Un anno fa la Russia ha invaso l’Ucraina puntando a decapitarne le leadership e chiudere il conflitto in pochi giorni. Il piano si basava sulla rapida conquista di Kiev con un colpo di mano guidato dai parà. Alla fine di quel primo giorno era chiaro che se l’Ucraina avrebbe ancora potuto perdere la guerra, la Russia ormai non aveva più possibilità di vincerla
Il primo giorno dell’invasione dell’Ucraina è stato anche il più importante. Quella mattina, il presidente russo Vladimir Putin aveva annunciato la sua “operazione militare speciale” e la “denazificazione” dell’Ucraina. Pochi minuti dopo, le forze armate russe hanno lanciato un’invasione che ha sorpreso tutti per le sue dimensioni e la sua ambizione.
Nessuno poteva saperlo in quelle ore di panico e terrore, ma in quel primo giorno il piano russo aveva già mostrato tutte le crepe che nel giro di poche settimane lo avrebbero mandato in frantumi. Putin si aspettava di decapitare la leadership ucraina con un rapido colpo di mano sulla capitale Kiev e poi liquidare il resto della resistenza in poche settimane. Un anno dopo è chiaro che se l’Ucraina può ancora uscire sconfitta da questo conflitto, quel giorno la Russia ha perso ogni possibilità di vincerla. Questa è la cronaca, ora per ora, di quella giornata.
Ore 5.00 – Kiev
Il presidente Putin ha concluso da pochi minuti il discorso in cui annuncia l’inizio della sua “operazione militare speciale” e in tutta l’Ucraina iniziano a sentirsi esplosioni. In realtà è almeno un’ora che alla capitale arrivano notizie di attacchi con razzi e artiglieria nelle aree di confine con la Russia. La guarnigione di Milovo, nel Donbass, è stata attaccata alle 3.40.
Ma ora a Kiev arrivano notizie di attacchi anche in aree lontanissime da quello che sta per diventare il fronte di guerra. Due forti esplosioni vengono sentite a Kramatorsk, un importante snodo ferroviario in Ucraina orientale, praticamente nell’istante in cui Putin pronuncia “operazione militare speciale”.
A essere colpite sono basi aeree, centri di comando militari, stazioni radar e altri obiettivi strategici che i russi hanno avuto tutto il tempo per identificare. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky riunisce il suo Consiglio nazionale di difesa e sicurezza.
Ore 5.00 – Kharkiv
Il generale Valerii Zaluzhnyi, comandante in capo delle forze armate ucraine, telefona a tutti i suoi comandanti locali e ordina di resistere. Tra i primi a cui telefona c’è Pavlo Fedosenko che da Kharkiv comanda la 92esima brigata meccanizzata, che con i suoi 4.500 soldati ha il compito di difendere 300 chilometri di confine con la Russia. Fedosenko ha poca scelta oltre che cercare di difendere Kharkiv, la seconda città del paese. Secondo la storia ufficiale ucraina, le sue truppe saranno le prime ad impegnare i russi in combattimento via terra.
Ore 5.30 – Hostomel
Vitalii Rudenko, comandante dell’aeroporto di Antonov di Hostomel, un aeroporto per aerei cargo a soli 15 chilometri dalla capitale, viene svegliato da una telefonata. «Alzatevi e preparatevi a combattere», gli dice uno dei suoi superiori. Rudenko fa parte del 72esima brigata meccanizzata, un’unità composta da veterani e forze speciali. Ma la parte più preparata della brigata è stata spedita in Donbass alcuni giorni prima e il resto dell’unità è sparso intorno alla capitale.
Nei pressi dell’aeroporto ci sono circa 200 soldati ucraini, quasi tutti giovani e inesperti. Rudenko ordina i posti di combattimento. Si aspetta un lancio di missili da un momento all’altro, al massimo un attacco aereo per rendere inutilizzabile la pista dell’aeroporto. Non immagina che in poche ore quella dell’aeroporto Antonov diventerà una delle battaglie più importanti della guerra.
Ore 6.42 Kiev
Zelensky si rivolge al popolo ucraino nel suo primo video messaggio dall’inizio dell’invasione. Il presidente è nel suo ufficio e tiene lo smartphone con entrambe le mani rivolto verso sé stesso. Parla per pochi minuti, faticando a nascondere la sua stessa sorpresa per gli avvenimenti. Zelensky invita i suoi concittadini alla calma, parla di raid aerei e attacchi di artiglieria. Non accenna ancora all’invasione. Sarà l’ultima volta in cui gli ucraini lo vedranno con indosso la camicia bianca e l’abito grigio del presidente del tempo di pace.
