Sarà un segno dell’imbarbarimento della conversazione pubblica, ma all’annuncio notturno che Donald Trump è risultato positivo al Covid-19, la prima domanda non è stata “se la caverà?” ma “che impatto avrà sulle elezioni?”.
L’augurio di pronta guarigione è un fatto di decenza umana, e lo sfidante democratico, Joe Biden, ha prontamente assicurato pensieri e preghiere all’avversario e alla first lady, Melania. Twittare “te la sei cercata” non è previsto dall’etichetta. Non sfugge, tuttavia, che Trump è stato il politicizzatore in capo della pandemia, ovviamente in senso negazionista, e fino a poche ore prima del tampone, quando sapeva già che una consigliera con cui ha attraversato mezza America aveva sintomi del Covid-19, andava in giro per eventi elettorali affollati senza protezioni, sfotteva in diretta l’avversario che indossa la mascherina in ogni occasione e in generale procedeva sulla strada della minimizzazione della minaccia. È inevitabile che la malattia del presidente che ha cinicamente piegato qualunque dato di realtà sul virus al servizio della sua campagna permanente diventi essa stessa oggetto di calcoli elettorali.
Le ricadute della notizia dipenderanno dal decorso della malattia: Trump per il momento ha sintomi lievi e promette di continuare la sua attività anche dall’ospedale dove è stato trasportato questa mattina, mentre i costituzionalisti rinfrescano la memoria al pubblico sul 25esimo emendamento, che regola il passaggio del potere quando il presidente non è in grado di esercitare le sue funzioni.
Ma la domanda rimane: se le condizioni di salute non precipitano, Trump sarà danneggiato o avvantaggiato dalla malattia? L’ipotesi intuitiva è che verrà penalizzato, perché ora è diventato la rappresentazione in carne, ossa e carica virale di tutto ciò che tentato di negare.
Ma l’istinto comunicativo di Trump non va sottovalutato e i leader populisti che hanno contratto la malattia, uscendone indenni, hanno in qualche modo tratto beneficio politico dalla circostanza. In Brasile Jair Bolsonaro, che ha derubricato il Covid-19 a «lieve influenza» ha toccato i massimi livelli di popolarità dopo aver passato la malattia, che non ha indotto in lui particolari ripensamenti. Il gradimento del premier britannico, Boris Johnson, è cresciuto durante il suo ricovero, salvo poi subire un crollo diverse settimane dopo la guarigione.
Trump è abituato a violare il principio di non contraddizione, e finora chi è stato convinto di poterlo disarcionare inchiodandolo alle sue incongruenze è rimasto deluso.
Date queste premesse, e scongiurando il peggioramento delle sue condizioni, non è impossibile immaginare un Trump che si tramuta nel leader che sconfigge una malattia presentata come tutto sommato non troppo temibile, l’ennesima prova da reality show, mentre la circostanza costringe Biden a moderare i toni.
Saranno calcoli senza cuore, ma seguono il filo dei ragionamenti che Trump ha svolto mentre 208mila americani morivano per il coronavirus.
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