- L’aggressione russa dell’Ucraina ha portato a un sostanziale ribilanciamento di influenza nell’Ue a favore dei paesi dell’Europa nord-orientale, in prima linea nella risposta europea alla guerra
- Questa parte di Europa, che reclama un ruolo maggiore nella definizione del futuro dell’Unione, è poco propensa a una maggiore integrazione, come mostra il discorso pronunciato ad aprile dal premier polacco Morawiecki
- In realtà l’integrazione europea è fondamentale per rispondere alla crisi ucraina e un’Europa simile a quella tratteggiata da Morawiecki sarebbe disastrosa per l’Italia
L’aggressione russa dell’Ucraina ha rappresentato un vero spartiacque per l’Unione europea. Tra le altre cose, ha portato ad un sostanziale ribilanciamento di influenza a favore dei paesi dell’Europa nord-orientale, in prima linea nella risposta europea alla guerra.
I paesi baltici e di Visegrad (con l’eccezione ungherese) hanno finalmente visto prevalere la linea di intransigenza nei confronti della Russia di Putin, che sostenevano da tempo e invano, in netto disaccordo con l’approccio cooperativo di merkeliana memoria. Hanno anche potuto riaffermare il ruolo insostituibile dell’Alleanza Atlantica come garante della difesa territoriale europea, con buona pace delle velleità di autonomia strategica del presidente francese Macron e delle ambizioni geopolitiche della Commissione europea guidata da von der Leyen.
Il discorso di Morawiecki
Questa parte di Europa, che reclama un ruolo maggiore nella definizione del futuro dell’Unione, è poco propensa a balzi in avanti verso una maggiore integrazione, che pure sarebbero richiesti dal periodo eccezionale che stiamo vivendo e che gli stessi cittadini europei si aspettano, come dimostrano i risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa. Già un anno fa, tredici stati membri (la quasi totalità del blocco del nord-est) si sono pronunciati contro un processo di revisione dei Trattati.
Ad aprile, in un discorso all’università di Heidelberg, il leader polacco Mateusz Morawiecki ha presentato la sua visione europea insistendo sulla centralità degli stati nazionali e descrivendo il processo di accentramento da parte dell’Unione come un’utopia tecnocratica.
Ha presentato il dibattito attuale come una disputa tra la sovranità degli stati e quella delle istituzioni e ha messo in guardia contro l’autocrazia burocratica di Bruxelles. Ha proposto di focalizzarsi su alcune competenze di base dell’Unione e per il resto farsi guidare dal principio di sussidiarietà.
I passi necessari
In un momento in cui la Polonia ha guadagnato centralità grazie al protagonismo nella risposta umanitaria e militare alla crisi ucraina e all’appoggio incondizionato degli Stati Uniti di Biden, le parole di Morawiecki assumono un importante significato politico. Indicano però una visione che, dal punto di vista strategico, non è all’altezza delle grandi questioni scaturite dalla guerra all’Ucraina. L’Ue ha aperto le porte ad Ucraina e Moldavia, innescando un nuovo processo di allargamento che includerà anche i Balcani occidentali e richiederà importanti riforme istituzionali, necessarie per far funzionare un’Unione a 35 o più Stati membri.
La realizzazione di una vera Unione europea della difesa, autonoma dagli Stati Uniti e in grado di mettere in comune eserciti e armamenti, richiederà la creazione di strumenti finanziari adeguati, l’attribuzione di nuove responsabilità alle istituzioni di Bruxelles. Sarebbe auspicabile anche il rafforzamento dell’azione diplomatica europea, con un Alto rappresentante con poteri simili a quelli di un ministro degli Esteri nazionale e un servizio diplomatico potenziato. Servirà poi un sistema economico, finanziario ed industriale che possa contare su risorse comuni e investimenti congiunti, per non rimanere schiacciati nella contrapposizione strategica tra Washington e Pechino.
Sovranità condivisa
Tutto questo implica un’idea di Europa unita e solidale da realizzare attraverso una maggiore condivisione di sovranità e non soffocata da tanti piccoli sovranismi. Dal punto di vista valoriale, come da quello strategico e della protezione degli interessi nazionali, la collocazione dell’Italia dovrebbe essere fermamente a sostegno di questa concezione di Europa. Il disegno perseguito dalla presidente del Consiglio di spostare radicalmente a destra gli equilibri europei, presentandosi come l’ago della bilancia tra popolari e destre più o meno radicali, rischia di essere dannoso per il paese tanto quanto politicamente vantaggioso per Meloni.
Il governo dovrebbe dunque riflettere sulle disastrose conseguenze, per l’Italia, di un’Europa fatta a immagine e somiglianza di quella auspicata da Morawiecki. Le opposizioni, dal canto loro, dovrebbero mettere in campo un’azione politica tale da indurre il governo a cambiare rotta, elaborando proposte concrete che permettano di offrire risposte credibili alle esigenze dei cittadini utilizzando gli straordinari vantaggi forniti dalla costruzione europea. Infine, sta a tutte le forze progressiste in Europa di unirsi e lavorare per ottenere risultati tangibili nella stagione delle riforme che si aprirà con la prossima, delicatissima, fase elettorale europea.
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