Ore 8.00 – Kiev
I parlamentari ucraini si riuniscono nella Rada per votare lo stato di guerra con la Federazione russa. C’è stata una breve discussione nel corso dell’ora precedente, quando è arrivata la convocazione. Non è troppo pericoloso riunirsi tutti nello stesso edificio, si chiedono alcuni deputati, cosa accadrebbe se venissimo colpiti da un missile? Ma alla fine si decide che riunirsi in un altra località sarebbe ancora più rischioso: il Cremlino potrebbe dire che sono fuggiti in Polonia e dichiararli un parlamento illegittimo. I 300 deputati presenti votano all’unanimità lo stato di guerra.
Ore 8.00-9.00 – Tutta l’Ucraina
L’esercito russo entra in Ucraina in una dozzina di punti. Da nord tre colonne scendono verso Kiev, Sumy e Chernihiv. Da est attaccano Kharkiv e più a sud avanzano verso Mariupol. Dalla Crimea avanzano verso nord, in direzione di Kherson e Melitopol senza quasi incontrare resistenza. La speranza che l’invasione russa sia un attacco limitato al Donbass svanisce.
Il piano del Cremlino è chiaro: si tratta di un’invasione a tutto campo che, come ha detto Putin nel suo discorso, mira a eliminare la leadership ucraina. È un attacco che sembra un incrocio tra l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968 e il colpo di stato in Afghanistan nel 1979. I russi avanzano a tutta velocità sulle strade principali, se incontrano resistenza non si fermano, ma si limitano ad aggirare l’ostacolo. Tutte le frecce sulla mappa dell’invasione sembrano puntare su un obiettivo soltanto: Kiev.
Ore 9.00 – Hostomel
Gli impiegati civili della società Antonov arrivano all’aeroporto di Hostomel. Con le strade bloccate da migliaia di persone che cercano di lasciare la capitale e le cittadine della sua periferia settentrionale, hanno impiegato più di un’ora per fare un tragitto che di solito richiede 15 minuti.
Nell’aeroporto presidiato dai soldati ucraini che scrutano ansiosamente il cielo, i civili hanno una principale preoccupazione: cosa fare dell’Antonov 225 Mriya, l’aereo cargo più grande del mondo e una fonte di orgoglio per il paese. Il gigantesco velivolo si trova in un hangar dell’aeroporto e proprio ieri sera ha ultimato un ciclo di riparazioni. Viene discussa la possibilità di farlo decollare e portarlo in Germania, ma la scelta viene ritenuta troppo pericolosa per i piloti. Una volta in volo l’aereo sarebbe una preda facile per i caccia russi. Gli impiegati decidono di aspettare e vedere come evolve la situazione.
Ore 10.00 – Hostomel
I soldati all’aeroporto di Hostomel sentono il rumore degli elicotteri molto prima di vederli. I russi volano a bassa quota lungo il fiume Dniepr. Sbucano improvvisamente dietro una linea di alberi ed iniziano ad aprire il fuoco. I primi ad arrivare sono gli elicotteri da combattimento Mi-24 e i modernissimi Ka-52. Subito dietro arrivano una quarantina di Mi-8: grossi elicotteri da trasporto pieni di paracadutisti d’élite. Inizialmente gli ucraini faticano a credere ai propri occhi.
Si aspettavano un attacco aereo, un bombardamento, ma quello che hanno di fronte è un vero colpo di mano. Un tentativo di impossessarsi dell’aeroporto più vicino alla capitale. Lo scopo non può che essere uno: conquistare la pista, utilizzarla per trasportare rapidamente nuovi rinforzi e marciare sulla capitale.
Ore 10.54 – Kiev
Nella capitale si sfiora il panico. Notizie di bombardamenti aerei e attacchi via terra arrivano da tutto il paese. Le comunicazioni con Kherson, capitale regionale del distretto che fronteggia la Crimea, sono impossibili. I russi sembrano essere dappertutto. Zelensky annuncia la distribuzione di armi alla popolazione della capitale. Il sindaco di Kiev dice di avere 50mila fucili da distribuire. Il ministero della Difesa invita gli abitanti della capitale a preparare bombe molotov da lanciare contro gli invasori.
Ore 12.00 – Isola dei Serpenti
La guarnigione della piccola isola strategica al largo di Odessa è stata la prima ad accorgersi della guerra. Alle 3 di mattina la sua stazione radio intercetta un messaggio inviato dall’incrociatore russo Moskwa che avverte le navi civili ucraine di abbandonare l’area intorno all’isola a causa delle mine appena disposte. Da quasi nove ore i soldati si trovano ai posti di combattimento. Dall’incrociatore Moskwa viene intimata la resa. «Nave da guerra russa, vai a fare in culo», rispondono gli ucraini. Alle 12, aerei e navi iniziano il bombardamento dell’isola.
