- Babin Yar, nella periferia nord di Kiev, sembra un normale parco. Invece, è la più grande fossa comune d’Europa: lì nel 1941 sono state uccise oltre 100mila persone, di cui oltre un terzo ebrei, vittime del cosiddetto “Olocausto dei proiettili”.
- Fino a oggi, Babin Yar non ha mai avuto un suo museo o memoriale. Ma le nuove installazioni del Babin Yar Holocaust Center sono al centro di polemiche per finanziamenti provenienti da cittadini russi.
- Anche per questo motivo non saranno presenti all’inaugurazione del 6 ottobre rappresentanti del governo americano. Mentre è a Kiev il presidente israeliano Isaac Herzog, che ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla vigilia della cerimonia.
Chi cammina per Babin Yar, nella periferia a nord di Kiev, ha l’impressione di trovarsi in un normale parchetto di periferia, fra gente che gioca a palla o beve birre nelle ore serali. E invece è la più grande fossa comune d’Europa.
Su quel fazzoletto di terra sono state uccise oltre 100mila persone, secondo le stime, di cui oltre un terzo ebrei ammazzati in soli due giorni dopo l’invasione nazista di Kiev nel settembre 1941. È l’evento simbolo del cosiddetto “Olocausto dei proiettili”, che ha fatto un numero di vittime quasi paragonabile ai campi di sterminio.
Una tragedia senza memoriali
Ma fino all’ottantesimo anniversario che cade quest’anno, Babin Yar non ha avuto un suo museo o memoriale. L’Unione Sovietica era restia a ricordare una tragedia legata a uno specifico gruppo nazionale, e vi ha dedicato solo uno sparuto monumento «Ai cittadini sovietici» nel 1976. E, nei trent’anni trascorsi dall’indipendenza dell’Ucraina, tutti i progetti importanti sono naufragati. A parte alcune statue resta insomma valida la famosa frase del poeta Yevgeny Yevtushenko, poi ripresa in una sinfonia di Dmitri Shostakovich: «Non c’è un monumento a Babin Yar».
Ora le cose stanno cambiando. La cerimonia, che nella serata di mercoledì coinvolge il Presidente israeliano Isaac Herzog, quello ucraino (di origine ebraiche) Volodymyr Zelensky e il tedesco Frank-Walter Steinmeier, oltre all’albanese Ilir Meta, è anche il battesimo del fuoco del memoriale diffuso del Babi Yar Holocaust Memorial Center.
Il consorzio privato sta edificando una serie di installazioni nel parco per dare finalmente peso alla gola in cui le vittime, per massimizzare lo spazio, venivano fatte sdraiare le une sulle altre prima di essere travolta dalle raffiche di mitragliatrice.
«Era ora, dopo ottant’anni, che si concretizzasse qualcosa per ricordare», ha detto a Domani l’artista serba Marina Abramović, nota come «nonna della performance art», arrivata da New York per parlare davanti alla sua nuova opera d’arte a Babin Yar.
È un muro di carbone brasiliano su cui sono incastonate scaglie di quarzo dell’Ucraina, «un lavoro ispirato al muro del pianto di Gerusalemme che vuole aiutare a prendersi il tempo per una riflessione, lontano dalla frenesia dei telefonini e dei social», dice invitando i visitatori a chiudere gli occhi di fronte alla parete nera che luccica nel mezzo del parco.
Le polemiche
Ma mentre l’opinione pubblica ucraina riscopre una storia così a lungo repressa, il progetto viene investito da una polemica. La radice del problema è che una parte importante del finanziamento privato dietro l’iniziativa arriva dall’imprenditore Mikhail Fridman, che è russo. Fridman, già noto a Kiev in quanto proprietario della banca Alfa Group e di altre importanti industrie nel Paese, è originario di Leopoli in Ucraina occidentale ed è di famiglia ebraica, ma tanto non basta a proteggerlo dall’accusa di essere portatore di interessi stranieri.
