- La presidente dell’Istituto Cervi: «Non ho votato Pagliarulo. Guai se l’associazione diventa irrilevante o non unitaria. Noi per primi dobbiamo sventare questo pericolo»
- «Nell’ultimo comitato nazionale ho avviato una discussione, che non è per niente conclusa, e che ha visto diversi interventi convergere sul disagio e sull’asse nuovo che l’Anpi deve tenere rispetto a questi quaranta giorni di guerra. Ho posto l’esigenza di raddrizzare l’asse».
- «Chi ha la responsabilità della guida dell’associazione stia attento a che le culture politiche del passato non facciano oggi dei danni. Per questo misuri bene le parole e gli argomenti».
«Dice la Bibbia che c’è un tempo per ogni cosa. Oggi non è il tempo di discutere in termini politicistici su Putin e sulle responsabilità dell’Occidente. È il tempo di dire le cose assolute. Non si può tacere sulla resistenza dei popoli, e si deve costruire intorno alla difesa della democrazia e dell’Europa il fronte delle migliori energie del paese». Pedagoga, democratica cristiana, poi popolare e ulivista, cresciuta nelle file dell’Azione Cattolica emiliana, Albertina Soliani è stata senatrice e sottosegretaria del governo Prodi. Fra le grandi madri della politica italiana, è presidente dell’Istituto Cervi. E vicepresidente dell’Anpi, l’associazione dei partigiani. Si è astenuta sulla rielezione del presidente Gianfranco Pagliarulo, in questi giorni oggetto di durissime critiche.
Presidente, sta arrivando un 25 aprile di guerra ma anche di polemiche contro l’Anpi, accusata di equidistanza fra l’aggressore Putin e l’aggredita Ucraina. Vi danno dei «falsi partigiani». C’è il rischio che la memoria della Resistenza, maldigerita da sempre da una parte del paese, diventi di parte?
Vorrei parlare di una discussione con diversi punti di vista. Ma c’è una domanda che viene rivolta all’Anpi, ed è che parli dei fondamentali: la Resistenza, la resistenza contro l’oppressore, quindi il riconoscimento delle oppressioni di oggi e delle resistenze che vanno sostenute; la difesa della democrazia che è la grande eredità della Resistenza italiana, oggi che le democrazie sono in difficoltà e le autocrazie avanzano; il razzismo e il risorgente antisemitismo; e la costruzione della pace. Se si parla d’altro, come è successo, si capisce il disagio di molti. Abbiamo il compito di essere un punto di riferimento unitario. Le polemiche ci fanno deviare, per evitarle servono proposte chiare.
Il rischio è che l'Anpi non sia riconosciuta più come patrimonio nazionale e repubblicano?
Il rischio c’è, anche perché i partigiani vengono meno, e quindi da ora l’Anpi si reggerà sui cittadini che assumono quell’eredità e vogliono farla vivere. È un passaggio difficile. Quello che l’Anpi è e rappresenta, lo si è visto con la presidenza di Carla Nespolo e Carlo Smuraglia, è un patrimonio enorme che va tutelato. C’è bisogno della stessa grande unità antifascista che hanno realizzato i partigiani in quei venti mesi difficilissimi che hanno portato al 25 aprile del ‘45. Fra i resistenti c’erano anche i monarchici, lo voglio ricordare.
Da anni a Roma l’Anpi e la comunità ebraica non celebrano insieme il 25 aprile. Oggi la presidente Ruth Dureghello vi accusa di non stare dalla parte degli aggrediti ucraini. Il rischio è che la frattura romana si espanda? O siete rassegnati a un 25 aprile diviso?
No, dobbiamo assolutamente ricomporre quel rapporto. Il presidente dell’Anpi chieda un incontro con la comunità ebraica, e riapra subito un colloquio.
Sull’Ucraina il presidente dice di essere stato interpretato in maniera malevola.
C’è chi vuole mettere in discussione il valore dell'Anpi. Ma se c’è lo spazio di un’interpretazione sbagliata vuol dire che qualcosa non ha funzionato anche nella comunicazione. Nell’ultimo comitato nazionale ho avviato una discussione, che non è per niente conclusa, e che ha visto diversi interventi convergere sul disagio e sull’asse nuovo che l’Anpi deve tenere rispetto all’esperienza di questi quaranta giorni di guerra. Vedremo. In attesa di vedere un cambiamento mi sono astenuta, insieme con un altro componente del comitato, dal voto al presidente. Ho posto a lui e al comitato l’esigenza di raddrizzare l’asse.
C’è il rischio di un’Anpi residuale e minoritaria?
Guai se l’Anpi diventasse irrilevante, guai se qualcuno vuol farcela diventare o qualcun altro contribuisce. Noi per primi dobbiamo sventare questo pericolo.
Ma vi accusano di allinearvi alla sinistra radicale.
Non stupisce che pezzi della tradizione politica del 900 viva nelle persone, in tutti noi. Ma mi sento di dire a chi assume la responsabilità della guida dell’Anpi, cioè a tutti noi, di stare attento a che queste culture del passato non facciano oggi dei danni. L’Anpi guardi avanti. Trovi nuovi strumenti e nuove analisi. Per questo bisogna misurare bene le parole e gli argomenti.
Una prima crepa interna si era vista sulla questione dell’invio delle armi in Ucraina, favorevole il presidente emerito Smuraglia, contrario il presidente attuale.
È un tema che interroga il nostro pacifismo. Tuttavia, cercando dentro di me il filo di una coerenza con i valori fondamentali, so che di fronte al tiranno una persona di pace, e anche una persona cristiana, sa che deve resistere. Durante la Resistenza si è resistito. Mi ha fatto piacere che l’Anpi nel manifesto per il 25 aprile ha recuperato la parola “resistenza”. Un compagno caro alla mia riflessione interiore, Dietrich Bonhoeffer, pastore protestante, evangelico e interessato a Gandhi, ha partecipato alla congiura per due attentati contro Hitler. Il dovere della difesa c’è nella teologia cristiana e nella nostra Costituzione. Il tiranno va fermato.
Il tiranno Putin?
Sì. Quello che si vede in Ucraina è insopportabile e disumano. Non ho capito ancora quale sia la volontà di Biden di arrivare immediatamente alla fine della guerra. E vorrei vedere meglio e più forte la volontà dell’Europa.
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