistenza umanitaria e assistenza medica».
Cosa sta succedendo in Tigray
In Tigray è in corso una guerra tra il governo etiope e la popolazione che abita la regione. Il conflitto è iniziato il 4 novembre ed è durato 24 giorni, e sebbene l’esercito federale l’abbia vinto, è poi rimasto aperto. La presa di Macallè, capitale della regione ribelle, infatti, ha posto una fine soltanto apparente allo scontro. Quel giorno, il primo ministro del paese, Abiy Ahmed, ha annunciato la fine delle ostilità, ma non è stato così. Si sono verificate diverse rappresaglie e attacchi da parte dei guerriglieri contro i cittadini del Tigray, mentre la polizia ha effettuato perquisizioni invasive su ogni veicolo e mezzo pubblico, per garantire sicurezza, oltre ad arresti e persecuzioni continui nei confronti di tutta la popolazione.
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