- Gli occhi di Stati Uniti e Unione europea sono puntati sull’espansione militare cinese e l’ampliamento delle sfere di influenza di Pechino nei confronti dei suoi stati vicini.
- L’Unione europea ha deciso di prendere contromisure e di rafforzare la propria strategia di difesa nell’area indo-pacifica per contrastare la crescente presenza cinese ed evitare che possano accadere altre escalation militari.
- Per la Cina l’area è importante soprattutto per consolidare le sue rotte commerciali.
La guerra in Ucraina ha ripercussioni anche sulla sicurezza di altre parti del mondo. Gli occhi di Stati Uniti e Unione europea sono infatti puntati contro l’espansione militare cinese e l’ampliamento delle sfere di influenza di Pechino nei confronti dei suoi stati vicini.
Come riporta il Guardian, l’Unione europea ha deciso di prendere contromisure e di rafforzare la propria strategia di difesa nell’area indo-pacifica per contrastare la crescente presenza cinese ed evitare che possano accadere altre escalation militari.
«L’Ue vuole promuovere un’architettura di sicurezza regionale aperta e basata su regole, che comprenda linee di comunicazione marittime sicure, lo sviluppo di capacità e una maggiore presenza navale degli Stati membri dell’Ue nell’Indo-Pacifico. L’approccio dell’Ue alla regione è improntato alla cooperazione, non alla ricerca di uno scontro», dice a Domani Nabila Massrali, portavoce dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.
«All’inizio di quest’anno – continua Massrali – l’Ue ha dichiarato l’oceano Indiano nord-occidentale area di interesse marittimo e ha istituito una presenza marittima coordinata per ottimizzare i dispiegamenti navali e facilitare lo scambio di informazioni con i partner dell’Indo-Pacifico. Con questa iniziativa vogliamo promuovere la cooperazione con i partner, anche attraverso lo svolgimento di esercitazioni marittime congiunte e scali, e facilitare lo scambio di informazioni».
L’obiettivo è anche quello di ampliare il lavoro di intelligence e cercare di capire anche quali siano le prossime mosse intraprese da Pechino dopo che lo scorso marzo è trapelato l’accordo tra la Cina e le Isole Salomone che prevede la possibilità di schierare navi da guerra cinesi nel Pacifico, non molto lontano dalle coste australiane a una distanza di duemila chilometri.
Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti sono corsi subito ai ripari e l’Unione europea sta cercando di fare la sua parte. Tuttavia, dall’Europa affermano che non ci sono prove che possa scaturire una guerra nella regione in questo momento storico.
Le consultazioni di aprile
Il 21 e il 22 aprile si sono tenuti a Bruxelles una serie di incontri tra la vicesegretaria di Stato americana Wendy Sherman e il Segretario generale del servizio europeo per l’Azione esterna Stefano Sannino a Bruxelles. Incontri che dimostrano l’interesse di entrambe le parti a cooperare nella regione. I due leader, come si legge nel comunicato pubblicato dopo l’incontro, hanno ribadito «la loro volontà di impegnarsi con i partner dell’Indo-Pacifico e rafforzando il loro comune interesse a sostenere l’ordine multilaterale basato sulle regole nella regione e a promuovere la democrazia e i diritti umani». Questo significa «intensificare la cooperazione in materia di sicurezza e difesa».
Anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è intervenuta nella questione con un tweet: «Vogliamo un Indo-Pacifico sereno e prospero. Deve essere libero, aperto, interconnesso, prospero, con un’architettura di sicurezza basata su regole che serva tutti gli interessi. Continueremo a incoraggiare Pechino a fare la sua parte in una regione indopacifica pacifica e prospera».
Gli interessi di Pechino
Per la Cina la regione è importante soprattutto per consolidare le sue rotte commerciali. «Si tratta di uno dei centri di crescita economica più dinamici del mondo, che dipende da linee di comunicazione marittime sicure e protette per collegare il commercio tra Medio Oriente, Africa, Asia orientale ed Europa», dice Massrali.
Infatti, la maggior parte delle importazioni cinesi passano da qui e dallo stretto di Malacca prima di arrivare al mare cinese meridionale, area in cui, tra le altre cose, la Cina ha creato atolli artificiali per cercare di vincere le dispute territoriali con diversi stati tra cui Giappone, Filippine, Malesia, Taiwan e Vietnam.
L’Indo-pacifico è considerato quindi un corridoio vitale da Pechino che attraverso la sua presenza in porti come Gibuti nel Corno d’Africa, Gwadar in Pakistan, Hambantota nello Sri Lanka, nelle Maldive e in Tanzania sta portando avanti una doppia strategia utilizzandoli sia per scopi commerciali che militari.
Grazie agli interscambi la regione offre opportunità economiche molto appetibili, soprattutto dopo due anni di crisi economica dovuta alla pandemia e con una guerra in corso come quella in Ucraina che ha dato vita a una crisi alimentare ed energetica. Secondo quanto riporta l’Observer research foundation la regione ospita circa 4.3 miliardi della popolazione mondiale (parliamo di oltre il 65 per cento) e rappresenta circa il 63 per cento del Pil dell’intero pianeta. Stati Uniti e Unione europea non vogliono lasciare campo a una Cina che prova a inglobare anche altri stati economicamente e politicamente più deboli sotto la sua sfera di influenza. Non è un caso se negli ultimi mesi si è parlato di un rilancio del Quad, il Dialogo quadrilaterale sulla sicurezza, di cui fanno parte Stati Uniti, Australia, India e Giappone; e che nel settembre del 2021 è stata ufficializzata l’Aukus il patto sulla sicurezza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Ora anche l’Unione europea vuole avere voce in capitolo.
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