La presidente della Commissione in visita nel paese prova a forzare la mano sulla cooperazione. Ma, dalla difesa europea agli attacchi in Russia, il fronte pro Kiev è sempre più diviso e litigioso
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, arriva a Kiev e promette a Kiev un prestito da 35 miliardi di euro, finanziato con i proventi degli averi russi congelati in Europa. «Gli implacabili attacchi russi rendono necessario il continuo sostegno dell'Ue all'Ucraina», ha detto von der Leyen, nel corso della sua ottava visita dall’inizio del conflitto. Il suo obiettivo: mettere alleati e avversari in Europa e fuori di fronte al fatto compiuto e superare così le resistenze ad un piano, quello di sfruttare i beni russi per finanziare Kiev, che ha più di un detrattore.
Soldi e bombe
«La stagione del riscaldamento si sta avvicinando e la Russia non cessa i suoi attacchi», ha scritto su X von der Leyen appena arrivata alla stazione di Kiev con un treno dalla Polonia. Poco dopo, quasi a conferma delle sue parole, gli allarmi aerei sono suonati in tutto il sud dell’Ucraina, seguiti da un missile balistico russo che ha colpito il porto di Odessa, ferendo quattro persone e danneggiando un cargo battente bandiera di Antigua.
«Spenderemo questo denaro per riparare le nostre infrastrutture energetiche, per la difesa e per costruire rifugi antiaerei negli asili, nelle scuole e nelle università», ha commentato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha un disperato bisogno di nuovi fondi, non solo per acquistare armamenti e riparare i danni causati dai bombardamenti, ma anche per sopperire alle necessità quotidiane del governo, dal pagamento degli stipendi pubblici alle pensioni. Nel 2024, il budget ucraino avrà un deficit di circa 30 miliardi di euro, coperto dagli aiuti internazionale. Nel 2025, il buco di bilancio salirà a oltre 40 miliardi di euro, secondo le bozze della manovra economica, in discussione in parlamento proprio in questi giorni.
Le divisioni
L’assertività della presidente von der Leyen, reduce da una serie di vittoriose manovre politiche a Bruxelles, non può però nascondere le fratture sempre più vistose nel fronte dei sostenitori dell’Ucraina. A partire dal prestito annunciato dalla presidente, a cui Washington non vuole partecipare, mentre diversi stati membri dell’Unione, Ungheria in testa, mettono il veto alle nuove sanzioni europee chieste dalla Casa Bianca per partecipare alla raccolta fondi.
Un’altra frattura, ancora più profonda, è quella aperta ormai da mesi sull’uso di armi Nato per attaccare la Russia. Giovedì, la maggioranza che sostiene la Commissione europea al Parlamento Ue ha votato a maggioranza una risoluzione non vincolante di sostegno all’Ucraina in cui si chiedeva, tra l’altro, di rimuovere le restrizioni ai bombardamenti oltre confine. La manovra ha tuttavia rivelato le pesanti fratture sulla questione. Non soltanto diverse delegazioni, quelle italiane in particolare, si sono divise sul paragrafo che riguardava gli attacchi, ma l’assenza di reazione da parte dei governi contrari, tedeschi e italiani prima di tutti, rivela la fragilità della linea della presidente della Commissione.
La palla ora è tornata nelle mani della Casa Bianca, dove il prossimo 26 settembre Zelensky incontrerà il presidente Joe Biden e la candidata e vicepresidente Kamala Harris. Nei giorni scorsi si sono accumulate molte voci su un possibile cambiamento di linea, ma fino ad ora la Casa Bianca non ha cambiato posizione. Ma anche in caso di via libera, non ci sono rivoluzioni militari da attendersi. La Russia ha avuto il tempo di spostare la maggior parte dei suoi equipaggiamenti oltre la portata dei missili Nato, come ha ammesso lo stesso Zelensky. A Kiev sono perfettamente consci che la questione è poco più di un pannicello caldo.
Per cambiare le sorti del conflitto servirebbe un impegno di altre dimensioni da parte degli alleati, in termini di consegna di armi, finanziamenti, addestramento e partecipazione diretta al conflitto (in particolare, nell’abbattimento di missili e droni russi). Ma al momento, non sembrano essere molti gli alleati disposti ad aumentare significativamente il loro impegno.
Nato contro Ue
Come se non bastasse, ieri il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha aperto un’altra crepa nel fronte comune, attaccando in maniera insolitamente diretta i tentativi europei di costruire una difesa comune. «L’Unione europea non deve costruire una struttura di difesa alternativa», ha detto Stoltenberg, ospite di un evento del German Marshall Fund. Difficile non vedere nelle sue parole un attacco alla nuova commissione, in cui, per la prima volta, von der Leyen ha nominato un commissario alla Difesa, l’ex primo ministro lituano, Andrius Kubilius.
Stoltenberg ha detto di essere preoccupato dalla decisione europea di creare strutture di comando e gruppi di intervento che rischiano di essere paralleli e sovrapposti a simili strutture Nato. Ha inoltre accusato la volontà di Commissione e stati membri di concentrare gli acquisti di armi all’interno dell’Unione di escludere paesi chiave dell’alleanza, come Turchia e Norvegia. Ursula von der Leyen ha fatto della creazione di una nuova struttura di difesa europea uno dei pilastri della sua nuova Commissione. «So che ci sono persone che sono poco a loro agio con questa idea – aveva detto alcuni mesi fa – Ma ciò che davvero dovrebbe farci stare a disagio sono le minacce alla nostra sicurezza».
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