Ore 12.00 – Hostomel
All’aeroporto Antonov gli ucraini rispondono all’attacco degli elicotteri con missili antiaerei portatili. Diversi elicotteri russi vengono colpiti e precipitano nel fiume. Finisce abbattuto anche uno dei costosi Ka-52. Gli ucraini sono stati sorpresi, ma anche i russi non si aspettavano una resistenza così determinata.
Le truppe russe che stanno scendendo dalla Bielorussia, appena due ore di macchina di distanza, non sono però distanti. E nel frattempo nuovi rinforzi arrivano nei pressi dell’aeroporto con gli elicotteri. Gli ucraini stanno esaurendo le munizioni e sono costretti a una lenta ritirata.
Ore 14.00 – Chernobyl
La vecchia centrale nucleare si trova praticamente al confine con la Bielorussia, lungo una delle strade principali che portano a Kiev. La sua piccola guarnigione ha combattuto fin dal mattino cercando di rallentare la colonna russa diretta verso la capitale. Alle ore 14 i suoi ufficiali, esausti, si arrendono ai russi.
Ore 14.26 – Kiev
Non c’è alcuna buona notizia in arrivo per gli ucraini. Gli alleati internazionali sono stati rapidi a condannare l’invasione e a promettere sostegno, ma la richiesta di Zelensky di un’immediata No fly zone non riceve, prevedibilmente, alcuna risposta. Con l’aeroporto Antonov sul punto di cadere e le truppe russe che avanzano su tutti i fronti, sembra possibile che i russi concludano l’operazione militare prima che gli alleati abbiano il tempo di approvare le loro sanzioni. Lo staff di Zelensky comunica che il palazzo presidenziale potrebbe finire sotto attacco da un momento all’altro e invita i giornalisti che seguono il presidente a tornare alle loro abitazioni. Armi e munizioni vengono distribuire ai membri della Rada e ai loro staff.
Ore 15.00 – Hostomel
Poco prima delle 15, con le munizioni ormai esaurite, Rudenko ordina alla guarnigione dell’aeroporto Antonov di ritirarsi. Oggi sostiene che i suoi uomini non abbiano subìto perdite, a parte un numero non precisato di prigionieri. Anche i russi sostengono di non aver avuto morti nell’operazione. Mentre gli ucraini si ritirano, altri elicotteri portano nuovi rinforzi ai russi. Alle 15.35 una squadra di parà arriva in cima all’edificio della torre di controllo e innalza la bandiera russa. La ritirata degli ucraini è disperata. Chi non riesce a salire su un veicolo viene aiutato dai civili circostanti a cambiarsi i vestiti e fuggire tra le case. I dipendenti della Antonov vedranno il Mriya per l’ultima volta. L’aereo sarà distrutto in un attacco di artiglieria pochi giorni dopo.
Ore 15.25 – Mosca
Mentre la televisione di stato annuncia la cattura dell’aeroporto Antonov, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, dichiara che quello in corso non è l’inizio di un conflitto. «È molto importante da capire: questa è la fine di una guerra».
Ore 16.00 – Hostomel
All’aeroporto Antonov i russi non hanno molto tempo per celebrare la ritirata degli ucraini. Pochi minuti dopo la fine dei combattimenti, sulla pista e gli edifici circostanti iniziano a piovere i razzi dell’artiglieria ucraina. I parà russi corrono a ripararsi. Né loro, né Rudenko, l’ufficiale ucraino che si è appena ritirato, sanno che alla fine di gennaio il direttore della Cia in persona, William J. Burns, si era recato a Kiev per avvertire il governo dell’intenzione russa di occupare l’aeroporto Antonov con un colpo di mano.
In quei giorni era solo uno dei tanti avvertimenti che gli americani condividevano con gli ucraini e non era abbastanza circostanziato da spingere con decisione la guarnigione. Ma lo era a sufficienza da convincere il comandante in capo Zaluzhny a spostare cannoni e lanciarazzi in modo da averli a portata degli accessi settentrionali alla città e della pista dell’aeroporto.
Nel pomeriggio del 24 febbraio, nascosti nei loro ripari, i russi possono soltanto guardare i proiettili che iniziano a scavare profondi buchi sulla pista di atterraggio e chiedersi se saranno in grado di utilizzare l’aeroporto per ricevere rinforzi.
