- Torna la possibilità di convertire in lavoro molti permessi di soggiorno temporanei: una modifica che, pur limitata ad alcune tipologie, supera la logica dell’incomunicabilità tra i titoli temporanei
- Si ripristina di una protezione aggiuntiva a quella internazionale; i richiedenti asilo, la maggioranza delle persone accolte, tornano nel sistema pubblico dei comuni, che da Siproimi (ex Sprar) diventa Sai (Sistema d’Accoglienza e Integrazione)
- Il rapporto con le Ong torna alla normalità, almeno sulla carta. Ma ora urge cambiare gli accordi con la Libia e la gestione delle frontiere
Finalmente una buona notizia: le norme ideologiche che hanno rappresentato il cuore della stagione leghista sono state in gran parte superate dal decreto legge approvato in consiglio dei ministri ieri sera. L’ex ministro della propaganda Matteo Salvini non potrà più esibire lo scalpo dell’immigrazione nelle sue campagne elettorali perpetue.
Certo, bisogna aspettare la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale per l’entrata in vigore. Dopo si aprirà una doppia battaglia: la prima nelle aule del parlamento e nel paese, per la conversione in legge - per la quale, è utile ricordarlo, ci sono sessanta giorni; la seconda nelle Commissioni Territoriali Asilo e negli uffici delle questure, per la sua corretta applicazione.
Questo provvedimento segna un’inversione di tendenza nella stagione d’odio e razzismo in cui siamo immersi da molti anni. Forse, lo speriamo davvero, rappresenta un cambio di atteggiamento delle forze di centro sinistra, in primo luogo del Pd, finora succubi dell’egemonia della destra xenofoba: con l’intento di sottrarre spazio alle destre, di fatto le hanno avvantaggiate (la dottrina Minniti docet), procedendo nella direzione di una progressiva riduzione dei diritti degli stranieri, presentata all’opinione pubblica quale condizione per far stare meglio gli italiani e le italiane.
Permangono molti limiti e criticità, che potevano essere già superate con questo testo: tuttavia, per migliorarlo, governo e maggioranza hanno a disposizione sia la fase di conversione in legge che le proposte depositate in Parlamento. Tra quest’ultime, in primo luogo ricordiamo la modifica della legge sulla cittadinanza e la proposta di legge di iniziativa popolare della campagna Ero Straniero, che introdurrebbe finalmente una via di accesso sicura e legale per lavoro e una forma di regolarizzazione permanente.
Il decreto legge, oltre a cancellare alcune delle norme ingiuste contenute nei due decreti Salvini, introduce alcuni elementi di novità importanti. Tra questi la possibilità di convertire in lavoro molti permessi di soggiorno temporanei: una modifica rilevante, seppur limitata ad alcune tipologie, perché supera la logica dell’incomunicabilità tra i titoli di soggiorno temporanei e quello per lavoro. Se, ad esempio, una persona presente legalmente in Italia per ragioni artistiche trovasse un lavoro stabile, non avrebbe più bisogno di tornare a casa e aspettare il prossimo Decreto Flussi, bloccati peraltro da più di dieci anni, sperando di rientrare nelle quote previste: gli sarà sufficiente chiedere la conversione e restare in Italia per lavorare. Una norma insomma che dovrebbe ridurre gli ingressi irregolari e quindi gli affari di trafficanti e razzisti.
Sul diritto d’asilo e l’accoglienza due buone notizie: il ripristino di una forma di protezione aggiuntiva a quella internazionale prevista dalle Direttive Europee (sussidiaria e asilo), che recepisce gli «obblighi costituzionali o internazionali» richiesti dal presidente Mattarella all’atto della firma; il ritorno dei richiedenti asilo, la maggioranza delle persone accolte, nel sistema pubblico dei comuni, che cambia di nuovo nome: da Siproimi (prima Sprar) diventa Sai (Sistema d’Accoglienza e Integrazione).
L’Italia, che prima dell’intervento dei decreti propaganda leghisti, registrava una media di esiti positivi alle richieste di permesso di soggiorno leggermente inferiore a quella dell’Unione Europea, circa il 40 per cento, dimezzata dalla cancellazione del soggiorno per ragioni umanitarie dovuta ai decreti Salvini con il conseguente aumento di ricorsi e irregolari, ha l’occasione di tornare ad essere un paese dove presentare una richiesta d’asilo non significa voler approfittare della generosità altrui, ma accedere ad un diritto internazionalmente riconosciuto e garantito dalla Costituzione.
Viene poi ripristinato l’obbligo di iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, cancellata da Salvini con un intervento pesantemente discriminatorio, già eliminato di fatto prima dai tribunali ordinari e poi dalla Corte Costituzionale.
Infine, il rapporto con le Ong che operano ricerca e salvataggio, in attesa che lo facciano gli Stati e l’Unione europea, torna, almeno sulla carta, alla normalità. Vedremo poi se il governo continuerà ad usare futili espedienti per impedire la navigazione di chi salva vite umane.
Riprendere il cammino dell’ampliamento della sfera dei diritti, interrotto più di venti anni fa, è certamente un passo avanti importante. Ma la strada è ancora lunga: navi quarantena, accordi con la Libia, gestione delle frontiere, accoglienza dignitosa e patto europeo sono i prossimi banchi di prova su cui si misurerà la discontinuità di questo governo con la stagione del razzismo istituzionale.
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