Donald Trump avrebbe approvato il piano per il cessate il fuoco presentatogli mercoledì 13 novembre a Mar a Lago dal ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer. Questo è quanto ha riportato il Wall Street Journal, che ha raccontato di come l’accordo prevederebbe il ritiro delle truppe e delle armi di Hezbollah dal confine con Israele a nord del fiume Litani, con l’esercito libanese e le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite, comprese quelle italiane che fanno parte della missione Unifil, che dovranno garantire di non fare ritorno. Inoltre il futuro presidente spera che tali misure possano attuarsi prima del suo insediamento ufficiale, il 20 gennaio 2025.

Qualora Hezbollah dovesse accettare questo accordo, l’Iran sarà al suo fianco, ha affermato Ali Larijani consigliere senior dell’ayatollah Khamenei durante un incontro a Beirut con i principali dirigenti del governo libanese. È la terza visita di alti funzionari dell’Iran da settembre 2024. In conferenza stampa Larijani ha detto di sperare in una soluzione «rapida alle sofferenze del popolo palestinese». Inoltre, in merito ai tentativi di mediazione portati avanti dagli Stati Uniti ha detto che il suo paese «non sta cercando di sabotare nulla. Noi cerchiamo delle soluzioni. Sosterremo lo stato libanese in ogni circostanza. Tutto ciò che le autorità del Libano e la “resistenza” vorranno accettare noi siamo d’accordo». Il premier libanese gli ha anche chiesto di contribuire a garantire un cessate il fuoco nella guerra tra Israele e Hezbollah.

Tregua a Gaza?

A Gaza anche Hamas sarebbe pronto per una tregua: Bassem Naim, un alto funzionario del gruppo, ha detto all’agenzia di stampa Afp che «ha invitato l’amministrazione Trump a spingere Israele a far cessare l’aggressione». Ha, poi, aggiunto: «Hamas ha informato i mediatori internazionali che è a favore di qualsiasi accordo che conduca a un cessate il fuoco definitivo, all’abbandono totale dell’esercito israeliano della striscia di Gaza consentendo il ritorno delle persone che l’hanno abbandonata, e una seria trattativa per lo scambio di prigionieri, l’ingresso degli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza». 

Nei giorni scorsi l’alto rappresentante europeo Josep Borrell ha scritto sul suo blog di «aver proposto agli stati membri dell’Ue di vietare le importazioni dagli insediamenti illegali e di sospendere il dialogo politico con Israele. Queste misure verranno discusse al Consiglio Affari esteri la prossima settimana».

Armi nucleari

Il sito di informazione americano, Axios, giovedì 15 novembre ha svelato che nell’attacco dell’Idf in Iran dello scorso ottobre sarebbe stato distrutto un impianto di ricerca sulle armi nucleari a Parchin. La testata cita come fonti tre funzionari del governo statunitensi e due israeliani: secondo la loro versione il raid ha danneggiato in modo significativo gli sforzi compiuti da Teheran nell’ultimo anno per riprendere la ricerca sulla difesa nucleare. L’Iran ha negato di continuare la ricerca in quel settore. Tanto che il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, ha diffuso un comunicato ufficiale: «Non vogliamo armi nucleari, punto». 

Intanto tra tra trattive che procedono, attacchi mirati, sul campo continua a salire il numero dei morti. L’Idf giovedì 15 novembre ha bombardato ripetutamente il quartiere residenziale di Dahiyeh nella periferia di Beirut,  indicando come obiettivi degli «edifici di Hezbollah nascosti tra quelli della popolazione». 

Gli Stati Uniti, che in questo momento stanno giocando un ruolo chiave nella mediazione tra Libano e Israele, sempre giovedì hanno dichiarato di essere contrari all'intensificarsi dei bombardamenti israeliani a Dahiyeh. Un portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant Patel, ha detto: «Non vogliamo vedere questo genere di operazioni a Beirut, soprattutto per quanto riguarda aree densamente popolate». 

La strage continua

Il ministero della Salute di Gaza ha rilasciato i nuovi dati sul numero dei morti a Gaza dall’inizio del conflitto, sono 43.674. Al momento è la zona nord della Striscia a essere oggetto dei bombardamenti israeliani, sta subendo più attacchi, in particolare le aree di Jabalia e Beit Lahiya. Le organizzazioni umanitarie descrivono una situazione catastrofica: Medici senza frontiere ha detto che le persone stanno morendo e solo una minima parte degli aiuti necessari è riuscita a raggiungere l’area.

Questa settimana Israele ha ripreso anche a bombardare Damasco, la capitale della Siria. I media locali hanno riportato raid nel quartiere Mazzé, sede delle ambasciate e degli uffici delle Nazioni Unite, i morti sarebbero sette.

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