Secondo un recente sondaggio realizzato dal Pew Research Center, il 65 per cento degli gli ebrei americani è intenzionato a votare per Harris, mentre il 34 per cento appoggerebbe Trump. L’elezione si giocherà nei cosiddetti "swing states". Spostare alcuni voti della comunità ebraica potrebbe aiutare Trump a prevalere in alcuni di questi
In due eventi di giovedì sera a Washington Donald Trump si è lamentato con la comunità ebraica del paese, rea di non preferirlo a Kamala Harris, malgrado le evidenti, a dir suo, credenziali pro-Israele. «Entro due anni Israele smetterà di esistere» se Harris vincerà, ha affermato Trump all’Israeli-American Council National Summit di Washington, aggiungendo che gli ebrei americani saranno parzialmente responsabili perché storicamente votano per il partito democratico. Secondo un recente sondaggio realizzato dal Pew Research Center, il 65 per cento degli gli ebrei americani è intenzionato a votare per Harris, mentre il 34 per cento appoggerebbe Trump.
Questo sarebbe un risultato migliore rispetto a quello conseguito da Trump alle due elezioni precedenti. Infatti, il tycoon si è lamentato nel suo discorso di aver ottenuto il voto del 30 per cento degli ebrei americani nel 2016, quando vinse le presidenziali, ma anche nel 2020, quando invece le perse contro Joe Biden.
Ad un altro evento di qualche ora prima dedicato alla lotta contro l’antisemitismo in America, Trump ha arringato così il pubblico, per lo maggior parte di suoi supporter: «La mia promessa agli ebrei americani è questa: col vostro voto sarò il vostro difensore e sarò il miglior amico che gli ebrei americani hanno mai avuto alla Casa Bianca. Ma in tutta franchezza, lo sono già». Ha poi criticato la gestione Biden-Harris della guerra di Gaza, come pure le numerose proteste antisraeliane nei campus e college americani, liquidandole come antisemite. «Kamala Harris non ha fatto assolutamente nulla. Non ha alzato un dito per proteggere voi o i vostri figli».
Nel suo discorso ha pure rispolverato una delle sue frasi ad effetto già usata in altri comizi, dicendo che gli ebrei che votano il partito democratico «dovrebbero farsi esaminare la testa». Ma per quanto critichi l’amministrazione uscente, Trump sa che non sarà facile ottenere il voto degli ebrei americani, che peraltro rappresentano solo il 2 per cento della popolazione. A meno di sette settimane dal voto, Trump e Harris continuano ad essere testa a testa nei sondaggi.
L’ultima indagine realizzata dal New York Times, dal Philadelphia Inquirer e dal Siena College pubblicata giovedì dà entrambi i candidati al 47 per cento. Per questa ragione, l’elezione si giocherà nei cosiddetti "swing states", cioè quelli che storicamente non hanno un orientamento politico prevedibile. Spostare alcuni voti della comunità ebraica potrebbe aiutare Trump a prevalere in alcuni di questi, come la Pennsylvania. In questo Stato, campo di battaglia fondamentale alle prossime elezioni, ci sono più di 400.000 cittadini ebrei. Nel 2020, fu cruciale per l’elezione di Biden. Qui il Presidente uscente vinse contro Trump per 81.000 voti. Gli ultimi sondaggi danno Harris al 48 per cento e Trump al 47 per cento in Pennsylvania, ma il margine di errore è di 3,6 punti percentuali. Quindi, i giochi in questo swing state sono ancora tutti aperti.
L’esito delle presidenziali è incerto anche in altri Stati, come l’Arizona, la Georgia, il Michigan, il Nevada, la North Carolina e il Wisconsin. La comunità ebraica ha il suo peso nelle elezioni anche in quanto dispone di importanti capacità finanziarie. Una delle più importanti supporter di Trump è Miriam Adelson, una miliardaria israelo-americana nata a Tel Aviv da sopravvissuti all’Olocausto, che oltre ad appoggiare il candidato repubblicano con cospicue donazioni alla sua campagna elettorale, lo ha coperto di elogi presentandolo all’evento sull’antisemitismo. Durante la sua presidenza Trump ha indubbiamente promosso alcune decisioni che Israele chiedeva da tempo, come, ad esempio, lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, il riconoscimento delle alture del Golan, strappate da Israele alla Siria durante la guerra dei sei giorni del 1967 e annesse 14 anni dopo, come territorio israeliano e l’uscita degli Usa dall’accordo sul nucleare iraniano.
A Trump, restano però da chiarire alcune discutibili frequentazioni, come quella con Nick Fuentes, antisemita dichiarato e influente suprematista bianco e con Laura Loomer, attivista di estrema destra, nota per le sue esternazioni sessiste, omofobiche, anti islam ma anche, a volte, antisemite. Discutibili per alcuni, ma per molti ebrei americani, assolutamente inaccettabili.
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