- Al centro del nuovo processo a Donald Trump, che martedì lo ha visto nuovamente varcare la soglia di un tribunale in stato di arresto, c’è la città di Miami, dove si svolgerà la prima fase del dibattimento.
- Dopo vari mesi di indagini da parte del procuratore speciale Jack Smith, nominato dal dipartimento di giustizia lo scorso 18 novembre, Trump è stato incriminato per la sottrazione di decine di documenti riservati durante la sua presidenza e stoccati nella sua attuale residenza, la tenuta di Mar-a-Lago, in Florida.
- Trump si è dichiarato non colpevole per tutti i 37 capi di imputazione che gli sono stati contestati. Dopo l'arresto e l'udienza al tribunale federale di Miami, si è fermato in un ristorante cubano per salutare alcuni suoi sostenitori.
Al centro del nuovo processo a Donald Trump, che martedì lo ha visto nuovamente varcare la soglia di un tribunale in stato di arresto, c’è la città di Miami, dove si svolgerà la prima fase del dibattimento. Una circostanza significativa per varie ragioni.
La maggiore città della Florida, infatti, è anche la più grande in America a essere governata da un sindaco repubblicano, Francis Suarez. Anche se formalmente indipendente, è stata nominata da Trump anche Aileen Cannon, la giudice distrettuale che sovrintenderà alla conduzione dell’intero procedimento giudiziario.
Dopo vari mesi di indagini da parte del procuratore speciale Jack Smith, nominato dal dipartimento di giustizia lo scorso 18 novembre, Trump è stato incriminato per la sottrazione di decine di documenti riservati durante la sua presidenza e stoccati nella sua attuale residenza, la tenuta di Mar-a-Lago, in Florida.
Un’opzione obbligata per il procuratore Smith, che ha diramato diversi capi d’accusa tra cui anche la violazione dell’Espionage Act del 1917, una legge varata durante la Prima guerra Mondiale per colpire chi avesse sottratto informazioni riservate per scopi personali.
Trump si è dichiarato non colpevole per tutti i 37 capi di imputazione che gli sono stati contestati. Dopo l'arresto e l'udienza al tribunale federale di Miami, si è fermato in un ristorante cubano per salutare alcuni suoi sostenitori. L'ex presidente, apparso sorridente, è stato accolto da applausi e grida di approvazione e ha posato per alcune foto.
Poi ha scritto sul suo social network, Truth, sostenendo che fosse una giornata triste per l’intero paese. Ma ha ringraziato comunque Miami per «un’accoglienza così calda».
Amministrazione radicale
La città nota nel mondo per la sua vasta comunità di cubano-americani è un unicum, in un paese dove il divario città-campagna si vede anche nella scelta dei primi cittadini. A Miami, dal 2017, il sindaco è il repubblicano Francis Suarez, anche lui di origine cubana.
Figlio dell’ex sindaco Xavier Suarez, primo cittadino a cavallo tra anni Ottanta e Novanta e nipote di un ex docente universitario fuggito dall’isola in seguito all’avvento di Castro, Suarez ha voluto dare un’impronta radicale al governo della città.
Non solo ha reso la città un hub per l’utilizzo delle criptovalute, ma ha anche lanciato un piano per superare gradualmente l’utilizzo delle tasse cittadine per il funzionamento dei servizi. Ad esempio, per finanziare il piano Miami Forever, che prevede la costruzione di case popolari e l’innalzamento di barriere per proteggere la città dal graduale innalzamento del livello del mare, ha lanciato una sottoscrizione pubblica da 400 milioni di dollari.
Anche sulla sicurezza ha lanciato politiche che riducono drasticamente il tasso di crimini in città Non è però un repubblicano trumpista ortodosso, né tantomeno è un fan del secondo repubblicano più famoso, il governatore Ron DeSantis.
Nel corso del 2020 ha firmato varie ordinanze di chiusura contro la diffusione del Covid e nel 2020 ha stabilito che una parte della polizia municipale venisse stanziata per controllare che ovunque venisse utilizzata la mascherina, in netto contrasto con la politica aperturista del governatore, con il quale c’è una certa animosità, dato che non l’ha votato né nel 2018 né lo scorso novembre.
Manifestanti e avvocati
Trump non ha potuto contare sul voto di Suarez nel 2020, anche se è anche grazie al consenso del sindaco che Trump ha raccolto il 45 per cento dei voti in città, un rialzo di dodici punti rispetto al 2016.
Ad ogni modo Suarez ha chiesto che i manifestanti protestino in modo pacifico fuori dal tribunale per evitare disordini, una richiesta che forse aiuta anche il sempre più diradato team legale di Trump, che teme che in futuro un evento anche lontanamente simile all’assalto di Capitol Hill il 6 gennaio 2021 comprometterebbe in modo irrimediabile le sue chance di uscire assolto dal processo.
A presiedere in tribunale però non è stata la giudice Cannon, bensì Jonathan Goodman, un veterano delle aule di giustizia ed ex giornalista, che questa settimana ha il compito di presiedere i processi che si svolgono nella corte distrettuale.
Al netto di questo però la giudice Cannon avrà l’ingrato compito di guidare tutto il processo e di consentire ad accusa e difesa l’uso o meno di testimoni in aula, la presenza di telecamere televisive e altri dettagli che fanno dubitare della sua imparzialità.
Anche se i tre giudici nominati da Trump presso la Corte Suprema hanno rigettato compatti la lunga serie di ricorsi sulle presunte frodi elettorali che sarebbero avvenute nel novembre 2020, non sappiamo come si comporterebbe Cannon.
Secondo gli analisti, non c’è un obbligo legale che la giudice si ricusi, ma potrebbe essere questione di opportunità politica. Anche se difficilmente potrà comportarsi in modo parziale, difficile non notare come le circostanze ambientali non siano ostili a Trump come nel caso di altri processi, primo tra tutti quello civile che si svolgerà a Manhattan sotto la guida del procuratore distrettuale Alvin Bragg.
Una giuria estratta a sorte a Miami, probabilmente, potrà contenere diversi fan dell’ex presidente che sono propensi a credere alla tesi dell’errore materiale sulla scorta di quanto avvenuto per i documenti rinvenuti appartenenti all’ex vicepresidente Mike Pence e al presidente Joe Biden.
Anche se la mole di prove contro l’ex presidente, comprendente un’intercettazione dove Trump si mostra consapevole dell’illegalità dei suoi gesti e numerose foto che ritraggono scatoloni di cartone posti nei numerosi bagni del suo resort in Florida, rende difficile una piena assoluzione.
Anche in quel caso però il presidente può sempre giocare la carta dell’outsider che viene ostacolato da un partito repubblicano ancora controllato da un establishment in combutta coi democratici che non vuole il suo ritorno per oscure ragioni che ammiccano al mondo complottista di QAnon.
Insomma, l’ex presidente per quanto in difficoltà ha numerose carte da giocarsi in una città che tutto sommato ama le politiche conservatrici e la cui opinione pubblica potrebbe sposare una tesi di compromesso: anche se Trump può aver commesso dei reati in passato, sarebbe ingiusto impedirgli di correre per la presidenza. Proprio quello che Trump più desidera.
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