La Corte penale internazionale potrebbe revocare i mandati d'arresto spiccati nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell'ex ministro della Difesa Yoav Gallant, se la Corte si convincesse del fatto che in Israele fosse aperta un'indagine approfondita. Lo ha detto, in un'intervista radiofonica a Kan il portavoce della Cpi, Fadi El Abdallah, non specificando cosa intendesse per indagine «approfondita».

Dietro il clamoroso cambio di rotta della Cpi potrebbero esserci le forti pressioni del G7 e del presidente francese Emmanuel Macron in particolare che avrebbero usato il possibile ritiro del mandato di arresto della Cpi in cambio di una tregua in Libano e di un ruolo di Parigi a fianco degli Usa nel dopo guerra di Beirut.

Una mossa ha scatenato anche le reazioni dell’opposizione anche in Italia. «La notizia della tregua in Libano è una buona notizia, ma serve il cessate il fuoco anche a Gaza, una iniziativa di pace e il riconoscimento dello Stato di Palestina come fatto da altri paesi europei, per perseguire la via dei due popoli due stati che invece il governo di estrema destra israeliano nega», ha detto Elly Schlein alla Direzione Pd. E su Netanyhau ha aggiunto: «L'Italia è tenuta ad applicare le decisioni della corte penale internazionale». Una posizione molto critica verso le posizioni espresse in materia, sebbene a geometria variabile, dal governo italiano.

La tregua in Libano vacilla

«Miliziani di Hezbollah stavano operando dentro un sito con missili a medio raggio nel sud del Libano. Un raid aereo ha sventato la minaccia», ha annunciato l'esercito israeliano. Israele avrebbe poi sparato colpi di artiglieria contro  civili che tentavano di rientrare nei loro villaggi da cui erano stati evacuati dal conflitto.

L'esercito libanese ha accusato Israele di aver «violato più volte l'accordo» di cessate il fuoco. Ultima violazione: il raid aereo che l'Idf afferma di aver condotto contro una installazione di Hezbollah nel sud del Libano.

Anche gli spari israeliani contro i civili libanesi sono una violazione della tregua, ha dichiarato Hassan Fadlallah, membro di Hezbollah nel parlamento libanese. Non è chiaro se i raid siano gli ultimi colpi di coda prima della tregua effettiva o se il cessate il fuoco sia già in pericolo. La tregua vale per 60 giorni nella speranza di giungere alla fine del periodo ad una cessazione definitiva delle ostilità. Israele ha posto il coprifuoco nel sud del Libano.

Anche il mondo dell’economia è scettico. È troppo presto per dire se l'accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah in Libano abbia ridotto «in modo significativo e sostenibile» il rischio che ha portato Moody's a declassare il rating del credito sovrano di Israele da A2 a Baa1, ha detto giovedì l'agenzia internazionale di rating. 

La tregua con il Libano fa comodo a Israele e all’Iran, ma è siglata sulla pelle dei palestinesi

Raid a Gaza, 15 morti

Subito dopo la tregua in Libano, il cui garante effettivo è l’Iran a cui Hezbollah ha chiesto il via libera all’accordo, Israele ha intensificato, se questo fosse ancora possibile, i raid sulla Striscia di Gaza, che hanno causato almeno 15 morti e altre distruzioni in un’area che conta 44mila morti senza che il premier Netanyahu abbia ancora chiarito quale sia l’obiettivo finale del futuro della Striscia.

Nel mirino dei raid ci sono obiettivi civili, quali campi sfollati e abitazioni, con il pretesto mai verificabile da fonti indipendenti della caccia ai miliziani di Hamas, che all’inizio del conflitto erano stimati a 26mila miliziani e che oggi dovrebbero essere decimati e senza leader.

Secondo l'agenzia Wafa, un bambino è stato ucciso nel bombardamento nel quartiere Zeitoun di Gaza City. Un altro palestinese è stato ucciso nel bombardamento israeliano nel campo profughi di Jabalia. A queste due vittime si aggiungono altri quattro morti nei raid a Beit Lahiya, sempre nel nord della Striscia.

Al centro della Striscia, almeno 9 persone sono morte nel bombardamento nel campo di Nuseirat. Secondo quanto riferito dall’agenzia americana Ap, centinaia di civili sono scappati da Beit Lahiya assediata a nord di Gaza, mentre le forze israeliane hanno separato le donne e i bambini palestinesi dagli uomini, che sono stati arrestati e trasferiti in Israele per essere interrogati in cerca di notizie sui 101 ostaggi, di cui 7 con passaporto americano, ancora nella Striscia, di cui, secondo i servizi segreti americani, almeno la metà dovrebbero ancora essere in vita.

Per i familiari degli ostaggi rapiti il conflitto a Gaza è tenuto artificialmente in vita dal governo israeliano per restare politicamente in vita ed evitare elezioni anticipate.

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