L’ex anchorman di Fox News ha lanciato il suo servizio on demand in streaming al costo di 9 dollari al mese, senza ricorrere all’aiuto di X, l’ex Twitter di Elon Musk. La nuova piattaforma non dovrà rendere conto a terzi e sarà libera di usare messaggi sempre più estremi per cementare il sostegno a Trump da parte della destra nazional-conservatrice
Dopo essere stato l’anchorman televisivo più pagato da un network, ora Tucker Carlson, fino allo scorso aprile conduttore di punta di Fox News, è diventato lui stesso un canale in streaming. Nel senso che lunedì ha lanciato un servizio chiamato Tucker Carlson Network. Chi pagherà 9 dollari al mese di abbonamento, si legge sulla homepage, potrà vedere diversi programmi come le sue interviste lunghe, ma anche contenuti più brevi e persino i monologhi che Carlson ha fatto, in forma più ridotta, durante il suo slot serale su Fox News dal 2016 al 2023.
Inizialmente sembrava che ci sarebbe stato il sostegno dell’infrastruttura digitale di X, l’ex Twitter trasformato dal suo nuovo proprietario Elon Musk, che pure dalla scorsa primavera trasmette molte interviste moderate da Carlson, incluse quelle al futuro presidente argentino Javier Milei e a Donald Trump. Secondo un retroscena pubblicato dal Wall Street Journal, X non si sarebbe mosso abbastanza in fretta per le esigenze dell’ex conduttore, che quindi avrebbe deciso di fare da sé.
Lo stesso Carlson ha però aggiunto, durante un’intervista con la sua ex collega di Fox News Megyn Kelly, famosa per essere stata una feroce critica di Donald Trump che di recente si è riavvicinata al mondo Maga, che l’app in questione non è fatta per lo scopo che si era preposto, ovverosia proporre una paginata dove l’utente può scegliere tra i vari contenuti.
Possibile, però, che
non si sia voluto spingere in questa direzione per il ruolo sempre maggiore che Carlson ha nella campagna elettorale di Donald Trump, per la quale agisce quale ministro degli Esteri informale (è nota la sua volontà di connettere tra di loro tutti i leader nazional-conservatori) e persino quale potenziale vicepresidente, secondo alcune indiscrezioni.
La squadra e i finanziatori
Certo, è lontano il Musk indicato nello stato dell’Unione del 2015 quale imprenditore «green e coraggioso» da parte dell’allora presidente dem Barack Obama. Il patron di Tesla sabato sarà addirittura a Roma per partecipare ad Atreju, la manifestazione organizzata dai giovani di Fratelli d’Italia. Ma forse il magnate di origine sudafricana è poco propenso ad aiutare un leader come Trump, che verso di lui ha sempre provato poca simpatia e che ha disprezzato sue creature come Tesla, definita azienda produttrice «di auto che non vanno da nessuna parte».
A ogni modo Carlson ha ingaggiato l’ex advisor di Trump Neil Patel, suo socio di lunga data, attivo sin dalla creazione del sito di news conservatore The Daily Caller, fondato nel 2010 e che Patel oggi controlla come socio unico. Patel sarà l’amministrazione delegato del nuovo servizio di streaming e cercherà di evitare quanto successo alla già citata Megyn Kelly e all’ex star radiofonica Glenn Beck, i quali si sono lanciati in imprese individuali che, pur funzionando, non hanno lontanamente toccato i picchi d’influenza che questi personaggi avevano in precedenza.
In questa impresa è coinvolto un altro pezzo pregiato strappato a Fox News, l’ex vicepresidente Justin Wells, che si occupava dello slot di Carlson e prossimamente avrà come nuovo incarico la supervisione sulla programmazione. Ad averci messo i soldi, il fondo d’investimento 1789 Capital, attivo nel sostenere imprese mediatiche che combattano contro la «wokeness aziendale» e che hanno versato nel nuovo network circa 15 milioni di dollari.
La battaglia con Fox News
Tutto ok? Forse no, perché c’è ancora qualcosa in sospeso. Non è finito tutto dopo il burrascoso e improvviso licenziamento di Carlson da parte di Fox News, probabilmente legato al patteggiamento del network con Dominion Voting System, che ha causato un pagamento di 787 milioni di dollari verso l’azienda produttrice di macchine elettroniche per il voto, ripetutamente accusata dall’allora tribuno televisivo di essere responsabili delle «frodi elettorali» avvenute durante le elezioni presidenziali del 2020.
Secondo alcune voci Fox News sarebbe pronta a citare in giudizio Carlson perché, ufficialmente, non potrebbe ancora lanciare sue nuove imprese mediatiche, secondo l’accordo firmato dalle parti in primavera. Al momento però Carlson ha ancora una percentuale infinitesimale degli spettatori su cui poteva contare ogni sera, visto che il suo pubblico, spesso over 60, ha ancora poca dimestichezza con le nuove forme di streaming di contenuti video.
Certo, è chiara la sua volontà di essere completamente libero di esprimersi, senza dover rendere conto né a Fox News e al suo proprietario Rupert Murdoch né tantomeno a Elon Musk che fino a oggi ha ospitato i suoi video su X.
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