Ore 17.00 – Isola dei Serpenti
Dopo alcune ore di bombardamento, la guarnigione dell’Isola dei Serpenti si arrende. Per giorni saranno creduti morti e il mito del «Nave russa vai a fare in culo» diventerà un grido di battaglia dei primi giorni della difesa. La guarnigione dell’isola ritornerà in ucraina dopo uno dei primi scambi di prigionieri.
Ore 18.00 – Kiev
In un nuovo video Zelensky appare per la prima volta nella sua uniforme di fatica militare, l’abito che da un anno il mondo si è ormai abituato a vedergli indosso. Dal bunker sotto il palazzo presidenziale annuncia che una nuova cortina di ferro è scesa sull’Europa e che «la prima ondata» dell’attacco russo è stata fermata. Si tratta di un’affermazione ottimistica, ma non troppo lontana dalla realtà.
A Kharkiv la 92esima brigata sta resistendo e non dà segni di cedere. Nessuna grande città del nord e dell’est si è arresa, mentre in Donbass gli attacchi contro le linee fortificate ucraine sono stati respinti facilmente. Ma a Kherson la situazione è gravissima e la città sembra sul punto di cadere. A nord di Kiev le truppe russe continuano ad avvicinarsi. E infine c’è il problema dell’aeroporto di Antonov, ancora in mani russe: una spina che rimane puntata al cuore dell’Ucraina.
Ore 20.00-22.00 – Kiev
Con l’oscurità è scesa una calma apparente sulla linea del fronte, che ormai ingloba l’intera metà orientale dell’Ucraina. Ma Kiev sembra ancora in pericolo. Nel pomeriggio, forze speciali russe sono state avvistate nei sobborghi della capitale.
Ci sono state sparatorie, non è chiaro se tra ucraini e sabotatori russi o se tra gli stessi ucraini. Fonti di governo annunciano più volte la ricattura dell’aeroporto Antonov, ma sono notizie false, date nella confusione o per cercare di tenere alto il morale. Un’altra fonte di governo dice che 18 grandi aerei da trasporto russi con migliaia di soldati russi a bordo sono in volo diretti verso l’Ucraina. Secondo molti puntano su Hostomel. Gli Stati Uniti offrono a Zelensky l’evacuazione dal paese.
Ore 22.00 – Hostomel
Intorno alle 22, il comandante in capo delle forze ucraine Zalhuzny da ordine di riconquistare l’aeroporto. Soldati della 72esima brigata meccanizzata e della Legione georgiana, un gruppo di volontari provenienti dalla Georgia, arrivano in elicottero nei pressi dell’aeroporto e lanciano un contrattacco. Quello che avviene nelle ore successive resta ancora oggi poco chiaro. Secondo il governo ucraino, i soldati riescono a conquistare l’aeroporto e i parà russi sono costretti a disperdersi nei boschi circostanti.
A notte inoltrata, alcuni soldati della 72esima pubblicano sui social una fotografia in cui stringono in mano una bandiera ucraina lacerata che sostengono sia stata scattata nell’aeroporto. Diversi militari che hanno partecipato all’azione e alcuni prigionieri russi sostengono invece che i russi non hanno mai perso il controllo dell’aeroporto quella notte. Quello che è certo, invece, è che i bombardamenti ucraini del pomeriggio e il contrattacco della notte rendono l’aeroporto inutilizzabile. I 18 aerei da trasporto russi non si materializzeranno mai. La pista, danneggiata dalle esplosioni, non sarà utilizzabile per settimane. I russi si disperderanno nei villaggi circostanti senza riuscire ad avanzare. Nella vicina Bucha, uccideranno e tortureranno centinaia di civili, spesso accusandoli di fornire coordinate all’artiglieria ucraina che non lascia loro tregua.
Ore 00.00 – Kiev
Poco prima di mezzanotte, Zelensky compare in televisione per il suo ultimo annuncio della giornata. Il volto teso e la voce cavernosa, Zelensky riassume i principali avvenimenti, torna a chiedere l’aiuto degli alleati e annuncia che resterà a Kiev. La prima giornata di guerra si è conclusa. Anche se nessuno lo immagina e anche se gli esperti danno all’Ucraina pochi giorni di resistenza prima dell’inevitabile tracollo, il pericolo più grande è passato.
Putin e il suo esercito hanno tentato di chiudere la guerra in 24 ore, con una spallata ambiziosa e arrogante. A Kherson e in altre regioni hanno avuto fortuna e successo. Ma il piano si basava su una rapida conquista di Kiev. E ad Hostomel il piano è fallito.
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