Oltre a lui è russo anche il miliardario German Khan, che fa parte del board, e il controverso direttore artistico Ilya Khrzhanovsky, che ha attirato critiche nei confronti del progetto proponendo un gioco di ruolo interattivo al memoriale. Dopo anni di guerra nel Donbass e di occupazione della Crimea, invasa nella guerra del 2014, è inevitabile che la diffidenza nei confronti di Mosca si sia profondamente radicata nel Paese. Tanto più che Fridman è considerato molto vicino al Cremlino, secondo i detrattori del progetto «uno dei più stretti oligarchi di Vladimir Putin».
«È inaccettabile che nel pieno di una guerra un’importante iniziativa culturale venga lasciata nelle mani della potenza occupante», dice Alex Dunai, studioso ucraino della storia dell’Olocausto nell’Est-Europa. «È necessario fare qualcosa a Babin Yar, ma il controllo dovrebbe essere nelle mani del governo ucraino, con una vera dialettica con i cittadini. Altrimenti rischiamo che i russi strumentalizzino la ricostruzione storica, per esempio enfatizzando il ruolo dei collaborazionisti ucraini», dice.
Anche Yosyf Zisels, un importante esponente della comunità ebraica nella capitale, si è opposto denunciando il memoriale addirittura come una forma di «guerra ibrida» di Putin. Per lo stesso motivo gli inviti per la cerimonia di mercoledì mandati alla Casa Bianca, prima al Presidente Joe Biden e poi al Segretario Antony Blinken, sono stati rispediti al mittente.
Nataliya Gumenyuk, intellettuale e scrittrice ucraina, osserva però come «la paranoia con cui le élite culturali ucraine fanno la guerra all’iniziativa di Babyn Yar non fa una buona impressione». E ancora: «Oggi è molto difficile definire quali sono capitali russi in Ucraina e quali no, il progetto del Babi Yar Holocaust Memorial Center sembra fatto in buona fede, con il coinvolgimento di istituzioni autorevoli come lo Yad Vashem. Come mai l’impegno di Fridman, che è uno degli oligarchi considerati migliori nel circolo di Putin, va bene quando investe nell’economia ma non quando si tratta di una donazione?», chiede.
Secondo Gumenyuk, l’ostruzionismo di Zisels e di una parte della comunità ebraica di Kiev sarebbe legato «alla gelosia per la riuscita, almeno finora, di un progetto arrivato da fuori, dopo così tanti tentativi falliti».
L’incontro fra Herzog e Zelensky
Nel meraviglioso palazzo presidenziale voluto da Caterina II di Russia come residenza di vacanze di Kiev, di fianco al parlamento conosciuto come Rada, si sono incontrati alla vigilia dell’inaugurazione i presidenti Herzog e Zelensky. L’incontro più unico che raro fra due capi di Stato ebrei – l’ex comico ucraino tende a non enfatizzare questo aspetto della propria identità – ha però schivato la polemica di Babin Yar, citando l’anniversario solo brevemente nelle dichiarazioni.
Davanti ai giornalisti della stampa nazionale, Zelensky ha messo sullo stesso piano l’Olocausto e l’Holodomor, la carestia causata dalle politiche di confisca ai danni dei piccoli proprietari terrieri detti kulaki, all’epoca di Stalin negli anni trenta. Proprio la memoria dell’Holodomor è un altro terreno di scontro culturale durissimo con Mosca.
Ma l’agenda di Zelensky all’incontro è sembrata perlopiù rivolta al presente. Ha ringraziato «il sostegno di Israele alla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina» e chiesto che si rinnovi in vista di imminenti iniziative di Kiev alla Nazione Unite sulla questione della Crimea. Secondo rumori di corridoio l’Ucraina avrebbe chiesto a Israele di accedere al sistema di protezione missilistico «cupola di ferro», decisivo nelle sue guerre con Gaza.
Per Herzog, il presidente israeliano, si tratta del primo viaggio all’estero dopo la nomina. «Mi ricordo il commovente incontro fra mio padre, Chaim Herzog, il sesto presidente di Israele, e il vostro primo presidente ed eroe ucraino, Leonid Kravchuk, quando furono stabilite relazioni diplomatiche fra i nostri due paesi», ha detto, prima di dare a Zelensky appuntamento al burrone di Babin Yar.
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