- Il direttore esecutivo dell’organizzazione “Open Russia” è stato tratto in arresto mentre l’aereo della compagnia polacca LOT, in partenza da San Pietroburgo con destinazione Varsavia, era già in fase di rullaggio.
- Dopo l’approvazione della legge anti Navalny si tratta dell’ennesima dimostrazione di forza contro i movimenti civili che cercano di cambiare la Russia dominata da Vladimir Putin.
- Il presidente russo Putin, recentemente immortalato con Lukashenko in gita su uno yacht, sfida l’Occidente replicando le modalità operative utilizzate dai servizi bielorussi per il caso Protasevich.
L’arresto in aereo di oppositori invisi al regime sta evidentemente diventando abitudine nei cieli e sulle piste di atterraggio dell’Europa orientale. Una settimana fa ha scatenato le reazioni della comunità internazionale il caso di Roman Protasevich, il dissidente anti-Lukashenko prelevato da un volo Ryanair, sulla tratta Atene-Vilnius, dopo essere stato dirottato a Minsk da un caccia bielorusso.
Nelle ultime ore è toccata sorte analoga ad Andrei Pivovarov, ex direttore esecutivo dell’organizzazione “Open Russia”. L’uomo si trovava sull’aereo della compagnia polacca LOT in partenza alle 18:20 da San Pietroburgo a Varsavia: durante la fase di rullaggio, il pilota ha ricevuto ordine di rientrare verso il terminal. Pivovarov è stato dunque arrestato perché nella lista dei ricercati della polizia russa.
Il caso Pivovarov
«Trovandosi nell’ambito della giurisdizione russa il comandante non ha potuto fare altro che ottemperare all’ordine della centrale, benché l’aereo avesse già chiuso le porte», ha affermato a Wirtualna Polska l’ufficio stampa della compagnia LOT; mentre Marcin Przydacz, viceministro degli Esteri polacco, ha confermato che la ragione della richiesta di rientro al terminal fosse dovuta proprio alla necessità di prelevare un passeggero.
In qualità di direttore esecutivo di “Open Russia”, Pivovarov aveva ripetutamente criticato l’operato del Cremlino e lo stesso Vladimir Putin. Il suo avvocato ha fatto sapere stanotte tramite Telegram che è stato arrestato per aver guidato quella che è considerata un’organizzazione “indesiderabile”; nello stesso messaggio Pivovarov ha spiegato di essere stato accusato di aver infranto l’articolo 248.1 del codice penale russo relativo, appunto, alla costituzione e alla direzione di questo genere di associazioni.
La legge relativa all’attività di organizzazioni “indesiderabili”, approvata dalla Duma nel maggio 2015, può prevedere la multa, una restrizione delle libertà personali o la reclusione fino a sei anni. Dopo aver passato la notte in carcere a San Pietroburgo, Pivovarov è stato portato stamattina in aereo a Krasnodar per altri accertamenti.
Il dissidente, pur non sapendo di trovarsi sulla lista dei ricercati, era consapevole del fatto che la corda si stesse stringendo intorno a lui e alla sua organizzazione, al punto che l’aveva sciolta ufficialmente giovedì scorso. L’intenzione era di far leva, così, sulla stessa legge del 2015, che ammette l’impossibilità dell’azione legale contro un ente sciolto prima della formalizzazione di qualsiasi accusa.
Repressione interna
Non aveva fatto i conti con l’inasprimento ulteriore che va profilandosi in Russia nei confronti di questo genere di associazioni. A questo proposito, una prossima modifica alla legge in oggetto, vorrebbe la detenzione di tutti i membri delle organizzazioni “indesiderate” senza limiti di tempo.
Tali realtà vengono perseguite anzitutto in qualità di “agenti stranieri”, poiché si finanziano grazie a fondi provenienti dall’estero. Su questa base, dal momento dell’entrata in vigore della legge, ne sono state chiuse più di trenta. Il Cremlino descrive i provvedimenti intrapresi come una risposta ai tentativi “occidentali” di destabilizzazione, ma le voci anti-regime parlano di disposizioni per cancellare legalmente l’opposizione interna.
A marzo, la polizia aveva già arrestato 200 membri di “Open Russia”, che avevano partecipato a un forum per nominare candidati civici indipendenti. La sua storia era iniziata nel 2001, quando era stata fondata da Mikhail Khodorkovsky con intenti filantropici e umanitari. Quest’ultimo, ex capo della compagnia petrolifera Jukos e uomo più ricco di Russia, aveva poi attraversato svariate peripezie giudiziarie. Arrestato nel 2003, era stato condannato alla galera fino al 2017, ma nel 2013 aveva ottenuto l’amnistia. Il suo caso era balzato agli onori della cronaca come l’ennesima azione di Putin di soffocare i suoi avversari politici.
“Open Russia” era stata rilanciata a partire dal 2014, ma già nel dicembre 2017 il suo sito era stato di nuovo cancellato. Un ulteriore slancio all’organizzazione era stato dato, appunto, da Pivovarov, la cui intraprendenza ha però fatto scattare le contromisure governative.
In Russia, la settimana scorsa ci sono stati altri arresti e perquisizioni nelle abitazioni di attivisti legati in qualche modo all’opposizione. La polizia ha fatto irruzione anche nella casa di campagna di Dmitry Gudkov, ex deputato dell’opposizione. Si tratta di uno dei fondatori del progetto di opposizione Democratici uniti, creato proprio con il sostegno di “Open Russia”. L’idea era quella di promuovere l'attività civica e coordinare le azioni dell'opposizione durante le elezioni, di modo che i candidati democratici non si bloccassero a vicenda e potessero avere maggiori possibilità di sconfiggere il partito Russia unita di Putin. Tuttavia, la recente approvazione della cosiddetta legge anti-Navalny, che vieta a tutti i membri delle organizzazioni chiuse per decisione del giudice di presentarsi alle elezioni, parrebbe aver messo una pietra tombale sul progetto.
Russia e Bielorussia
Sullo scacchiere internazionale c’è da registrare la sinistra analogia operativa tra i servizi segreti di Lukashenko e di Putin. Soltanto due giorni fa i due si sono incontrati, e mostrati in atteggiamenti informali e amichevoli, durante una gita su uno yacht: all’indomani del caso Protasevich, e alle proteste che si sono levate da ogni angolo del mondo, quelle riprese hanno testimoniato in maniera equivocabile come stiano le cose. Colpito da sanzioni che aumentano via via, Lukashenko può far affidamento su un alleato fedele come Putin, il quale, dal canto suo, non solo sottovaluta minacce e richieste provenienti da parti terze, ma si spinge fino al punto di replicare la modalità operativa che ha provocato quelle proteste.
Al momento, poco sembrano poter fare le inchieste e le indagini che vengono promesse dalle nazioni coinvolte loro malgrado nella questione: per il caso Protasevich era stata la Lituania, dove l’aereo sarebbe dovuto atterrare, mentre ora è la Polonia, attraverso la compagnia di bandiera LOT, a promettere di approfondire il caso.
Intanto, le libertà democratiche in Russia e Bielorussia vanno erodendosi sempre più. Nello stato governato da Lukashenko un video di qualche giorno fa ha mostrato Protasevich, che rischia l’esecuzione, con il volto tumefatto; la sua fidanzata, Sofia Sapiega, cittadina russa, è stata arrestata con lui e condannata a due mesi di reclusione. E ieri in 118 scuole bielorusse è stato dato l’ordine di evacuazione a causa della presenza di una bomba collocata da un “collaboratore di Roman Protasevich”.
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